Ai REFERENDUM del 12-13 Giugno 2011 HO VOTATO SI alla Abrogazione : NUCLEARE, ACQUA 1, ACQUA 2, LEGITTIMO IMPEDIMENTO

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2011-04-06 ad oggi 2011-08-05 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

S. RAFFAELE

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

 

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto,

pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio.

 

 

Per conoscer le mie idee Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF

Il mio commento sull'argomento di Oggi è :

 

Martina F. 2011-07-20

NOI & VOI

DI GUGLIELMO PEPE ( dal sito di Repubblica)

Non buttiamo il "bambino" San Raffaele

Di fronte ad un suicidio, forse bisognerebbe avere un certo rispetto. Senza rinunciare ovviamente al giudizio sull’operato della persona che sceglie di compiere questo atto estremo. Invece leggo parole cariche di odio contro don Verzè e company, che lasciano poco spazio al ragionamento.

Nel mio ultimo blog dedicato al testamento biologico ho ricevuto diversi post violentissimi contro il Vaticano, la chiesa, i preti, colpevoli – stando agli scriventi – delle peggiori nefandezze. Ho sempre pensato che nel nostro Paese ci sia un profondo anticlericalismo, in parte alimentato dalla Chiesa stessa (responsabile storicamente e nel presente di molte cose: ma non si può dire che il Vaticano "è un covo di pedofili"), in parte stimolato da un "estremismo ateo". Ma essere radicali, atei, non credenti, non significa dover seminare per forza odio. Non sono un credente, però rispetto chi ha fede in dio, nella madonna, nei santi, così come rispetto i preti che dicono messa, pregano, confessano e sono uomini che però dimostrano di avere fede e fiducia anche negli esseri umani (non c’è bisogno di fare i nomi di don Gallo, don Ciotti o sì?). Mi sembra, al contrario, che si tenda a generalizzare, a "demonizzare" (va bene, termine improprio in questo caso, però efficace), il Vaticano e tutti quelli che ne fanno parte.

La vicenda di don Verzé è emblematica da questo punto di vista. Che lui sia stato un prete più attento agli affari che alle preghiere è fuori discussione, che abbia avuto manie di grandezza è altrettanto vero, che abbia detto grandi sciocchezze è indiscutibile (tipo "Berlusconi mandato dalla divina provvidenza"). Così come è dura realtà il "buco" spaventoso, da lui generato, di quasi mille milioni di euro (come è stato possibile? la Procura ci dirà qualcosa? il suicidio del braccio destro di don Verzè è la conseguenza di imperdonabili errori amministrativi?).

Però il San Raffaele (3mila e settecento dipendenti e 57mila ricoveri annui) è universalmente riconosciuto come un polo sanitario di alta qualità, di prestigio. Di eccellenza, si usa dire. E un centro di ricerca di valore mondiale, che produce studi di peso internazionale realizzati da ricercatori di valore. Certo, si potrebbe obiettare, spendendo e spandendo milioni di euro a destra e manca tutti sono bravi, capaci. Non è così: abbiamo (purtroppo) numerosi esempi, soprattutto nel Centro-Sud, di spese sanitarie enormi che non hanno creato ricchezza aggiunta dalla ricerca, offrendo peraltro una qualità medico-assistenziale medio/bassa. E in queste stesse zone adesso viene applicato il nefando ticket di 10 euro che servirà a coprire (in piccola parte) i buchi di bilancio passati.

Perciò per usare una frase fatta, non buttiamo il bambino San Raffaele con l’"acqua sporca". Perché salvare questo polo sanitario e di ricerca va a salvaguardia della salute dei cittadini (non solo lombardi). Pertanto forse è meglio chiedersi, come fa la senatrice Fiorenza Bassoli, capogruppo Pd in commissione Sanità, "quale sarà il destino del San Raffaele di Milano dopo la tempesta che ha investito i più alti vertici della struttura ospedaliera più grande della Lombardia?". E vediamo se il ministro Fazio andrà in Parlamento "per chiarire gli oscuri contorni della vicenda".

http://pepe.blogautore.repubblica.it/2011/07/19/non-buttiamo-il-bambino-san-raffaele/?ref=HREC2-4#respond

 

Il mio commento:

Mi dispiace, ma non riesco a dare nessuna giustificazione a quello che è un bilancio spaventosamente disonesto, quello che chiude in debito di 900 Mln di euro per un polo che dovrebbe essere di eccellenza.

A questo punto mi vengono serissimi dubbi sul modo di certificare la bontà od eccellenza di questo istituto.

Per non parlare poi degli investimenti assurdi che non hanno assolutamente nulla in comune con una sanità pubblica che dovrebbe essere sponsorizzata al 100 per mille da una cultura cattolica.

Viceversa mi sembra il massimo della negatività capitalistica del profitto e non della dedizione al Figlio dell'Uomo.

Senza mezzi termini il S. Raffaele deve fallire per ripartire come struttura Pubblica super controllata.

Inoltre va assolutamente fermato l'assurdo progetto del S. Raffaele a Taranto, 250 Mln pubblici per una struttura assolutamente non necessaria, costosa, doppione di 2 strutture esistenti:

- Il S.MA ANNUNZIATA, OSPEDALE CENTRALISSIMO FUNZIONALE ALLA CITTA' ED AI CITTADINI, CHE POTREBBE DIVENTARE ECCELLENZA CON UN INVESTIMENTO DI 50 Mln di euro

- L'Ospedale Nord, decentrato, funzionante al 50% da oltre 30 anni, che con un investimento di 50 Mln di euro diventerebbe altrettanto eccellenza.

Inutile quindi sperperare gli ulteriori 150 Mnl senza alcun ritorno, addirittura con lo smantellamento, dequalificazione e costi sociali relativi al depauperamento delle 2 strutture esistenti, e del personale esistente che potrebbe essere qualificato al top con formazione professionale, magari supportato dal Miulli di Acquaviva, che ha tutto l'aspetto di Eccellenza Ospedaliera che nulla ha da invidiare Al S. RAFFAELE.

Ultima considerazione, è ora che tutte le Fondazioni od ONLUS che ricevono fondi pubblici o lavorano con Enti Pubblici, Sanità, ECC. DEVONO AVERE BILANCI CERTIFICATI, TRASPARENTI ONLINE con tutte le indicazioni di spesa.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

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DAL SITO INTERNET INAIL

http://www.inail.it/Portale/appmanager/portale/desktop?_nfpb=true&_pageLabel=PAGE_SALASTAMPA&nextPage=Per_i_Giornalisti/Rassegna_Stampa/Indice_Cronologico/2011/Aprile/08/SALUTE_E_RICERCA_SCIENTIFICA/info868694126.jsp

SALUTE E RICERCA SCIENTIFICA

CONTI IN ROSSO PER IL SAN RAFFAELE E I DEBITI SALGONO A 760 MILIONI

LA REPUBBLICA

di: WALTER GALBIATI

Visualizza Articolo in formato PDF (PDF - 233 kb)

Conti in rosso per il San Raffaele e i debiti salgono a 760 milioni WALTER GALBIATI MILANO - Il Sacro Graal è un oggetto forse meno misterioso del bilancio della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. Una nebbia sulle scritture contabili che negli anni ha permesso all`ente fondato dal sacerdote professor Don Luigi Maria Verzè di accumulare tranquillamente un monte di debiti e perdite, senza che i fornitori se ne potessero accorgere. LaFondazione èiscrittaalnumero 1502461 del Rea, il Repertorio delle notizie Economiche e Amministrative della Camera di Commercio di Milano e al numero 56 del registro delle persone giuridiche della Prefettura. Eppure non è tenuta a depositare i bilanci. E nessuno, né in Camera di Commercio né in Prefettura, glielihamai chiesti. Numeri tuttavia che avrebbero fatto comodo ai fornitori che tutti insieme a fine 2009 vantavano crediti verso la Fondazione per 438,9 milioni di euro. Una enormità che ha costretto la Fondazione ad avviare un piano di risanamento e i fornitori ad accendere un lume in chiesa nella speranza di non fallire. Certo che se nel 2010 qualcuno avesse saputo che a dicembre del 2009 i debiti totali della Fondazione erano 763,4 milioni di euro, in crescita del 10,8% rispetto all`anno precedente, forse avrebbe rallentato le forniture agli ospedali di Don Verzè. Anche perché l` aumento di quei debiti è avvenuto tutto a carico dei fornitori passati da364,2 milioni del 2008 ai già citati 438,9 milioni del 2009 (+74,6 mili oni). Lebanche sono esposte per 19,5 milioni, in calo di dieci milioni, ai quali però va aggiunto un mutuo da 165,5 milioni concesso dalla Banca europea per gli investimenti con scadenza nel 2028 e garantito da ipoteche su beni immobili per 244 milioni. Come ripianare la voragine è un problema degli advisor, an- che perché soldi in cassa non ce ne sono e il business non sembra essere dei più promettenti. Le perdite del 2009 sono state paria 17,4 milioni, ilpatrimonio netto è sceso a soli 46,9 milioni dopo che nel tempo la Fondazione ha portato a nuovo perdite per 151,3 milioni. Il risultato operativo che si ricava dalla differenza fra ilvalore della produzione (585,2 milioni) e i costi (579,7 milioni) è di soli5,5 milio ni. Insufficienti non solo a ripagare i debiti, ma addirittura gli interessi sui mutui che sono di oltre 9 milioni l`anno. La linfa a Don Verzè arriva dalla Regione Lombardia di Roberto Formigoni, dove fino a qualche tempo Giancarlo Abelli era il plenipotenziari o della Sanità. Nel 2009, il San Raffaele ha ricevuto ricavi per degenza convenzionata per 273 milioni di euro, 44,6 milioni per degenza privata e 96,1 milioni per prestazioni ambulatoriali, ai quali vanno aggiunti rimborsi per oltre 60 milioni sempre da parte della Regione Lombardia per il costo dei farmaci. Tutte voci in crescita, ma che da sole non sembrano sufficienti a colmare lo sbilanciamento finanziario dell`ente su cui pesano una errata, quando non scriteriata, diversificazione e una certa megalomania negli investimenti. Quanto alla prima, bastino l`acquisto per 13 milioni di euro di un jet attraverso la controllata Airviaggi San Raffaele srl il cui bilancio nel 2009 si è chiuso inperditaper oltre dieci milioni di euro e la scelta di avviare attività turistiche in Sardegna, l`Hotel Don Diego, 4 stelle a Porto San Paolo, 52 camere con piscina, i cui ultimi due esercizi si sono chiusiinrosso per 600mila euro. Quanto alla seconda, l`ampliamento del San Raffaele di Milano (3 e 4 lotto) e il nuovo Ospedale di Olbia per i quali la Fondazione si è già impegnata con un investimento di 156 milioni di euro. RIPRODUZIONE RISERVATA Il bilancio della Fondazione San Raffaele 2009 2008 in milioni di euro Ricavi 585,28 566,37 Costi 579,73 555,01 Risultato ao 5,54 11,36 Risultato -17,47 2,1 Debiti 763,43 689,12 Su 585 ~~í">ní di ría~aví, 4`73 "vano sotto ~omm di ~ ~~ ~~~~ ~~~~~eLo, ía 13 MILIONI 156 MILIONI La Fondazione Per costruire ha speso 13 un nuovo milioni per ospedale l`acquisto di un a Olbia jet attraverso la Fondazione una sua ha già investito controllata 156 milioni

 

 

 

 

DAL SITO INTERNET L'IRA DEL TACCO

http://www.liradeltacco.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3243:san-raffaele-puo-la-regione-puglia-fare-accordi-con-don-verze-precipitato-nel-gorgo-dei-debiti&catid=29:sanita&Itemid=55

San Raffaele, può la Regione Puglia fare accordi con Don Verzè precipitato nel gorgo dei debiti?

Scritto da Nino Sangerardi

Lunedì 30 Maggio 2011 13:18

Incredibilmente il presidente compagno Nichi Vendola a proposito del San Raffaele del Mediterraneo ha detto: " Se l'esperienza San Raffaele dopo 3 anni di sperimentazione dovesse essere fallimentare,Regione e Asl si riapproprieranno di tutto... Non è che noi abbiamo scelto il San Raffaele per regalargli i soldi: è l'Irccs numero uno, secondo le statistiche dell'Organizzazione mondiale della salute, ci siamo rivolti a quelli perchè sono al primo posto, diciamo dal punto di vista della qualità scientifica, del lavoro svolto". Dichiarazione rialsciata a Taranto il 24 aprile 2011.

Parole che evidenziano il pressapochismo politico dell'esponente in capo alla " Puglia Migliore". Ma come, si sceglie l'imprenditore Don Luigi Maria Verzè soltanto in base alle statistiche di una struttura internazionale? E perchè, trattandosi di un investimento pubblico di 120 milioni di euro, non è stato fatto un bando per scegliere il meglio esistente in ambito scientifico sanitario?

Restando nella sola Italia il San Raffaele di Milano,sostengono gli esperti, non è l'unica e indiscutibile eccellenza: ci sono, ad esempio, l'istituto Tumori di Milano,l'istituto Europeo di Oncologia, l'Università Cattolica Sacro Cuore,l'Istituto Candiolo di Torino.

Tempi un poco tristi per la Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano, presidente Don Luigi Verzè, socio insieme al Governatore Nichi Vendola della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo che dovrebbe realizzare il nuovo ospedale di Taranto. Le società del prete sodale del presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi risultano cariche di debiti:950 milioni di euro. I fornitori, pagati a 500 giorni, e le banche hanno accumulato crediti per 450 milioni.

Poche settimane fa gli istituti bancari coinvolti nella crisi finanziaria del San Raffaele meneghino(Intesa San Paolo,Unicredit,Bnp Paribas,Banca Popolare Milano,Popolare di Sondrio,Crèdite Agricole,Mps) avrebbero dovuto sborsare 150 milioni di euro. Un prestito utile a tamponare, entro fine giugno 2011,l'emergenza stante il rischio concreto di non pagare lo stipendio ai dipendenti e possibili conseguenze quali istanze di fallimento e commissariamento. Non è stato possibile.

Motivo? "Prima-- dicono i banchieri economicamente più esposti-- bisogna fare chiarezza". Volendo tradurre significa: " Ci vuole discontinuità con la gestione finanziaria precedente e attuale". In particolare si chiedono le dimissioni del settantenne Mario Cal, vicepresidente Fondazione San Raffaele Monte Tabor mentre a Don Verzè, novantenne, spetterebbe il ruolo di presidente onorario.Però sia Cal che Don Verzè( " Finchè ci sarò io non cambierà nulla") non mollano la multinazionale sanitaria.

Comunque la situazione volge al peggio se anche Vittorio Pignatti Morano, finanziere di area cattolica, titolare del Fondo intrenazionale Trilatic, dopo aver spulciato i documenti contabili del Gruppo San Raffaele ha preferito tornare, silenziosamente, in quel di Londra. Nel frattempo Carlo Salvatori, ex Banca Intesa, membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor è alle prese con banche, studi legali e aziende fornitrici il cui fiscalista è pieno di fatture non pagate.

C'è una proposta di salvataggio inerente la compagine sanitaria, alberghiera, agroalimentare fondata nel 1971 da Don Luigi Verzè. Sarebbe stata pronunciata tra i tavoli del ristorante Don Carlos nel superlussuoso Grand Hotel Et De Milan. In sintesi: costituire una nuova società per azioni che comprenda il polo sanitario( 1,6 miliardi di euro fatturato annuale) e le società collegate, coinvongendo nell'azionariato banche e fornitori.In seguito il tutto dovrebbe confluire in Molmed spa che ha Luigi Berlusconi come socio di maggioranza e poi Ennio Doris, socio di Silvio Berlsconi e Marina Berlusconi in Fininvest e Mediolanum Assicurazioni, Leonardo Del Vecchio di Luxottica.

Al momento,la possibile quotazione in Borsa della Fondazione Centro San Raffaele Monte Tabor, previo aumento di capitale di minimo 300-400 milioni di euro da reperire, appare l'unico modo per fornire ossigeno monetario al sistema economico creato dalla Fondazione San Raffaele. Ci riusciranno? Sembra di no, visto l'acclarato declino politico( e finanziario) di Silvio Berlusconi che ha come padre spirituale proprio Don Luigi Maria Verzè.

Domanda: la Regione Puglia può avere rapporti, interloquire con un soggetto così indebitato e aggrappato a vie d'uscita che portano non si sa dove?

 

 

 

 

 

 

DAL SITO INTERNET

http://www.lindro.it/A-monte-della-Fondazione-San

A monte della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo

Taranto - Il 28 maggio 2010 nelle stanze della Cittadella della Carità di Taranto, innanzi al notaio Vincenzo Vinci (affiliato al San Raffaele del Monte Tabor), si costituisce la Fondazione San Raffaele del Mediterraneo. Gestirà l’omonimo complesso ospedaliero, in favore del quale la Regione Puglia ha deliberato 120 milioni di fondi pubblici.

Presidente della Fondazione San Raffaele Monte Tabor di Milano, ispiratore e protagonista della Fondazione San Raffaele del Mediteraneo, è Don Luigi Verzè.

Sono presenti e firmano l’atto: il presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola, Angelo Domenico Colasanto per l’Asl Taranto (il manager è accusato d’abuso d’ufficio dalla procura della Republica per i 4 mila pazienti già deceduti ma ancora sul libro paga dell’azienda sanitaria locale) e Vito Santoro del San Raffaele di Milano. Il Consiglio di amministrazione è formato da Paolo Ciaccia (presidente, avvocato, designato dalla Regione Puglia, nonché socio di studio dell’assessore regionale al Bilancio Michele Pelillo), Renato Botti (vicepresidente, nonchè direttore Area Sanità San Raffaele di Milano), Vittorio Dell’Atti (presidente Collegio sindacale, professore Ordinario Economia aziendale Università di Bari).

L’azionariato vede: 51% Regione Puglia, 49% Fondazione San Raffaele Monte Tabor. L’atto costitutivo, nei suoi 18 articoli, costruisce una Fondazione dove tutti i poteri e il controllo effettivo è della Fondazione San Raffaele Monte Tabor, nessun potere di controllo per il socio di maggioranza, la Regione Puglia, la quale, per altro, è oggetto di ricorso al Presidente della Repubblica dell’associazione Taranto Futura che chiede l’annullamento dell’operazione San Raffaele del Mediterraneo.

Il possibile conflitto d’interessi della famiglia Berlusconi a fronte della Fondazione San Raffaele del Mediterraneo si evince da una constatazione. A fine dicembre 2009 i Berlusconi si aggiudicano, con il 24% delle azioni, la maggioranza della MolMed spa, sede a Milano. Quest’ultima -acronimo di "molecular medicine"- è un sodalizio imprenditoriale specializzato in biomedicina e sviluppo di terapie inerenti le patologie del cancro.

Il 26 aprile 2010 l’assemblea di MolMed spa -Fininvest 24%, Science Park Raf 20,98%, Airan Servicos de Consultadora e Marketing Lda 14%, Delfin Sarl 8,5%, H. Equità Sicar 8,12%, Arner Bank 2,15% e il 21,956% al Mercato borsistico- elegge il consiglio di amministrazione. Chi c’è dentro? Luigi Berlusconi, figlio di Silvio, Renato Botti, Maurizio Carfagna, Riccardo Cortese, Sabina Grossi, Marina Del Bue, Alessandro De Nicola, Alfredo Messina, Paolo Michele Castelli, Massimiliano Frank. Azionisti di MolMed spa sono due sodali di Silvio Berlusconi: Ennio Doris con l’8% (presidente di Banca Mediolanum, consigliere della Fondazione San Raffaele Monte Tabor di Milano, nonché consigliere della Fondazione Biblioteca (in via Senato a Milano del senatore Pdl Marcello Dell’Utri) e Leonardo Del Vecchio presidente di Luxottica spa.

In sintesi: Renato Botti è vicepresidente della neonata Fondazione San Raffaele del Mediterraneo e contemporaneamente consigliere di amministrazione di MolMed spa -posseduta in parte rilevante dal consigliere Luigi Berlusconi con soci spettabili e amici in affari (Doris e Del Vecchio)- direttore Area Sanità del San Raffaele di Milano il cui fondatore è don Luigi Verzè, padre spirituale di Silvio Berlusconi, presidente del Gruppo Merceologico Sanità in Assolombarda, consigliere d’amministrazione di Telbios spa, che insieme a MolMed spa sono partecipate dalla controllata Science Park Raf.

A chi spetta la vigilanza e il controllo amministrativo e politico degli ospedali vecchi e nuovi italiani? Al Ministero della Sanità. Ministro della Sanità è Ferruccio Fazio, nominato dal Primo Ministro Silvio Berlusconi, già direttore dei Servizi di radioterapia al San Raffaele di Milano, socio di Tecnodim spa con sede nel San Raffaele di Milano, presidente del Laboratorio San Raffaele di Cefalù.

La proprietà di Finisvest Spa appartiene a sette società finanziarie riconducibili a Silvio Berlusconi e figlie/e. Le principali società controllate e partecipate da Finivest sono: Mediaset spa, Mediolanum, Trefinance SA Lussemburgo, Mondadori editore, Alba servizi aerotrasportati spa, AC Milan spa, Manzoni spa, Scienze Park Raf (presidente don Verzè), Airain Servbicos de Consultadora e Marketing Sociedade Unipessoal Lda. Delfin Sarl Lussemburgo.

Recentemente la Consob ha menzionato che il Gruppo Banca Intesa San Paolo direttamente o indirettamente detiene, dal 5 agosto 2010, il 3,839% nel capitale della società Molmed spa (a maggioranza berlusconiana).

A titolo di cronaca: la stessa Banca IMI spa si è aggiudicata il servizio tesoreria della regione Puglia e del Consiglio regionale per il periodo che va dall’1 luglio 2010 al 31 dicembre 2015.

Da chi è controllata Fintecna srl? Direttamente da Fintecna spa, a sua volta controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Presidente e Amministratore delegato di Fintecna spa è Maurizio Prato, ex presidente di Alitalia spa e dell’Agenzia del demanio. Due i suoi referenti di potere: Gianni Letta e Giulio Tremonti. Il Presidente della Fondazione Areté del San Raffaele (organizzazione che raccoglie fondi per la ricerca) è Emma Marcegaglia, già beneficiata da Vendola con la concessione in regime di monopolio di inceneritori di rifiuti e discariche a cielo aperto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Per. Ind. Giacomo Dalessandro

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2011-03-13 ad oggi 2011-08-06

AVVENIRE

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2011-08-06

 

 

 

 

20112011-07-22

22 luglio 2011

L'OPERA DI DON VERZE'

San Raffaele, l'addio a Mario Cal

Cda per studiare piano di salvataggio

È un don Luigi Verzè visibilmente provato quello che si è presentato alla camera ardente di Mario Cal per rendere l'ultimo addio all'uomo che per oltre 20 anni è stato il suo vice nella gestione del gruppo ospedaliero milanese. Il fondatore del San Raffaele, infatti, non ha preso parte alla cerimonia funebre che si è tenuta sempre nel ciborio dell'ospedale alle 14. È stato lui, che non è riuscito a trattenere lacrime di commozione, ad effettuare il gesto dell'aspersione dell'acqua santa sulla bara del manager, che si è tolto la vita lunedì scorso sparandosi un colpo alla testa nel suo ufficio della casa di cura milanese. Presenti alla camera ardente, insieme a tutti i vertici del San Raffaele, anche don Mazzi, fondatore della comunità Exodus, Alberto Zangrillo, medico personale del premier e il banchiere Roberto Mazzotta.

OGGI IL CDA

È in corso in queste ore il Cda della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, a Milano. All'incontro sono presenti anche Enrico Bondi, il 'risanatore' di Parmalat e Renato Botti, ex dg della Fondazione, che dovrebbero entrare a far parte dell'organizzazione occupandosi il primo del risanamento, e il secondo della gestione. Per oggi è attesa la ratifica delle loro nomine da parte del Cda.

 

 

 

 

 

 

 

2011-07-21

21 luglio 2011

L'OPERA DI DON VERZÈ SCHIACCIATA DAI DEBITI

San Raffaele, ultimatum della procura:

entro 15 settembre salvataggio o fallimento

In assenza di "segnali concreti" in grado di segnare un'inversione di tendenza sulla situazione economico finanziaria, la procura di Milano chiederà il fallimento per il San Raffaele al massimo a metà settembre. Secondo quanto riferiscono qualificate fonti finanziarie, è un vero e proprio ultimatum quello lanciato dai magistrati milanesi a Giovanni Maria Flick, neo consigliere di amministrazione della casa di cura fondata da Don Luigi Verzè. La richiesta avanzata dall'ex presidente della Corte Costituzionale di concedere al board altri tre mesi per presentare un concordato preventivo è dunque caduta almeno parzialmente nel vuoto.

Non c'è stato nessun accordo, insomma, tra il rappresentate del nuovo cda nominato appena venerdì scorso e i magistrati milanesi. Flick ha chiesto tre mesi di tempo, la Procura è disposta a concederne al massimo metà. Perchè se entro il 15 settembre non arriverà sul tavolo del pm Luigi Orsi un piano di ristrutturazione del debito credibile, il giorno immediatamente successivo il magistrato avanzerà ufficiale istanza di fallimento. Richiesta che in assenza di segnali concreti, sarà fatta anche prima. "Sarebbe possibile chiedere il fallimento anche il 15 di agosto", fanno notare in Procura.

Secondo quanto si è potuto apprendere, il primo nodo da sciogliere riguarda una situazione contabile che gli inquirenti definiscono "opacissima". Un bello scoglio se si considera che il requisito numero uno per presentare richiesta di concordato preventivo è avere un quadro sufficientemente chiaro della contabilità. C'è poi un serio problema di liquidità: gli inquirenti milanesi sono convinti che la cassa attualmente disponibile non basti a garantire una sopravvivenza di tre mesi e che - considerato soprattutto l'alto tasso di risorse che ogni mese va bruciato in interessi passivi - sia sufficiente al massimo per poco più di 30 giorni. Infine, fanno notare ancora in Procura, i componenti del nuovo cda che si è insediato venerdì scorso (con la maggioranza dei consiglieri espressione della Santa Sede) sono tutti "giuridicamente precari". Senza una modifica dello Statuto, don Verzè potrebbe revocarli tutti da un momento all'altro. Il che non è certo una garanzia per i magistrati.

 

 

2011-07-20

20 luglio 2011

MILANO

San Raffaele, si lavora

per evitare il fallimento

Mentre il nuovo mana­gement lavora al sal­vataggio dell’Ospe­dale San Raffaele, l’inchiesta sulla morte di Mario Cal pro­cede spedita. Questa mattina, a Milano, sarà eseguita l’au­topsia dell’ex vicepresidente della Fondazione San Raffae­le che si è tolto la vita lunedì sparandosi un colpo di pisto­la alla testa. La dinamica dell’episodio ap­pare chiara, tuttavia il sostitu­to procuratore della Repub­blica, Maurizio Ascione, ha a­perto un’indagine per istiga­zione al suicidio a carico di i­gnoti. Un "atto dovuto". Già poche ore dopo il decesso, il pm ha ascoltato i testimoni intervenuti a prestare i primi aiuti a Cal. Tra questi anche il responsabile della sicurezza dell’Ospedale San Raffaele che, per facilitare i soccorsi, ha spostato la pistola infilan­dola poi in un sacchetto. A­scione non esclude di ascol­tare anche i vertici del gruppo - compreso lo stesso fondato­re, il 91enne don Luigi Verzè ­provato dalla morte del suo al­ter ego - , per ricostruire i mo­tivi di preoccupazione che hanno indotto Cal a spararsi.

Motivi che sarebbero in larga parte riconducibili alla grave situazione debitoria dell’isti­tuto che, però, secondo fonti della procura, non giustifi­cherebbero il suicidio. Cal si sarebbe anche sentito "assediato mediaticamente" e avrebbe meditato a lungo di togliersi la vita. Il magistrato inquirente sta anche analiz­zando le due lettere lasciate dal dirigente alla moglie e al­la segretaria; brevi scritti in cui avrebbe chiesto perdono. I­noltre, il nipote di Cal avreb­be dichiarato al pm che tre giorni fa lo zio si sarebbe infor­mato circa la capacità della Smith & Wesson calibro 38, che Mario Cal deteneva legal­mente, di ammazzare una persona. "Non mi ero reso conto delle sue intenzioni", a­vrebbe spiegato il nipote. Intanto, i riflettori restano puntati sulla situazione con­tabile della Fondazione.

In se­guito al suicidio di Cal i pm Luigi Orsi e Laura Pedio han­no acquisito fascicoli e docu­mentazione appartenuta al­l’ex numero due. I debiti, sti­mati in oltre 900 milioni di eu­ro, in parte dovrebbero esse­re ripianati dal nuovo gruppo dirigente. I termini dell’inter­vento finanziario della nuova compagine, però, non sono stati ancora comunicati uffi­cialmente nonostante l’avve­nuto insediamento nel consi­glio di amministrazione. Per­ciò al vaglio della Procura di Milano c’è l’ipotesi di avanza­re un’istanza di fallimento. A questa decisione i magistrati arriverebbero qualora non si giungesse, in tempi strettissi­mi, a presentare un piano di ristrutturazione e rilancio.

Venerdì è prevista la riunione del cda dell’istituto che pochi giorni fa ha visto il passaggio di consegne al management voluto dalla Santa Sede. Men­tre lunedì prossimo l’azienda incontrerà i sindacati, "preoc­cupati " dalle vicende finan­ziarie della holding sanitaria. Il cda uscente avrebbe dovu­to presentare entro ieri al tri­bunale fallimentare la do­manda di concordato, così da evitare l’avvio delle procedu­re di fallimento. Il cambio dei vertici offre però alla Fonda­zione ancora qualche giorno di respiro prima di correre in tribunale a fermare il conto al­la rovescia.

Vito Salinaro e Nello Scavo

 

 

 

 

 

2011-07-19

19 luglio 2011

MILANO

San Raffaele, il vigilante:

"Cal era spento e abbattuto"

Nelle ultime due settimane aveva notato che Mario Cal era più "spento, taciturno e abbattuto". Lo ha dichiarato il responsabile del servizio di sicurezza e vigilanza del San Raffaele, sentito ieri in tarda serata dal pm Maurizio Ascione che si sta occupando del suicidio dell'ex braccio destro di Don Verzè che si è tolto la vita sparandosi un colpo alla tempia ieri mattina. L'uomo è stato convocato dal pm per chiarire i motivi per cui ha spostato la pistola usata da Cal e l'ha infilata in un sacchetto. Il vigilante ha spiegato che subito dopo aver sentito lo sparo, le persone e le segretarie che erano entrate nel suo ufficio "erano terrorizzate e nulla facevano per rianimarlo".

A questo punto il vigilante ha "dato un calcio alla pistola" per allontanarla dal Mario Cal, che era ancora vivo, e quindi consentire ai medici di soccorrerlo e di praticargli il massaggio cardiaco. Inoltre l'uomo ha spostato la pistola anche perchè temeva ci fosse un altro colpo in canna e l'ha infilata

in un sacchetto di plastica, per metterla al riparo ed evitare che venisse toccata da altri. Intanto, da quanto si è saputo, non è ancora stata trovata l'ogiva che ha ucciso Cal.

 

LA CRONACA di Vito Salinaro

La paura. Del dissesto dei conti, dell’inchiesta giudiziaria sull’ospedale; ma soprattutto, per dirla con le parole di un suo amico, la paura di "veder crollare un sogno". Mario Cal, 71 anni, da oltre 20 vicepresidente della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor di Milano, dimessosi la scorsa settimana dopo il rinnovo delle cariche e l’intervento della Santa Sede per il risanamento dell’Ospedale, non ha retto a tutto questo. Ieri mattina, il braccio destro di don Luigi Verzé, si è tolto la vita sparandosi un colpo di pistola alla testa.

Una tragedia che colpisce due famiglie: la sua e quella dell’Ospedale scientifico San Raffaele, formata da 4.000 dipendenti e già provata per la pesante situazione finanziaria. "In questi ultimi giorni era molto preoccupato per i debiti accumulati dalla struttura sanitaria", ha detto il legale di Cal, Rosario Minniti. Il suo assistito, sentito nei giorni scorsi dal pm di Milano Luigi Orsi come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sul dissesto del nosocomio, gli avrebbe confidato di "non essere mai stato così addolorato nella mia vita come in questi giorni".

Ieri mattina, poco dopo le 9, Cal è arrivato in quello che era ormai il suo ex ufficio, da dove stava prelevando da giorni i suoi effetti personali. Ha salutato Stefania, la sua segretaria, poi si è chiuso in stanza. Da allora sono iniziati i tre quarti d’ora più lunghi e difficili della sua vita. È stato in quei momenti, probabilmente, che l’ex dirigente ha scritto due lettere (sequestrate dagli inquirenti), non molto lunghe: una l’avrebbe indirizzata alla moglie, l’altra alla segretaria. Avrebbe espresso parole di affetto e di ringraziamento, senza riferimenti alla situazione dell’ospedale.

Pochi minuti dopo le 10, lo sparo, udito dalla segreteria che è rimasta per un attimo senza fiato prima di precipitarsi nell’ufficio dove ha trovato l’uomo agonizzante a terra, in una pozza di sangue. La chiamata al pronto soccorso è stata immediata. Le prime cure sono state prestate nell’ufficio, dove un soccorritore, per eseguire le manovre di rianimazione, ha anche dato un calcio alla pistola (poi finita in un sacchetto), allontanandola dall’uomo a terra. In pochi minuti il ferito è stato trasportato in una delle sale del pronto soccorso dove è arrivato alle 10.21.

"La situazione è apparsa subito critica – ha spiegato il primario del reparto, Michele Carlucci –; abbiamo messo in atto ogni procedura per rianimarlo e per un periodo è stato possibile stabilizzare il paziente. Poco dopo però la situazione è precipitata". Cal è morto alle 10.57. Nella palazzina Dibit II, che ospita gli uffici dirigenziali, la polizia giudiziaria ha effettuato i rilievi in mattinata. Il pubblico ministero Maurizio Ascione, che ha aperto un’inchiesta, ha disposto l’autopsia. E del caso si è immediatamente interessato lo stesso procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati. Gli inquirenti comunque non hanno dubbi su quanto accaduto.

In una nota, il consiglio di amministrazione del Centro San Raffaele del Monte Tabor ha espresso "dolore e sgomento per il gesto così grave e imprevedibile" che "accresce la consapevolezza sulla delicatezza e sulla gravità dell’attuale situazione in cui si trova la Fondazione e sulla necessità del massimo impegno da parte del Consiglio con la piena partecipazione e guida spirituale del presidente don Luigi Maria Verzé, per il pronto risanamento del San Raffaele". Il 91enne fondatore dell’ospedale ha ricevuto la notizia gradualmente e con le cautele del caso.

Così come avviene ogni giorno, alle 16, nella cappella "Maria, Madre della Vita" del nosocomio, è stata celebrata la Messa, ieri particolarmente partecipata dai dipendenti della struttura, alla quale, però, è stato impedito l’accesso ai giornalisti. "Non è il momento delle parole ma del raccoglimento e del silenzio", ha detto padre Paolo Natta, nell’omelia in cui è stato ricordato Cal. Alle 16.30 la salma è stata trasferita nell’Istituto di medicina legale di via Ponzio. Questa mattina è attesa la visita del ministro della Salute, Ferruccio Fazio, che dovrebbe incontrare la famiglia di Cal e, probabilmente, don Verzé.

 

 

19 luglio 2011

LA TRAGEDI DI MILANO

Struttura d’avanguardia: gigantismo e ripartenza

Il gigantismo ha ferito il San Raffaele. Quello slancio verso traguardi sempre più ambiziosi, spesse volte raggiunti, superati, rincorsi, poi ancora più in alto, come se l’asticella di quel balzo verso il cielo non fosse mai abbastanza ardua da superare. Sta qui la grandezza e insieme la debolezza dell’opera di don Luigi Maria Verzé, classe 1920, il prete-medico, come amava definirsi, uomo capace di compromettersi fino in fondo con la modernità e con la mondanità, polemico e vulcanico, amico di Craxi, di Berlusconi, nemico di chi lo osteggiava e gli metteva i bastoni fra le ruote (non mancarono Francesco Saverio Borrelli e Rosy Bindi), senza dimenticare quei soprassalti di rabbia sulfurea, i suoi vaticinii carismatici, quel larvato sospetto che una segreta taumaturgia fosse preferibile alla pura scienza, quelle vampe di visionaria progettualità che gli facevano congegnare nuovi rami, nuovi snodi per la sua università, per i suoi laboratori d’avanguardia, fino a quel progetto Quo Vadis, il centro di ricerca sulla longevità in cantiere in Veneto per combattere gli effetti dell’invecchiamento, metafora più che trasparente dell’ansia di prolungare – e prolungarsi – all’infinito la vita. "Torneremo a vivere fino a 120 anni come Matusalemme", ha promesso.

L’uomo sta al centro della sua visione, come quello vitruviano, come quello leonardesco, quasi un’ossessione, e non a caso esce fuori quel nome, San Raffaele, nome di arcangelo, Dio che guarisce, secondo l’etimo ebraico. "L’uomo – ama dire il prete-medico – vale a prescindere da ogni aspetto esteriore e da ogni sua estrinsecazione, non va solo curato, va guarito".

Il San Raffaele nasce così, su ispirazione-istigazione dell’allora arcivescovo di Milano Ildefonso Schuster, da una caparbia prima pietra posta nei tardi anni Sessanta in quella stessa Segrate in cui un ancora sconosciuto Berlusconi cercava aree edificabili. Don Verzé ci voleva costruire un ospedale cristiano e dall’esordio ufficiale nel 1971 sono accadute tante cose, luci (moltissime) e qualche ombra di un’istituzione che è diventata il primo ospedale di Milano e uno dei maggiori d’Italia, cui si sono affiancati nel 1993 un centro di ricerca, il Dibit, e nel 1996 un centro universitario, l’Ateneo Vita-Salute. In altre parole, il San Raffaele diviene per antonomasia uno dei più quotati centri di ricerca internazionali per la biomedicina e le biotecnologie, un polo universitario di grandissimo prestigio e soprattutto un presidio ospedaliero che vanta una doppia eccellenza, quella scientifica e quella clinica.

Nei suoi reparti passavano (e passano) con felpata discrezione celebrità e padri nobili della buona società, artisti come Benigni o Riccardo Muti e – potrebbe mancare? – lo stesso Silvio Berlusconi, ma anche – e qui sta la bontà dell’intuizione di don Verzé – il cittadino comune, meritevole di curarsi al meglio come e quanto quello famoso. Non stupiamoci dunque del fatto che il San Raffaele, che negli anni si è caratterizzato come un’isola di avanguardia e di eccellenza sia diventato un modello da esportazione, capace di duplicarsi in Brasile, Cile, Polonia, Cina, India, Israele, Uganda, Nicaragua e Mozambico. Per non parlare dell’università, sorta nel 1996 con l’obbiettivo di "superare la contrapposizione moderna fra sapere scientifico-tecnico e sapere umanistico-filosofico", avvalendosi di una schiera di big del pensiero laico, da Massimo Cacciari a Emanuele Severino al genetista Boncinelli messi a confronto con il pensiero cattolico.

Nella sua ruggente scalata verso l’impossibile don Verzé si ammala tuttavia di gigantismo. Per decenni il suo polo di ricerca svetta nel panorama italiano e si estende all’estero, diversificando il normale business della salute con investimenti remunerativi (alberghi, jet, aziende agricole), ma anche con scelte che non hanno dato i risultati sperati ed hanno prodotto invece debiti e oneri. Si ama dire che sia sempre stato don Verzé in persona a ottenere i crediti dalle banche necessari all’espansione del San Raffaele e delle sue tentacolari diramazioni. Lui un po’ se ne vanta ("abbiamo convinto le banche a intrecciare i loro interessi concreti con i nostri interessi ideali") e un po’ ignora deliberatamente a cosa sta andando incontro: "Non chiedetemi – ama dire – dove trovo i soldi: noi sappiamo come ammaliare la Provvidenza".

Quattromila dipendenti, mille ricercatori, quasi 600 milioni di fatturato e come bussola la sola Provvidenza non sono bastati a scongiurare una voragine debitoria (l’ammontare esatto non siamo in grado di quantificarlo, oscillando – si dice – dai 600 ai 900 milioni di euro) nella quale si inabissa sventuratamente il suo più fidato collaboratore, quel Mario Cal che era destinato a succedergli prima degli eventi delle ultime settimane e che aveva le chiavi della finanza dell’istituto. Il manager si è tolto la vita ieri, portando con sé molti dei segreti dell’istituto; qualcuno dice che la sua tragica uscita di scena non sia altro che un estremo gesto di amicizia e protezione nei confronti dell’anzianissimo padre-padrone, da poco chiamato a farsi da parte dalle cariche sociali.

In soccorso delle casse esauste del San Raffaele è giunta, infatti, la Santa Sede in veste di quello che nel gergo finanziario si chiama il cavaliere bianco, dotato cioè di mezzi freschi e di uomini per salvare una società ritenuta preziosa dal collasso. Senza quel "cavaliere", il San Raffaele avrebbe probabilmente i giorni contati.

E così la speranza di chi, malato, al San Raffaele guarda. Ma ad essere curata – meglio: guarita, com’è imperativo nella filosofia del prete-medico – ora è la sua stessa elefantiaca creatura, dentro la quale consulenti, membri del nuovo cda ed altri esperti di ingegneria finanziaria cercheranno di sbrogliare la matassa di migliaia di conti, di esposizioni, di prestiti, di fatture, di separare i tanti asset virtuosi da quelli malati di indebitamento, di razionalizzare una galassia cresciuta impetuosamente e giunta agli onori internazionali, ma che si è rivelata nello stesso tempo una pericolosa macchina mangia-utili. Tutte cose che don Verzé non ama guardare da vicino. E che nulla tolgono ai primati del San Raffaele e a un’eccellenza durata quasi mezzo secolo.

Giorgio Ferrari

 

 

2011-07-18

8 luglio 2011

MILANO

Si è tolto la vita Mario Cal

ex vicepresidente San Raffaele

L'ex vicepresidente del San Raffaele, Mario Cal, si è tolto la vita. Nei giorni scorsi era stato ascoltato come persona informata dei fatti dalla Procura di Milano in relazione all'indebitamento da quasi un miliardo di euro nei conti del gruppo ospedaliero.

Cal si era presentato questa mattina nel suo ufficio intorno alle 10.30. Salutata la segretaria si era chiuso dentro per raccogliere i suoi effetti personali dato che era dimissionario dalla settimana scorsa. Alcuni minuti dopo è risuonato il colpo di pistola. L'ex braccio destro di don Verzè ha usato una calibro 38 regolarmente detenuta, sparandosi un colpo alla testa. Ad avvisare i soccorritori è stata la sua segretaria che, dopo aver sentito l'esplosione, è entrata nella stanza trovando l'uomo disteso a terra in una pozza di sangue. Immediato l'intervento del personale sanitario che ha portato Mario Cal al pronto soccorso ancora in vita.

"Per me è un grande dolore perché Mario Cal era un amico che ho sorretto nei momenti difficili, ma questa volta non ce l'ho fatta". Lo ha detto Rosario Minniti, il legale di Mario Cal, che ha confermato l'esistenza di una lettera lasciata dal manager nel suo ufficio.

Minniti ha rivelato che Mario Cal ha lasciato due lettere prima di compiere il gesto estremo. Almeno una è indirizzata alla moglie Pina, che appena ha saputo si è precipitata all'ospedale di via Olgettina. "È disperata" ha detto il legale. L'altra lettera è indirizzata alla sua segretaria. L'avvocato Minniti ha inoltre riferito che la moglie di Cal "non si spiega questo gesto. Non ha avuto sentore, alcuna avvisaglia, anche perchè era un uomo forte". Nemmeno le collaboratrici più strette dell'ex vice presidente del San Raffaele questa mattina avevano notato nulla di strano nel suo comportamento.

Sul posto è andato il pm Luigi Orsi, il magistrato che si era intere ssato, ma non a livello penale, dell'indebitamento del San Raffaele, prima dell'ingresso di una cordata per 'salvarè l'istituto.

IL CDA: "DOLORE E SGOMENTO"

Il Consiglio di Amministrazione del San Raffaele esprime "dolore e sgomento per il gesto così grave e imprevedibile compiuto dal dottor Mario Cal, che accresce la consapevolezza sulla delicatezza e sulla gravità dell'attuale situazione in cui si trova la Fondazione e sulla necessità del massimo impegno da parte del Consiglio, con la piena partecipazione e guida spirituale del presidente Don Luigi Maria Verzè, per il pronto risanamento del San Raffaele".

 

 

 

 

 

2011-07-15

15 luglio 2011

PASSAGGIO DI CONSEGNE

San Raffaele, Don Verzè passa la mano

presto il piano di risanamento

Il cda della Fondazione Monte Tabor ha dato piene deleghe a Giuseppe Profiti mentre Don Verzè si farà da parte. È quanto si apprende da fonti qualificate al termine della riunione del board.

Secondo quanto emerge da una nota, il nuovo Consiglio di amministrazione della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor "con l'espressa volontà del presidente Luigi Maria Verzè, ha deliberato il conferimento al Consiglio stesso di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione".

Il presidente "ha delegato al vicepresidente prof. Giuseppe Profiti e al Consiglio tutti i poteri, rinunciando all'esercizio degli stessi" precisa il comunicato.

Il nuovo consiglio "ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un Piano di Risanamento nell'interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal Fondatore Don Verzè" precisa il comunicato.

Il Consiglio "è fiducioso - conclude la nota - di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l'attività di risanamento al fine di salvaguardare le risorse umane impegnate nell'Opera e gli interessi di tutti gli interlocutori coinvolti nell'attuale crisi ed è altresì convinto che il San Raffaele continuerà ad esercitare il ruolo internazionalmente riconosciutogli nelle attività di clinica edi ricerca".

 

 

 

 

 

 

IL MESSAGGERO.IT

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2011-04-06

Crisi San Raffaele, avviati i licenziamenti

Chiesto l'intervento del Prefetto di Roma

Il comitato di familiari dei pazienti e dei dipendenti: una cirsi

doppia rispetto a quelle dell'Alitalia. Giovedì convocate le parti

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La casa di cura San Raffaele a Velletri

di Marco Giovannelli

ROMA - Avviate le prime procedure di licenziamento per tutti i dipendenti e consulenti del Gruppo San Raffaele mentre i sindacati chiedono l’intervento del Prefetto per risolvere la vertenza tra il colosso della sanità laziale e la Regione Lazio. La società ha chiesto il pagamento alla Regione di 150 milioni di euro per prestazioni sanitarie (soprattutto nella riabilitazione) effettuate negli ultimi anni mentre la Regione non sembra intenzionata a riconoscere quelle prestazioni. Dal contenzioso è nata una crisi che rischia di portare al licenziamento di 3.171 dipendenti mentre i pazienti che rischiano di essere dimessi dal 15 aprile sono 2.283 e dovranno essere ricollocati in altri ospedali.

La Regione ha intanto convocato per giovedì le parti. Il Gruppo San Raffaele sarà ricevuto la mattina e nel pomeriggio toccherà ai sindacati. I due incontri serviranno per spiegare le rispettive posizioni dopo tanto silenzio e per verificare la possibilità di trovare una soluzione. I sindacati hanno però intenzione di estendere i colloqui a Prefetto, Regione e San Raffaele per arrivare alla soluzione definitiva del contenzioso.

I dipendenti che rischiano il posto di lavoro sono anche senza stipendio perché quello di marzo non è stato pagato e semmai arriveranno soldi, le prime spese saranno quelle per pagare i fornitori di medicinali salvavita per i malati ricoverati.

Comitato in difesa del San Raffaele. Il 15 aprile 2.283 pazienti rischiano di trovarsi senza assistenza in una crisi della sanità mai vissuta in passato nel Lazio. I familiari dei malati si sono riuniti in un Comitato che ha scritto al presidente della Regione Renata Polverini. "La cessazione dell’attività del San Raffaele - si legge nel comunicato - mette in difficoltà i pazienti ricoverati e circa 5.000 utenti che tutti i giorni usufruiscono delle prestazioni ambulatoriali nelle strutture del Gruppo presenti nel Lazio. E’ una catastrofe dalle dimensioni doppie rispetto a quelle dell’Alitalia e sta passando sotto silenzio. Non è possibile negare che, da tempo, come più volte denunciato dal Gruppo San Raffaele, l’operatività quotidiana di assistenza ai pazienti sia stata messa in discussione da scelte di politica sanitaria spesso discutibili, aggravate da comportamenti omissivi ed ostruzionistici posti in essere dalla tecnostruttura amministrativa regionale".

"Ci chiediamo il perché della tanta risonanza all’Irccs Santa Lucia visto che non ha subito alcuna decurtazione di posti letto di riabilitazione vedendosi per di più riconoscere addirittura 160 posti letto di alta specialità riabilitativa contro gli zero posti letto assegnati all’Irccs San Raffaele Pisana. Siamo stanchi assistere inermi all’ennesima farsa di fronte al silenzio della Regione. Presidente Polverini lei ha dichiarao sui manifesti "Mi state a cuore" e questa è l’occasione per dimostrarlo".

Martedì 05 Aprile 2011 - 16:22 Ultimo aggiornamento: 19:20

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2011-08-06

il caso san raffaele

Don Verzè ammette gli "errori":

"La missione continua, ma si cambia"

Entro agosto il cda si sarà fatto un'idea chiara sui conti e presto la Fondazione avrà un nuovo statuto

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Don Luigi Verzè in una foto d'archivio (Ansa)

Don Luigi Verzè in una foto d'archivio (Ansa)

MILANO - Deciso a voltare pagina. Don Luigi Verzè, fondatore dell'ospedale San Raffaele, ha presieduto il consiglio d'amministrazione di venerdì e si è detto pronto a chiudere con il passato e gli sbagli che hanno portato il colosso sanitario e scientifico sull'orlo del fallimento. "Verranno garantite per il futuro la continuità dello spirito e della missione con le quali il San Raffaele è stato fondato", ha affermato il sacerdote-manager, secondo quanto riferisce la nota ufficiale diramata dall'Istituto di via Olgettina a fine riunione. Ma questo sarà fatto "basandosi su regole nuove e su una gestione efficiente, assicurando la necessaria discontinuità dal passato e dagli errori commessi".

NUOVO STATUTO - Entro agosto il Cda avrà un'idea chiara sui conti del San Raffaele e presto, anche per dare un segno di discontinuità con il passato, la Fondazione a capo dell'ospedale avrà un nuovo statuto. I consiglieri, si legge nella nota, "hanno proseguito nell'analisi della situazione contabile secondo il programma che prevede per la fine del mese di agosto la conclusione dell'iter di ricognizione delle grandezze economiche". Il Consiglio, aggiunge la nota, "ha convenuto sulla necessità di avviare a tal fine una revisione del quadro delle regole statuarie oggi vigenti".

TUTELARE PAZIENTI E MEDICI - Sul tavolo del Cda le diverse opzioni percorribili per avviare il piano di risanamento. Quel che è certo è che l'attività clinica e di ricerca sono il core business, e che quindi vanno tutelati l'ospedale, i pazienti e il personale. "Elemento comune di tutte le alternative considerate - sottolinea la nota - è la centralità della struttura clinica e di ricerca". Inoltre, prosegue la nota, "è stata ribadita la messa in sicurezza nel medio termine degli stipendi e delle forniture necessarie all'attività clinica".

Redazione online

05 agosto 2011 17:17

 

 

I documenti sulle attività di don Verzé, il ruolo del manager Valsecchi

San Raffaele, in Procura

l'archivio segreto di Cal

Le carte in una villa in Brianza: in dodici scatoloni la contabilità del gruppo e delle società estere

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Luigi Verzè (Fotogramma)

Luigi Verzè (Fotogramma)

MILANO - Dodici scatoloni nella cantina di una villetta in Brianza, a Bernareggio, provincia di Monza. È stato trovato l'archivio segreto di Mario Cal. Il vicepresidente dell'ospedale San Raffaele si era suicidato il 18 luglio sotto l'ufficio di don Luigi Verzé, fondatore del polo sanitario milanese. Le carte pochi giorni fa sono state prelevate dalla villa a due piani, in cui la moglie di Cal aveva una mansarda, e portate alla Procura della Repubblica di Milano, dove i pm Luigi Orsi e Laura Pedio hanno aperto un'inchiesta sull'insolvenza del San Raffaele (un miliardo di debiti).

Ora quei documenti potrebbero rappresentare una svolta per le indagini. Potrebbero aprire nuovi orizzonti perché il braccio destro di don Verzé si occupava della gestione diretta, e se c'era da sporcarsi le mani era lui a farlo. Aveva le chiavi di tutti gli affari, teneva le fila (e la cassa) dei rapporti con il mondo politico. Ce ne sarà traccia nelle carte sequestrate?

La spunta è lunga, molte operazioni dovranno essere ricostruite e riscontrate. Anche per questo, probabilmente, è stato più volte sentito dai pm il direttore finanziario Mario Valsecchi, in qualità di testimone. La natura delle operazioni in esame e le ipotesi di reato sottese (false fatturazioni e appropriazione indebita) dovrebbero trasformare Valsecchi, a sua garanzia, da testimone a indagato già dai prossimi interrogatori.

Se Cal era il vice di don Verzé, Valsecchi era il vice di Cal. Conosce molto bene le dinamiche dei rapporti con i fornitori ma anche i flussi finanziari con le controllate estere. Per dirlo chiaro: se esiste il "nero", cioè una sistema contabile parallelo e coperto, come hanno riferito al Corriere fonti vicine a Cal e don Verzé, Valsecchi lo dovrebbe sapere. Tra le relazioni "chiacchierate" (e quindi da approfondire per diradare le ombre) c'è quella con la Metodo Costruzioni che ha diversi appalti in essere (tra Milano e Olbia) con la Fondazione Monte Tabor, la holding del San Raffaele. Metodo è posseduta dal figlio di Pierino Zammarchi, ex socio di don Verzé nella Edilraf da cui è uscito con modalità (e soldi) che sono oggetto di indagine.

Quanto alla scoperta dell'archivio un fatto è certo e significativo: Cal ha messo insieme gli scatoloni con un certo criterio, non raccogliendo alla rinfusa documentazione dall'ufficio. Pare abbia selezionato gli argomenti. Sapeva di essere al centro della bufera, sentiva che tutte le colpe stavano ricadendo sulle sue spalle. Percepiva l'isolamento verso cui stava dirigendosi. Probabilmente intuiva che sarebbero finiti sotto i riflettori anche gli affari di sua moglie (pompe funebri) con l'ospedale.

Fin lì era stato il garante di un sistema che si teneva insieme grazie al feeling con i fornitori, a molti equilibrismi contabili e alle pubbliche relazioni di don Verzé, amico di potenti e politici, Silvio Berlusconi in primis.

Temeva, Cal, di non potersi difendere. Così ha caricato gli scatoloni con razionalità, ha avuto tempo per farlo. Era un manager vecchia maniera: pile (di carta) più che file . La memoria di anni di lavoro la si misura in chili di cellulosa più che in byte di memoria. Aveva il telefonino ma non lo usava quasi mai. Si procurò un pc portatile, prima di lasciare l'ufficio, nel quale scaricò la posta elettronica. Ma questo è normale per chi abbandona un incarico, in un'azienda in crisi e con la magistratura alle calcagna.

Meno normale che in casa Mario Cal avesse le fotografie dei faldoni dell'ufficio con l'intestazione di alcune società del gruppo. Qual era il senso? Un manager, per quanto affezionato all'ufficio, non va in giro con le foto dei raccoglitori. Segnali? Messaggi? Tra le foto c'è sicuramente quella del dossier Airviaggi, ovvero la società titolare del jet acquistato in Nuova Zelanda. Un costo esagerato e un buco clamoroso dietro il quale, in realtà, vi sarebbe il finanziamento a un politico lombardo.

Mario Gerevini

Simona Ravizza

05 agosto 2011 10:37

 

 

 

strani affari con Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna

Le sovvenzioni ai politici

Il "sistema" San Raffaele

Dall'elisoccorso alle consulenze. I rapporti dubbi con l'architetto Sarno per "coprirsi" sul fronte Penati

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San Raffaele, finita l'era di don Verzè. I poteri al Vaticano Gerevini e Ravizza (16 luglio 2011)

di MARIO GEREVINI E SIMONA RAVIZZA

MILANO - Pulizia e rilancio. Per salvare il San Raffaele e la sua storia vanno cancellate le ombre e smaltite le scorie. Contabilità parallela? Fondi neri con la complicità di alcuni fornitori-costruttori? Un doppio sistema di fatturazione, ufficiale e ufficioso? Soldi ai politici? "È un patrimonio nazionale da difendere", dicono tutti a partire dal ministro della Salute Ferruccio Fazio. Tante ombre, però, si insinuano nella gestione recente dell'ospedale, eredità ancora "calda" del tandem don Luigi Verzé, il fondatore, e Mario Cal, il manager suicida.

L'amico architetto

Non sono solo voci. Sono "confessioni" di chi quel "sistema" lo conosceva bene. Sono uomini e donne che a lungo hanno lavorato a fianco del prete-manager e del suo braccio destro. Raccontano al Corriere di politici "sovvenzionati" come fosse una prassi. E del "nero" come fosse un'esigenza ineluttabile per far fronte ai costi della Fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo. Anche perché talvolta le intuizioni e la forza propulsiva di don Verzé si perdevano in realizzazioni superflue e costosissime (60 milioni per la cupola). Dal sottobosco di relazioni oblique con la politica spunta il nome dell'architetto Renato Sarno. Era considerato "in quota" centrosinistra e particolarmente vicino a Filippo Penati, vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, fino a novembre scorso capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, ex presidente della Provincia di Milano e prima ancora sindaco di Sesto San Giovanni. Affidare determinati lavori all'architetto Sarno, sostengono le fonti, voleva dire "coprirsi" sul fronte Penati. Quasi una tassa occulta, magari camuffata da consulenze milionarie. Prove? Nessuna. Sarno è un professionista molto quotato e stimato anche fuori dall'Italia, dove non guardano l'eventuale "targa" politica. A Monza, però, è indagato con Filippo Penati e altri nell'inchiesta del pm Mapelli su un presunto giro di tangenti nel periodo in cui l'esponente del Pd era sindaco. Sarno per don Verzé aveva progettato il San Raffaele Quo Vadis (150 milioni il costo stimato), l'"ospedale del benessere" in provincia di Verona. È probabile che la Procura di Monza allarghi l'orizzonte dell'inchiesta anche agli affari di Sarno con il San Raffaele per valutare se effettivamente siano avvenute triangolazioni di favori e denaro.

Elicotteri sospetti

Ma anche il servizio di elisoccorso potrebbe rientrare nella categoria dei rapporti "sospetti", cioè favoriti da un sistema di do ut des. Secondo le nostre fonti il Consorzio Elisoccorso San Raffaele avrebbe ottenuto negli anni scorsi una serie di collaborazioni con la "Milano Serravalle-Milano Tangenziali", anche grazie alle relazioni ben coltivate con Penati da Mario Cal. Era l'epoca (2004-2009) in cui il politico del Pd guidava la Provincia di Milano e quindi era l'azionista di maggioranza della Serravalle, che gestiva le tangenziali milanesi e l'autostrada per Genova. Cal teneva le fila del "traffico" finanziario con il mondo politico, spesso mediato da consulenti e faccendieri che funzionavano da cerniera tra l'apparato pubblico e il privato.

Lo strano affare di Soru

A tutt'altra categoria, invece, appartiene il rapporto con Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna. Un'operazione stranissima. Cal l'avrebbe riassunta così con uno dei suoi amici più stretti: "Soru con noi ha fatto un grande affare". Oggetto: la società Shardna, che si occupa di biotecnologie e in particolare di studiare il dna dei sardi. Soru dal 2000 ne deteneva un'ampia maggioranza (oltre l'80%) con il Banco di Sardegna al 13%. La società gode di finanziamenti regionali, il conflitto di interessi era evidente. Infatti, Soru nel 2006 annuncia la vendita della sua quota. Nel frattempo i conti di Shar peggiorano e il 2008 chiude in rosso, tanto da mettere in dubbio la continuità dell'azienda se i soci non aprono il portafoglio. È a quel punto che si fa l'accordo "San Raffaele-Soru".

Bilanci "pompati"

Il contratto preliminare è del 24 febbraio 2009 (Soru, dimessosi a novembre 2008, ha appena perso le elezioni in Sardegna). Il prezzo per l'84% del capitale è di 3 milioni. Pochi mesi dopo, però, la società non vale più nulla, brucia tutto il capitale e rischia di chiudere. Il motivo? Il valore del database , dove sono custoditi 15 mila campioni di dna, cioè il patrimonio di Shar. Gli amministratori scelti da Soru l'avevano valutato 10 milioni in bilancio. Ma quando il San Raffaele assume il controllo si rende conto, facendo fare una perizia, che il valore reale è meno della metà. Cioè i bilanci precedenti erano "pompati". Dunque Soru ha incassato 3 milioni per l'84% di una società che già non valeva nulla (anche a fronte di un elevato indebitamento). Perché quel "regalo", per di più a un ex presidente? Poi solo a novembre 2009, con presidente regionale Ugo Cappellacci del Pdl, il grande ospedale di Olbia del San Raffaele otterrà il primo via libera per l'apertura dei reparti da convenzionare con le Asl sarde.

28 luglio 2011 11:16

 

 

2011-08-03

Una fedelissima di Don Verzé comprò una casa poco prima dell’annuncio dell’insolvenza San Raffaele, c’è la pista del petrolio Sospetti su affari in Azerbaigian gestiti da un fiduciario svizzero. La first lady al compleanno di don Verzé NOTIZIE CORRELATE Due nuove società per salvare dal fallimento il San Raffaele di Gerevini e Ravizza (29 luglio 2011) Le sovvenzioni ai politici: il "sistema" San Raffaele (28 luglio 2011) San Raffaele, gli affari a Lugano con il faccendiere dei politici Gerevini e Ravizza (25 luglio 2011) San Raffaele affidato a Bondi e Botti (22 luglio 2011) L’ultimatum: un piano entro il 15 settembre o fallimento (21 luglio 2011) San Raffaele, i sospetti sui conti per i politici Gerevini e Ravizza (21 luglio 2011) San Raffaele, finita l’era di don Verzè. I poteri al Vaticano Gerevini e Ravizza (16 luglio 2011) di MARIO GEREVINI E SIMONA RAVIZZA MILANO - Il petrolio dell’Azerbaigian e un appartamento a Segrate. Amicizie e affari all’ombra del San Raffaele. Le piste investigative - battute per scovare le radici del miliardo di debiti che ha inguaiato il colosso sanitario - sono ad ampio raggio. Da una parte un fiduciario svizzero sarebbe il custode dei proventi realizzati dai vertici del San Raffaele con l’oro nero azero. Dall’altra gli archivi del catasto fanno emergere che la fedelissima di don Luigi Verzé (una di quelle che vive in comunità nella Cascina a fianco del San Raffaele) a febbraio 2011, un mese prima dell’annuncio di insolvenza del gruppo ospedaliero, compra un appartamento a Segrate da 650 mila euro. Un anno fa, il 14 marzo 2010, alla festa per i 90 anni, il fondatore del San Raffaele raccolse gli auguri di tantissimi amici e personalità. Era l’omaggio a un uomo che, a prescindere dalla crisi attuale, insieme con Mario Cal ha creato dal nulla un polo ospedaliero e della ricerca di livello europeo. C’era il premier Silvio Berlusconi, ministri, cardinali. Arrivò anche una bella signora dal Mar Caspio, Mehriban Aliyeva. Non una "sciura" qualsiasi ma nientemeno che la first lady della Repubblica dell’Azerbaigian. Il marito è il presidente-padrone Ilham Aliyev succeduto al padre Heydar, nel 2003, con modalità quasi dinastiche. Lì per lì, con lo show Berlusconi-don Verzé e tanti vip, pochi si sono chiesti che cosa ci facesse la signora Aliyeva arrivata da così lontano. Tanto più che non ci sono ospedali del San Raffaele in Azerbaigian. C’è petrolio, tanto petrolio. I pozzi sono la principale fonte di reddito. E Ilham Aliyev con la moglie erano in stretti rapporti con don Verzé e molto amici del vice, Mario Cal, il manager che si è suicidato il 18 luglio. Più volte Cal è stato ospite a Baku, la capitale azera, e trattato come un capo di Stato. Da questa relazione sarebbero nati anche affari privati e riservati, gestiti da un fiduciario svizzero che opererebbe a Lugano attraverso veicoli societari. Cointeressenze in pozzi petroliferi, secondo indiscrezioni tutte da provare. Che, però, sarebbero già arrivate all’orecchio dei consulenti della Santa Sede (subentrata nel cda della Fondazione Monte Tabor che guida il gruppo) e della Procura. C’è la pista azera, e sono da eliminare le ombre sull’ affaire immobiliare che vede per protagonista Raffaella Voltolini, 61 anni, una delle Sigille per eccellenza di don Verzé. È lei che il 7 febbraio acquista un appartamento (più box) in via Fratelli Cervi, sei vani all’interno della cosiddetta residenza alberata di Segrate (a due passi dall’ospedale). I 650 mila euro sono stati versati con otto assegni circolari, emessi da quattro banche diverse: due provengono dall’istituto di credito che ha concesso il mutuo da 320 mila euro, ma gli altri pagamenti? Fanno, davvero, riferimento ai conti correnti della Voltolini o sono da ricondurre alle casse ormai vuote della Fondazione Monte Tabor? Un altro interrogativo a cui dare risposta. 03 agosto 2011 12:19] Una fedelissima di Don Verzé comprò una casa poco prima dell'annuncio dell'insolvenza

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Un anno fa, il 14 marzo 2010, alla festa per i 90 anni, il fondatore del San Raffaele raccolse gli auguri di tantissimi amici e personalità. Era l'omaggio a un uomo che, a prescindere dalla crisi attuale, insieme con Mario Cal ha creato dal nulla un polo ospedaliero e della ricerca di livello europeo. C'era il premier Silvio Berlusconi, ministri, cardinali. Arrivò anche una bella signora dal Mar Caspio, Mehriban Aliyeva. Non una "sciura" qualsiasi ma nientemeno che la first lady della Repubblica dell'Azerbaigian. Il marito è il presidente-padrone Ilham Aliyev succeduto al padre Heydar, nel 2003, con modalità quasi dinastiche.

Lì per lì, con lo show Berlusconi-don Verzé e tanti vip, pochi si sono chiesti che cosa ci facesse la signora Aliyeva arrivata da così lontano. Tanto più che non ci sono ospedali del San Raffaele in Azerbaigian. C'è petrolio, tanto petrolio. I pozzi sono la principale fonte di reddito. E Ilham Aliyev con la moglie erano in stretti rapporti con don Verzé e molto amici del vice, Mario Cal, il manager che si è suicidato il 18 luglio. Più volte Cal è stato ospite a Baku, la capitale azera, e trattato come un capo di Stato. Da questa relazione sarebbero nati anche affari privati e riservati, gestiti da un fiduciario svizzero che opererebbe a Lugano attraverso veicoli societari. Cointeressenze in pozzi petroliferi, secondo indiscrezioni tutte da provare. Che, però, sarebbero già arrivate all'orecchio dei consulenti della Santa Sede (subentrata nel cda della Fondazione Monte Tabor che guida il gruppo) e della Procura.

C'è la pista azera, e sono da eliminare le ombre sull' affaire immobiliare che vede per protagonista Raffaella Voltolini, 61 anni, una delle Sigille per eccellenza di don Verzé. È lei che il 7 febbraio acquista un appartamento (più box) in via Fratelli Cervi, sei vani all'interno della cosiddetta residenza alberata di Segrate (a due passi dall'ospedale). I 650 mila euro sono stati versati con otto assegni circolari, emessi da quattro banche diverse: due provengono dall'istituto di credito che ha concesso il mutuo da 320 mila euro, ma gli altri pagamenti? Fanno, davvero, riferimento ai conti correnti della Voltolini o sono da ricondurre alle casse ormai vuote della Fondazione Monte Tabor? Un altro interrogativo a cui dare risposta.

03 agosto 2011 12:19

 

 

Joseph Foundation: nel bilancio la cassaforte di Vaduz

Due nuove società per salvare

dal fallimento il San Raffaele

Una Newco e una Bad company. Vendere tutto quello che non è sanità, ricerca e università

di MARIO GEREVINI E SIMONA RAVIZZA

MILANO - Due nuove società per salvare il San Raffaele. Sotto il peso di un miliardo di debiti l'ospedale fondato da don Luigi Verzé si avvia a cambiare veste giuridica, con la creazione di una New company (Newco) per l'attività sanitaria e di una Bad company per gli affari alternativi in perdita. L'argomento è all'ordine del giorno del consiglio di amministrazione di oggi della Fondazione Monte Tabor, la holding del gruppo ospedaliero. È un passaggio, se sarà confermato dal cda, non privo di importanti conseguenze: con la nascita di due società, nelle quali confluirà gran parte del business, dovrebbe venire smantellata la struttura decisionale su cui fa leva don Verzé per esercitare poteri da monarca assoluto.

La parola d'ordine è vendere tutto quello che non è sanità, ricerca e università. Di qui l'esigenza di creare una Bad company in cui concentrare le attività da dismettere. Addio fazendas (e ospedale) in Brasile, niente più albergo davanti all'isola di Tavolara, nessun centro sanitario Quo Vadis tra le colline del Veneto, neanche i fabbricati di Cologno Monzese si salvano. La vendita di tutte le attività non sanitarie era stata annunciata già a fine marzo, con l'ufficializzazione della crisi finanziaria. Quattro mesi dopo, e con l'ingresso del Vaticano nel cda della Fondazione Monte Tabor, gli interrogativi sono sempre gli stessi: andrà sul mercato anche l'ospedale di Olbia (Sardegna), appena costruito ma non ancora in funzione? E le Ville Turro, a Milano, sede del polo di neuropsichiatria? I due poliambulatori, il Respighi e il Resnati, che fine faranno? È la questione che, c'è da scommetterci, tiene impegnato in questi giorni Enrico Bondi, il risanatore di Parmalat, chiamato dalla Santa sede come superconsulente. Le decisioni non sono scontate: l'ospedale in Sardegna è un'attività core , ma con costi che potrebbero rivelarsi insostenibili. E, a proposito di Sardegna, ieri l'ex governatore, Renato Soru, ha voluto sottolineare la correttezza dell'operazione Shardna (cioè la vendita del suo 84% al San Raffaele) sostenendo, tra l'altro, che il gruppo di don Verzé dalla sua amministrazione non ha mai avuto favori.

Una cosa, comunque, è certa per la Fondazione Monte Tabor: la stampella che forse più delle altre tiene in piedi il bilancio 2010, l'ultimo firmato da don Verzé, è l'operazione di rivalutazione brasiliana, realizzata proprio in prospettiva della vendita dei terreni e dei fabbricati: gli appezzamenti terrieri di Salvador de Bahia erano iscritti a un valore contabile di mezzo milione di euro e sono stati portati a 25,7 milioni, l'Hospital Sao Rafael e i fabbricati civili sono stati rivalutati da 8 a 31 milioni. L'obiettivo è avvicinare il valore di bilancio al presunto valore di realizzo. In compenso, per prudenza, si è stabilito di ridurre del 30% le stime delle perizie dell'impresa Luis Lessa Ribeiro. Altra rivalutazione pesante, sostenuta anch'essa da perizie in prospettiva di una vendita, è quella della Blu Energy che prima era in bilancio a 8 milioni e ora a 22. È la società che fornisce energia al polo ospedaliero, ma pare la faccia pagare il doppio dei prezzi di mercato. Gran parte delle attività estere e fuori dal core business fanno capo, invece, alla Finraf, la principale controllata della Fondazione Monte Tabor, da cui dipendono tra l'altro la Airviaggi (proprietaria del Jet), la Vds (piantagioni brasiliane) e la Costa Dorata (hotel in Sardegna). Voci su cui sono state contabilizzate perdite per oltre 9 milioni.

E adesso servono soldi: le dismissioni sono fondamentali. Del resto, persino i muri sono stati dati in pegno: per ottenere il mutuo con la Banca europea per gli investimenti (Bei) da 165 milioni, il San Raffaele ha dato in garanzia ipotecaria immobili per un valore di 244 milioni. È necessario, però, anche fare chiarezza. Sempre in una delle voci del bilancio 2010 si trova citata, infatti, per la prima volta la misteriosa Joseph Foundation del Liechtenstein come controparte della Fondazione. Ma che ci fa il prete-manager con una Foundation in Liechtenstein, dove di norma nasconde il patrimonio chi sfugge dalle tasse se non dalle polizie? In quella scatola societaria ben protetta ci sarebbe un'ignota ricchezza finora sfuggita ai conteggi della Monte Tabor.

Intorno alla Joseph girano, infatti, le storie del presunto patrimonio estero di don Luigi Verzé. Di sicuro il fondatore del San Raffaele è tra gli amministratori insieme ad alcuni suoi fedelissimi, tra cui c'era anche Mario Cal, il manager suicidatosi. Lì dentro ci sarebbe una parte del patrimonio di Luigi Gedda, il famoso genetista, motore per decenni di Azione cattolica e morto nel 2000 a 98 anni. Una componente del tesoro sarebbe costituita da terreni a Gerusalemme di grande valore religioso e simbolico. Ora che la misteriosa cassaforte di Vaduz compare in bilancio come controparte della Fondazione Monte Tabor è probabile che Bondi voglia andare a fondo.

29 luglio 2011 15:39

 

 

 

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L'amico architetto

Non sono solo voci. Sono "confessioni" di chi quel "sistema" lo conosceva bene. Sono uomini e donne che a lungo hanno lavorato a fianco del prete-manager e del suo braccio destro. Raccontano al Corriere di politici "sovvenzionati" come fosse una prassi. E del "nero" come fosse un'esigenza ineluttabile per far fronte ai costi della Fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo. Anche perché talvolta le intuizioni e la forza propulsiva di don Verzé si perdevano in realizzazioni superflue e costosissime (60 milioni per la cupola). Dal sottobosco di relazioni oblique con la politica spunta il nome dell'architetto Renato Sarno. Era considerato "in quota" centrosinistra e particolarmente vicino a Filippo Penati, vicepresidente del consiglio regionale della Lombardia, fino a novembre scorso capo della segreteria politica di Pier Luigi Bersani, ex presidente della Provincia di Milano e prima ancora sindaco di Sesto San Giovanni. Affidare determinati lavori all'architetto Sarno, sostengono le fonti, voleva dire "coprirsi" sul fronte Penati. Quasi una tassa occulta, magari camuffata da consulenze milionarie. Prove? Nessuna. Sarno è un professionista molto quotato e stimato anche fuori dall'Italia, dove non guardano l'eventuale "targa" politica. A Monza, però, è indagato con Filippo Penati e altri nell'inchiesta del pm Mapelli su un presunto giro di tangenti nel periodo in cui l'esponente del Pd era sindaco. Sarno per don Verzé aveva progettato il San Raffaele Quo Vadis (150 milioni il costo stimato), l'"ospedale del benessere" in provincia di Verona. È probabile che la Procura di Monza allarghi l'orizzonte dell'inchiesta anche agli affari di Sarno con il San Raffaele per valutare se effettivamente siano avvenute triangolazioni di favori e denaro.

Elicotteri sospetti

Ma anche il servizio di elisoccorso potrebbe rientrare nella categoria dei rapporti "sospetti", cioè favoriti da un sistema di do ut des. Secondo le nostre fonti il Consorzio Elisoccorso San Raffaele avrebbe ottenuto negli anni scorsi una serie di collaborazioni con la "Milano Serravalle-Milano Tangenziali", anche grazie alle relazioni ben coltivate con Penati da Mario Cal. Era l'epoca (2004-2009) in cui il politico del Pd guidava la Provincia di Milano e quindi era l'azionista di maggioranza della Serravalle, che gestiva le tangenziali milanesi e l'autostrada per Genova. Cal teneva le fila del "traffico" finanziario con il mondo politico, spesso mediato da consulenti e faccendieri che funzionavano da cerniera tra l'apparato pubblico e il privato.

Lo strano affare di Soru

A tutt'altra categoria, invece, appartiene il rapporto con Renato Soru, ex presidente della Regione Sardegna. Un'operazione stranissima. Cal l'avrebbe riassunta così con uno dei suoi amici più stretti: "Soru con noi ha fatto un grande affare". Oggetto: la società Shardna, che si occupa di biotecnologie e in particolare di studiare il dna dei sardi. Soru dal 2000 ne deteneva un'ampia maggioranza (oltre l'80%) con il Banco di Sardegna al 13%. La società gode di finanziamenti regionali, il conflitto di interessi era evidente. Infatti, Soru nel 2006 annuncia la vendita della sua quota. Nel frattempo i conti di Shar peggiorano e il 2008 chiude in rosso, tanto da mettere in dubbio la continuità dell'azienda se i soci non aprono il portafoglio. È a quel punto che si fa l'accordo "San Raffaele-Soru".

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28 luglio 2011 11:16

 

 

 

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Dai nostri inviati

MARIO GEREVINI E SIMONA RAVIZZA

LUGANO - Tanto per arrivare subito al sodo: a Lugano c'è una società, la Iuvans International , che da anni intratterrebbe ambigui rapporti d'affari con il San Raffaele attraverso il faccendiere Pierangelo (detto Piero) Daccò. Costui, molto attivo nel settore della sanità, avrebbe il ruolo di ufficiale di collegamento tra l'ospedale milanese e un gruppo di manager e politici della Regione Lombardia guidata dal governatore Roberto Formigoni. Lo dicono al Corriere un fiduciario ticinese a conoscenza degli affari e fonti interne al San Raffaele molto vicine al fondatore don Luigi Verzé e al suo vice Mario Cal, suicidatosi una settimana fa. Secondo queste fonti l'ospedale milanese, in grave crisi e da pochi giorni preso in consegna dalla Santa Sede, aveva rapporti economici con Daccò solo in quanto "espressione" di un determinato ambiente politico in grado di influenzare i bilanci del gruppo.

Tangenti o calunnie? Al Corriere non risultano atti d'inchiesta giudiziaria e nemmeno documenti cartacei. Del resto la "ricevuta" non si usa in queste pratiche, spesso sofisticate, camuffate da consulenze o da prestazioni gonfiate. Sono tuttavia informazioni di prima mano, concordanti, raccolte presso chi ha visto all'opera Daccò. Le fonti affermano che "i vertici del San Raffaele quando trattavano con Daccò, cioè spessissimo, sapevano bene che lo svizzero era la longa manus degli uomini della Regione; solo questo era il motivo dei rapporti".

Insinuazioni? Possibile. Anche perché, lo ripetiamo, documenti che provino passaggi di denaro non ce ne sono. Qualcos'altro c'è però. Bisogna andare a Lugano, il paradiso del "nero".

Qui ha l'ufficio la Iuvans International , indicata come controparte del San Raffaele in molte transazioni finanziarie. In realtà la Iuvans di Lugano è una succursale della Iuvans bv olandese. E già qui si ha un piccolo assaggio di quel labirinto di finanziarie estere che si dipana intorno al faccendiere Daccò, italiano ma residente a Londra, con ufficio in Svizzera (ma anni fa anche a Nazareth) e casa a Sant'Angelo Lodigiano (Lodi). Poco conosciuto, ex fornitore di servizi di lavanderia per il Fatebenefratelli, interessi in Cile, sembra essere il perno di un sistema d'affari nella sanità. La sua attività è piuttosto inafferrabile. In un articolo del Corriere della Sera del lontano 2001, dedicato alla Compagnia delle Opere, il braccio economico di Comunione e Liberazione (Cl), Daccò veniva descritto come "un amico di Cl che segue l'attività dell'Ordine del Fatebenefratelli".

La Iuvans , la società svizzero-olandese a lui riconducibile, fa consulenza. Cioè tutto e niente. Oggi Daccò non compare più tra gli amministratori ma fino a due anni fa gestiva la succursale insieme al consulente fiscale ticinese Rudy Cereghetti e alla società Zenco Management di Rotterdam.

Cereghetti? Un anno fa, nell'ambito di un'inchiesta a Massa Carrara sul fallimento di un immobiliarista, finì in carcere per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e bancarotta fraudolenta. In Calabria, a Cosenza, gli è stata recentemente confermata in secondo grado una condanna a 6 anni per riciclaggio.

Zenco Management , l'altro soggetto che amministrava la Iuvans di Daccò, la ritroviamo indicata in un documento della Sec (la Consob di Wall Street) come management company della Rocca & Partners Stichting . È la fondazione olandese al vertice del gruppo della famiglia Rocca, proprietaria, tra l'altro, di uno dei più importanti gruppi ospedalieri privati, l'Humanitas.

Connessioni, relazioni che viaggiano sull'asse Milano-Lugano- Rotterdam. Daccò in mezzo.

Ma c'è un'altra Iuvans , italiana, fallita nel 2003, che offriva servizi sanitari e che si porta dietro qualche segreto. Come un fascicolo giudiziario vuoto e per questo archiviato perché il curatore non avrebbe depositato le relazioni. Prima del 2000 il proprietario della Iuvans srl era Claudio Cogorno, uomo di sanità e di Cl nonché membro del consiglio direttivo della Compagnia delle Opere. Cogorno è rimasto socio per anni di Iuvans insieme a Daccò e a Roberto Sega, un medico vicino a Formigoni. Poi, prima che la società fallisse, il gruppetto girò le partecipazioni a una finanziaria olandese, la Expertisebureau di Rotterdam (memorizzare il nome). Fine della Iuvans italiana.

Nel frattempo partiva la Iuvans svizzero-olandese, quella delle presunte triangolazioni pericolose con il San Raffaele. Quando nacque, a Rotterdam, si chiamava Expertisebureau . Chissà se gli uomini di Cl sono ancora azionisti.

25 luglio 2011 10:41

 

IL CDA decisivo per l'ospedale

San Raffaele affidato a Bondi e Botti

"Proposta entro il 15 settembre"

L'ex a.d. di Parmalat e l'ex direttore generale dell'ospedale incaricati di salvare l'istituto dal fallimento

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L'ospedale San Raffaele (Fotogramma/E. Grosso)

L'ospedale San Raffaele (Fotogramma/E. Grosso)

MILANO - Board decisivo della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor per decidere la strada da seguire sul salvataggio dell'ospedale milanese. Il consiglio di amministrazione, nella riunione-fiume durata oltre sei ore, ha nominato come consulenti l'ex amministratore delegato di Parmalat Enrico Bondi e l'ex direttore generale dell'ospedale Renato Botti. Bondi, si legge in una nota, si è subito riunito con i legali dello studio Gianni e Origoni e altri consulenti per l'avvio delle operazioni necessarie "per accelerare la definizione di un quadro contabile". Per Bondi, secondo le indiscrezioni dei giorni scorsi, si delinea il ruolo ancora una volta di "risanatore", mentre a Renato Botti verrebbe affidato un ruolo più gestionale delle attività sanitarie. "Nel frattempo il Cda ha proseguito i lavori esaminando i diversi scenari che potrebbero risultare dall'attività di ricognizione contabile prospettando diverse ipotesi di soluzione. Quanto sopra - spiega nella nota il San Raffaele - anche al fine di assicurare il rispetto degli impegni assunti durante l'incontro del 21 luglio tra il neoconsigliere Gian Maria Flick, il professor Pini, il dottor Lamanna e il dottor Orsi, rispettivamente questi ultimi del tribunale e della Procura di Milano, per la predisposizione di una proposta concreta ed effettiva di risanamento entro il 15 di settembre assicurando, nel frattempo, la massima trasparenza e collaborazione con l'autorità giudiziaria".

L'ULTIMATUM - Giovedì la Procura di Milano aveva dato un ultimatum a Giovanni Maria Flick, consigliere di amministrazione del San Raffaele, che durante l'incontro in tribunale aveva chiesto tre mesi per presentare un piano di salvataggio. Il pubblico ministero Luigi Orsi, in accordo con il presidente della sezione fallimentare, Filippo Lamanna, aveva dato tempo appunto fino al 15 settembre, altrimenti verrà presentata un'istanza di fallimento. Per gli inquirenti la situazione della Fondazione è "opacissima" e potrebbe addirittura sforare la somma di un miliardo di euro, considerata finora l'ammontare dei debiti dell'istituto, anche se gli interlocutori sentiti avrebbero assicurato di "avere cassa". Anche per questo la procura ha chiesto segnali concreti, informative, aggiornamenti.

IL CORDOGLIO - "Il Consiglio ha espresso cordoglio per la scomparsa dell'ex vice presidente dottor Mario Cal, invitando il professor Clementi a rappresentarlo alla celebrazione delle esequie". Nel pomeriggio Renato Botti ha lasciato la riunione per partecipare alla cerimonia funebre di Mario Cal. Alla riunione del cda non ha preso parte il presidente don Luigi Verzè, "assente giustificato". Don Verzè, visibilmente prostrato, ha dato l'estremo saluto all'amico nella camera ardente, ma non ha presenziato al funerale.

FASCICOLO SUL SUICIDIO - Intanto il fascicolo dell'inchiesta sul suicidio dell'ex vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, è passato nelle mani dei pm del pool reati economico-finanziari, Luigi Orsi e Laura Pedio, che hanno già aperto sul loro tavolo un'indagine conoscitiva riguardo la crisi finanziaria dell'ospedale. Nei giorni scorsi, il pm di Milano Maurizio Ascione, di turno il giorno in cui Cal si è ucciso con un colpo di pistola, aveva aperto un'inchiesta a carico di ignoti per istigazione al suicidio, come atto dovuto anche per fare i necessari accertamenti, compresa l'autopsia. Il pm aveva anche sentito nei giorni scorsi alcuni dipendenti e collaboratori del San Raffaele per ricostruire il contesto in cui è maturato il suicidio. Il fascicolo del pm Ascione è passato ora nelle mani dei pm del pool economico, che nelle scorse settimane avevano aperto un protocollo civile sullo stato finanziario in cui versa il San Raffaele, che ha circa un miliardo di euro di debiti.

Redazione online

22 luglio 2011(ultima modifica: 25 luglio 2011 10:41)

 

 

Giovanni Maria Flick aveva chiesto tre mesi. venerdì la seduta decisiva

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entro il 15 settembre o fallimento

L'ultimatum della procura di Milano al consiglio di amministrazione dell'ospedale

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Giovanni Maria Flick arriva in Procura (Fotogramma)

Giovanni Maria Flick arriva in Procura (Fotogramma)

MILANO - La Procura di Milano ha dato un ultimatum a Giovanni Maria Flick, consigliere di amministrazione del San Raffaele che durante l'incontro in tribunale ha chiesto tre mesi per presentare un piano di salvataggio. Il pubblico ministero Luigi Orsi, in accordo con il presidente della sezione fallimentare, Filippo Lamanna, ha dato tempo fino al 15 settembre, altrimenti verrà presentata un'istanza di fallimento.

TRE MESI - Davanti alle richieste di oltre tre mesi di tempo da parte di Flick per predisporre il salvataggio o probabilmente una richiesta di concordato preventivo, i magistrati hanno chiesto relazioni informative costanti sullo stato del piano e sulla situazione contabile e hanno concesso meno di due mesi di tempo al Cda per scongiurare il fallimento del San Raffaele. Ma la richiesta di fallimento, si apprende in ambienti giudiziari, potrebbe arrivare anche prima, in assenza delle garanzie richieste.

SITUAZIONE - Per gli inquirenti la situazione della Fondazione è "opacissima" e potrebbe addirittura sforare la somma di un miliardo di euro, considerata finora l'ammontare dei debiti dell'istituto, anche se gli interlocutori sentiti avrebbero assicurato di "avere cassa". Anche per questo la procura ha chiesto segnali concreti, informative, aggiornamenti, altrimenti non si esclude che si passi direttamente a una richiesta di fallimento.

FUNERALE E SEDUTA DECISIVA - L'addio a Mario Cal, morto suicida lunedì scorso, è previsto nello stesso giorno in cui si decide il futuro del gruppo ospedaliero. Venerdì mattina infatti il nuovo Cda si riunirà a partire dalle 10.30 per una seduta cruciale per il futuro del gruppo, il cui buco ammonta a circa un miliardo di euro. Destini incrociati fino all'ultimo quelli dell'Istituto scientifico universitario e del suo ex vicepresidente. I familiari dell'imprenditore e i dipendenti del San Raffaele daranno l'estremo saluto a Cal dalle 11.30 nella camera ardente allestita nella suggestiva sala sovrastata dall'elica che rappresenta il Dna dell'uomo e dalla cupola trasparente su cui torreggia l'arcangelo Raffaele. Poi la cerimonia di addio, richiesta in forma privata dalla famiglia e prevista per le 14.30. A quanto si apprende non sarebbe prevista, almeno al momento, la presenza di politici ai funerali. E, forse, salvo cambiamenti dell'ultima ora, non sarà presente neanche don Luigi Verzè, provato dalla morte del suo braccio destro. Secondo fonti a lui vicine, avrebbe deciso di non esserci. La cerimonia sarà celebrata da padre Paolo Natta.

Redazione online

21 luglio 2011 19:41

 

 

20112011-07-22

san raffaele

Politici e vip ai funerali di Cal

Molte personalità alle esequie del braccio destro di Don Verzé: dal ministro Fazio a Formigoni

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L'addio di don Verzè all'amico di una vita

MILANO - Molte le personalità del mondo politico e delle istituzioni, ma anche del mondo del volontariato, della sanità e dello spettacolo, presenti alle esequie di Mario Cal, il braccio destro di don Verzè, morto suicida lunedì scorso nel suo ufficio al sesto piano dell'ospedale San Raffaele. Sotto la grande cupola dell'ospedale, sovrastata dalla statua dell'arcangelo, sono arrivati tra gli altri il ministro della Salute Ferruccio Fazio, il presidente della Regione Roberto Formigoni e il presidente della Camera di Commercio di Milano Carlo Sangalli. Presenti anche il cantante Albano Carrisi, l'attore Renato Pozzetto, il presidente di Promos Bruno Ermolli e l'assessore della Regione Lombardia Alessandro Colucci.

SALUTO ALL'AMICO - Il primo a rendere omaggio questa mattina alla salma dell'amico, composta all'interno della camera ardente, era stato don Luigi Verzè, fondatore del San Raffaele. Il sacerdote ha atteso la salma nel ciborio, ed è rimasto in lacrime vicino alla bara sormontata di fiori multicolori accanto a Tina, la vedova di Cal. Don Verzè ha partecipato al primo momento di preghiera, e quando padre Charles Vella gli ha porto l'aspersorio (così come alla vedova) si è alzato e ha asperso l'acqua santa. Poi, visibilmente provato, ha lasciato il ciborio, dove erano presenti fra gli altri il professor Alberto Zangrillo, primario dell'Anestesia e medico di Silvio Berlusconi, e don Antonio Mazzi, presidente della Fondazione Exodus.

La camera ardente di Mario Cal

La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal La camera ardente di Mario Cal

IL RICORDO - "Prima di essere cristiani bisogna essere gentlemen, e Carlo lo era". Così don Charles Vella, responsabile delle relazioni sociali del San Raffaele fino al 2003, ha ricordato Mario Cal all’uscita dalla camera ardente, dopo aver pronunciato un saluto all’apertura. "Era solare e sempre con un bel sorriso, anche se spesso portava delle croci pesanti - ha spiegato - era un uomo di carità". A dimostrarlo, per esempio, le suore spagnole, stamani presenti e che Cal per 50 anni ha aiutato "fino a pochi giorni fa". Venerdì scorso, esattamente una settimana fa, don Vella era in compagnia di Mario Cal, "e dovevamo vederci questa settimana per prendere un boccone assieme, come piaceva dire a lui". Don Charles Vella si è detto stupito del gesto, e se lo spiega così: "Penso che si sia sentito alla fine isolato, con sofferenza un po' solo, e certamente non è lui il responsabile di tutto ciò che è successo".

Redazione online

22 luglio 2011 15:43

 

 

 

 

San Raffaele - I pm danno l'ultimatum: piano di salvataggio o fallimento

Lettera-testamento di Cal

"No al piano del Vaticano"

Il testo ai consiglieri 72 ore prima del suicidio

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Mario Cal, amico e braccio destro del presidente del San Raffaele (Ansa)

Mario Cal, amico e braccio destro del presidente del San Raffaele (Ansa)

MILANO - Una lettera-testamento inviata 72 ore prima di togliersi la vita in cui viene di fatto contestata l'entrata del Vaticano nel salvataggio del San Raffaele. L'ha spedita venerdì scorso Mario Cal, il vice suicida di don Luigi Verzé. Destinatari, tutti i consiglieri di amministrazione del cda travolto dalla voragine dei debiti, il collegio sindacale, il prefetto di Milano, il ministro della Salute e i revisori dei conti. Così il manager che lunedì si è sparato un colpo di pistola alla testa spiega per l'ultima volta perché, a suo avviso, il piano di salvataggio dell'imprenditore della sanità privata Giuseppe Rotelli era da preferire all'entrata del Vaticano. È una risposta alle accuse dei banchieri Carlo Salvatori e Ennio Doris che imputavano a lui e a don Verzé manovre sotterranee in contrasto con le decisioni del consiglio di amministrazione. Tramite la società di famiglia Velca, Rotelli era disposto a investire immediatamente 250 milioni di euro con la garanzia di fare fronte a tutti i pagamenti. Ma, alla fine, le scelte di don Verzé sono andate in altra direzione. L'ultimo saluto a Mario Cal sarà dato oggi alle 14.30 sotto la stessa Cupola che l'ha visto uccidersi.

Il vice di don Verzé si è tolto la vita nella stanzetta per le riunioni del 6° piano sotto l'ufficio del fondatore dell'ospedale e oggi, sempre lì ma al pianterreno, si svolgerà il funerale. Una scelta non condivisa da molti raffaeliani. Non è scontata la presenza del sacerdote che, al momento, non pare intenzionato a partecipare alla cerimonia funebre. La messa sarà celebrata da don Paolo Natta, uno dei Sigilli, i fedelissimi del prete manager.

E, intanto, restano soltanto 55 giorni di tempo per salvare il San Raffaele dalla bancarotta. Li ha concessi ieri la Procura di Milano agli uomini del Vaticano che dovranno presentare un piano di risanamento del colosso ospedaliero a rischio di crac per un miliardo di debiti entro il 15 settembre. Oltre, c'è il baratro del fallimento, inevitabile davanti a decreti ingiuntivi di fornitori non pagati per almeno 60 milioni di euro. All'incontro, che si è svolto alla Sezione fallimentare del Tribunale, hanno partecipato il pm Luigi Orsi, il giurista ex ministro Giovanni Maria Flick per conto del cda del San Raffaele e il presidente del Tribunale fallimentare Filippo Lamanna. In Procura ieri è stato sentito anche il revisore della Bdo, la società che si occupava della certificazione dei bilanci della Fondazione Monte Tabor. L'ultimo bilancio, per altro, quello approvato dal precedente cda, non è stato certificato poiché la Bdo ha dichiarato di non avere avuto tutti gli elementi per poter dare il via libera ai conti. Non solo: i pm titolari delle indagini, Luigi Orsi e Laura Pedio, hanno convocato e ascoltato anche un membro del collegio sindacale. Una mossa che rende evidente quanto i magistrati in questa fase stiano cercando di far luce sui bilanci e sulla contabilità del gruppo ospedaliero. Sullo sfondo, una carenza di informazioni e carte contabili tale da rendere impenetrabile una parte della contabilità e complicatissima la ricostruzione del rendiconto consolidato. Il buio è particolarmente accentuato sul fronte delle società estere. E gli stessi esperti della Deloitte, che nelle ultime settimane hanno condotto un'analisi dei conti a supporto del piano di ristrutturazione, avrebbero lamentato una grave mancanza di documentazione.

È il motivo per cui il segnale più importante che dovrebbe dare la nuova gestione alla Procura per allontanare il rischio di una richiesta di fallimento è negli uomini. Cioè mettere alla guida manager credibili, ma ancor di più dar loro i poteri necessari per governare il gruppo ospedaliero. È, forse, il passaggio più delicato perché vuol dire smantellare il sistema di potere di don Verzé che poggia sugli statuti della Fondazione e, al piano superiore, dell'Associazione Monte Tabor. Una governance semi-clandestina, ma vincolante, che garantisce a vita il potere a don Verzé e ai suoi fedelissimi. Se i nuovi uomini non prendono realmente le redini, è possibile che la richiesta di fallimento venga anticipata.

Del resto il vuoto al San Raffaele sta producendo danni ogni giorno che passa. Prevista per oggi la nomina di due superconsulenti: l'esperto di piani di risanamento Enrico Bondi (crac Parmalat) e uno dei manager storici (e più apprezzati) del San Raffaele Renato Botti, fino allo scorso gennaio direttore generale con piene deleghe, poi entrato in rotta di collisione con Don Verzè e Cal.

Mario Gerevini

Simona Ravizza

22 luglio 2011 12:22

 

 

 

 

2011-07-21

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Redazione online

 

 

 

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Illazioni? Cattiverie? Forse. E certo non aiuta a chiarire i dubbi la riservatezza maniacale con cui i bilanci della Fondazione vengono tenuti sotto chiave. Ma le voci adesso hanno le facce di "raffaelliani" vicini a Cal e a don Verzé. Escono timidamente allo scoperto e quelle operazioni dicono di conoscerle. Hanno paura e non fanno finta. Ovviamente chiedono di non essere identificati.

Operazione Auckland

Una delle nostri fonti insiste su "Assion nz", cerchia il nome sul foglio: "Vada a vedere quell'operazione". Il suicidio di Cal ha smosso l'omertà che circondava il San Raffaele. Si coglie un senso di ribellione verso la cappa di potere esercitata dal prete-manager.

"Sì, Assion, l'aereo - picchia l'indice sul foglio un altro ex fedelissimo -; in Nuova Zelanda con quella transazione è stata creata disponibilità per un uomo politico lombardo molto importante". Una mazzetta, insomma. Prove? Nessuna. Però in effetti le anomalie dell'affare sono molte.

L'operazione parte nel 2007. A farla è la Airviaggi controllata indirettamente dalla Fondazione Monte Tabor (al vertice del gruppo). "La controllante - si legge in un documento - ci ha finanziato l'acquisto dell'intero capitale di una società di aeronautica (Assion Aircraft & Yachting Chartering Service ltd di Auckland-New Zeland) titolare di un contratto di acquisto di un aeroplano Challenger CL604 in locazione finanziaria...". Da Milano a Auckland spediscono 8,5 milioni che aumentano inspiegabilmente a 12 milioni l'anno successivo. Però nel 2009 improvvisamente si scopre un buco da 11 milioni che la Fondazione deve coprire inviando altri soldi. Per la cronaca uno dei due amministratori della Assion è tale Reinhard Kurz delle Seychelles. Cioè un signore delle Seychelles amministra una finanziaria neozelandese utilizzata da una società italiana per acquistare un jet che va e viene da Milano.

Ultimo passaggio: Assion Aircraft viene chiusa il 28 aprile scorso. Non è un'operazione normale ma da qui a sostenere che è stata pagata una mazzetta ce ne passa.

Cassaforte a Vaduz?

E il tesoretto estero? Il deputato del Pdl Enrico Pianetta, secondo una delle fonti interne, avrebbe favorito in passato il flusso di fondi dall'Italia verso l'estero (soprattutto Brasile dove il San Raffaele ha molte attività). Ma prima di arrivare a destinazione quel patrimonio avrebbe fatto "sosta" in Svizzera, per poi ripartire più leggero. Illazioni anche queste? Forse. L'anno scorso parlò di cose simili ai pm di Palermo, sebbene in termini piuttosto confusi e generici, la pentita di un traffico di droga, Perla Genovesi, già assistente parlamentare di Pianetta quand'era senatore. Raccontava di finanziamenti a suo dire poco trasparenti procurati al San Raffaele dall'onorevole tramite la Commissione del Senato sui Diritti umani, da lui presieduta tra il 2001 e il 2006.

All'arcipelago estero apparterrebbero oggi fondazioni con funzione di casseforti occulte. Si fa il nome della Joseph Foundation di Vaduz in Liechtenstein che avrebbe in portafoglio, tra l'altro, proprietà e terreni a Gerusalemme.

Mario Gerevini

Simona Ravizza

21 luglio 2011 10:09

 

 

2011-07-20

[Esplora il significato del termine: piano di salvataggio del san raffaele: flick atteso giovedì in procura Suicidio Cal: "Un solo colpo al cranio" L’autopsia conferma la ricostruzione. L’accorato messaggio di don Verzè tra i necrologi sul "Corriere" NOTIZIE CORRELATE Un suicidio che riporta a Tangentopoli di Giangiacomo Schiavi Quegli strani affari all’estero dietro il buco (19 luglio 2011) Suicida il braccio destro di don Verzè (18 luglio 2011) L’ultimo giallo: la pistola spostata (18 luglio 2011) San Raffaele, finita l’era di don Verzè. I poteri al Vaticano Gerevini, Ravizza (16 luglio 2011) Profiti, l’ex ufficiale della Finanza nell’ex impero di don Verzé G.G.Vecchi (17 luglio 2011) San Raffaele, finisce l’era di don Verzè (15 luglio 2011) La Santa Sede salva il San Raffaele (6 luglio 2011) San Raffaele, "faro" della Procura (30 giugno 2011) Don Luigi Verzé e Mario Cal: erano inseparabili (Liverani) Don Luigi Verzé e Mario Cal: erano inseparabili (Liverani) MILANO - Un proiettile che è passato da parte a parte del cranio, poi è rimbalzato sulla parete del suo ufficio al San Raffaele. L’autopsia disposta sul corpo di Mario Cal, l’ex braccio destro di don Luigi Verzé, ha confermato in sostanza la ricostruzione della dinamica del suicidio. Un unico colpo ha tolto la vita del manager. I medici legali hanno consegnato mercoledì la relazione preliminare sull’esame autoptico. Intanto, da quanto si è saputo, il pm di Milano Maurizio Ascione entro giovedì darà il nulla osta per i funerali e la sepoltura dell’ex vicepresidente del gruppo ospedaliero. Dall’esame autoptico, in sostanza, non è emersa alcuna differenza sulle modalità del suicidio rispetto a quanto già appurato da inquirenti e investigatori. IL NECROLOGIO DI "DON LUIGI" - Intanto, a due giorni dal suicidio di Mario Cal, sulle pagine dei necrologi del Corriere della Sera è comparso il messaggio di cordoglio di don Luigi Verzè. Questo il testo: "Carissimo Mario, l’Opera San Raffaele che abbiamo fatto insieme alla luce di quel ] piano di salvataggio del san raffaele: flick atteso giovedì in procura

Suicidio Cal: "Un solo colpo al cranio"

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IL NECROLOGIO DI "DON LUIGI" - Intanto, a due giorni dal suicidio di Mario Cal, sulle pagine dei necrologi del Corriere della Sera è comparso il messaggio di cordoglio di don Luigi Verzè. Questo il testo: "Carissimo Mario, l'Opera San Raffaele che abbiamo fatto insieme alla luce di quel "Tutto è possibile a chi crede" di cui tu volesti adornata la porta del tuo ufficio resta opera di Dio. Tu ne hai visti i miracoli di salute restituita, ne hai visto e goduto i prodotti di scienza e di scoperte promettenti. Ora te li godi dal cielo e io, poveretto, lacrimando, non posso dirti che grazie. Tuo don Luigi".

FLICK IN PROCURA - Giovedì Giovanni Maria Flick, espressione della Santa Sede nel nuovo consiglio di amministrazione del San Raffaele, incontrerà il pm di Milano Luigi Orsi, il magistrato milanese che ha avviato un protocollo civile sulla situazione patrimoniale della casa di cura milanese, gravata da un indebitamento di circa un miliardo. L'incontro è previsto nel pomeriggio negli uffici della procura di Milano e, stando a quanto si apprende in ambienti giudiziari milanesi, servirà a Flick per chiedere più tempo per la presentazione di un piano di salvataggio. Allo studio dei magistrati milanesi c'è infatti l'ipotesi di chiedere il fallimento della fondazione fondata da don Luigi Verzè. Il concordato preventivo atteso nei giorni scorsi non è mai stato presentato. Anche l'esito del colloquio tra Flick e i pm milanesi servirà al Cda del board della Fondazione Monte Tabor, che con ogni probabilità si riunirà venerdì, a decidere quale strada percorrere per uscire dall'empasse in cui si trova il San Raffaele.

Redazione online

20 luglio 2011 16:53

 

 

I conti della Fondazione

Quegli strani affari all'estero dietro il buco

Dopo il suicidio di Mario Cal, braccio destro di don Verzè

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L'ospedale San Raffaele e il discusso arcangelo Gabriele sulla cima della cupola

L'ospedale San Raffaele e il discusso arcangelo Gabriele sulla cima della cupola

MILANO - "Su invito del presidente relaziona sull'argomento il vicepresidente dott. Mario Cal...". Si alza l'uomo dei conti. È il manager del San Raffaele che ha le chiavi della cassaforte. Dentro ci sono più debiti che soldi. Ma anche molti segreti. Quel giorno e quel consiglio di amministrazione hanno cambiato la vita dell'ex ciclista che è stato braccio destro, amico e "voce" di don Luigi Verzé. Forse è lì che la luce ha cominciato a spegnersi. Il colpo di pistola è l'ultima scintilla prima del buio.

Alle 10 di mattina del 23 marzo 2011, nell'Aula consiliare dell'Istituto scientifico San Raffaele al settimo piano di via Olgettina 60 a Milano, Mario Cal doveva relazionare il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor sul piano di ristrutturazione dei debiti. La Fondazione governa il gruppo. È il momento in cui la crisi dell'ospedale diventa pubblica. È il giorno in cui Mario Cal, 72 anni, esce dall'ombra di don Verzé, 91 anni, amico da 35 anni. Cal è vicepresidente con ampi poteri, il bilancio è in rosso profondo. All'inizio i messaggi sono rassicuranti: "Mancanza di liquidità passeggera". La realtà è ben più drammatica. Non è ristrutturazione ma salvataggio. Quasi un miliardo di debiti su 660 milioni di ricavi. I fornitori premono, i decreti ingiuntivi si susseguono.

Cal è l'interfaccia con banche e fornitori. Aveva elaborato un piano di rientro a inizio 2011: bocciato dalle banche. Gli argini erano già rotti. Di colpo il San Raffaele si trova nella tempesta. Sembra che i debiti siano emersi improvvisamente. Ma non è così. Don Verzé con le sue relazioni ad altissimo livello (Silvio Berlusconi su tutti) e con quella grande abilità nel mescolare scienza e sanità, no profit e business, biotecnologie e jet personali, ha tenuto a distanza banche creditrici e fornitori.

Mario Cal

Mario Cal

Cal intanto dava una veste contabile minimamente dignitosa agli slanci spesso visionari dell'onnipotente prete-manager. Come la cupola di 60 metri d'altezza sovrastata da una statua di 8 metri dell'angelo San Raffaele. Megalomania allo stato puro che però richiede liquidità. Ed evidentemente c'era. O si trovava. Curare le persone che cos'ha da spartire con gli hotel in Sardegna? O le piantagioni di manghi e meloni in Brasile? E quanti milioni sono stati buttati nella società neozelandese proprietaria del jet su cui viaggiava don Verzé? Era Cal a gestire i "capricci". Quando il coperchio è stato appena un po' sollevato, la "spazzatura" estera è piovuta sui bilanci.

Adesso ci sono gli uomini della Santa Sede. Strana operazione: si sono insediati prima ancora di aver tirato fuori un euro, senza aver fatto una valutazione accurata del gruppo e per questo assumendosi rischi elevati. Perché? Per convenienza dell'affare? Per bloccare il concorrente Giuseppe Rotelli? Per salvare l'Opera? Per evitare lo scandalo di un fallimento e l'irruzione dei pm? Entro fine mese, secondo alcune valutazioni, finiranno i soldi. Il concordato preventivo sembra l'unica strada.

Ma che fine farà la "consorteria" dei Sigilli? Sono i fedelissimi di don Verzé riuniti nell'Associazione Monte Tabor, la super holding semisegreta dove si contano i "soci dedicati" (quelli con più poteri) e i "soci ordinari". Qui, nell'ombra, per anni hanno governato uno dei più grandi e protetti imperi della sanità.

La cassaforte adesso ha perso il suo custode. E forse non è un caso che ieri mattina, subito dopo il suicidio, nell'ufficio di Cal si siano presentati, a caccia di carte contabili, Luigi Orsi e Laura Pedio, i due pm che si occupano dell'inchiesta conoscitiva sulla situazione debitoria del gruppo. Tra quelle carte dovrebbe esserci un documento datato 29 giugno 2011: c'è scritto che don Verzé e Mario Cal avranno per tre anni tutti i poteri sulle attività estere e su altre società. Un colpo di coda. Poi il colpo di pistola.

Mario Gerevini

19 luglio 2011 14:49

 

 

il progetto: una newco volta a rilevare il gruppo, aprendo anche ad altri investitori

San Raffaele, "faro" della Procura

Il gruppo San Donato offre 250 milioni

Il cda dell'azienda capitanata da Don Verzè, indebitata per oltre 900 milioni: "Interesse dalla Santa Sede"

MILANO - La procura di Milano ha acceso un "faro" sulla situazione finanziaria della Fondazione San Raffaele-Monte Tabor. In particolare, il pm di Milano Luigi Orsi, sulla base della legge fallimentare, ha avviato un protocollo civile per monitorare le condizioni finanziarie dell'ospedale di don Luigi Verzè. Non si tratta di un procedimento penale: la legge fallimentare assegna ai pubblici ministeri un potere di vigilanza tutte le volte che emergono, anche da notizie di stampa, dettagli su situazioni finanziarie di criticità, che possono portare a diverse strade, come la ristrutturazione del debito, il concordato preventivo o il fallimento. Alla procura è arrivata nei giorni scorsi la segnalazione da parte del Tribunale civile della presenza di numerosi decreti ingiuntivi da parte di creditori del San Raffaele. Mercoledì, inoltre, è stato sentito dal pm, proprio sulla base del protocollo aperto, Mario Cal, consigliere delegato della Fondazione San Raffaele. È attesa infine in Procura anche nuova documentazione sullo stato finanziario del San Raffaele.

LE TRATTATIVE - Dopo la riunione del cda il San Raffaele, con una nota, ha fatto sapere di essersi "riservato di riunirsi a metà luglio per esaminare lo stato delle trattative ed assumere le delibere definitive". In particolare, Don Verzè ha informato i consiglieri del "vivo interesse manifestato dalla Santa Sede" a supportare la Fondazione nel piano di salvataggio e il consiglio "ha raccomandato di approfondire e di perseguire questo percorso". Inoltre il patron del gruppo ospedaliero San Donato, Giuseppe Rotelli, avrebbe offerto 250 milioni "cash" per salvare il San Raffaele. Rotelli, attraverso la finanziaria di famiglia Velca, avrebbe proposto di costituire una newco volta a rilevare il gruppo San Raffaele e sarebbe disposto ad aprire questa nuova società anche ad altri investitori interessati, al punto di scendere lui stesso sotto il 51 per cento. Il San Raffaele nel proprio comunicato non ha fatto riferimenti espliciti a questa proposta, ma alcune fonti hanno fatto sapere che verrà considerata. Al tempo stesso è stato spiegato che per conto della Santa Sede non si è fatto avanti il Bambin Gesù, come indicato da alcune indiscrezioni di stampa. Più facile invece che a scendere in campo sia lo Ior.

I DEBITI - Il gruppo San Raffaele, come noto, ha debiti per oltre 900 milioni di euro, un fatturato di 600 milioni e perdite dichiarate per circa 60 milioni. Per questo motivo il cda era chiamato a esaminare tutte le proposte per salvare la società che altrimenti rischierebbe il fallimento. Secondo quanto si apprende, allo stato attuale di offerte sul tavolo ce ne sarebbe una sola.

Redazione online

30 giugno 2011(ultima modifica:

01 luglio 2011 11:35)

 

18/07/2011

Un suicidio che riporta a Tangentopoli

Scritto da: Giangiacomo Schiavi alle 13:46 del 18/07/2011

Un colpo di pistola riporta Milano a un cupo periodo di suicidi, veleni e sospetti, a una stagione lontana che qualcuno in questi giorni rievoca, perchè le analogie con gli anni di Tangentopoli diventano tante. Mario Cal, braccio destro di don Luigi Verze, fondatore e dominus del San Raffaele, si spara nel suo ufficio lasciando una lettera alla moglie e alla segretaria. La prima è in mano ai magistrati, la seconda contiene un ringraziamento ed un saluto, con le scuse per il tragico gesto.

Perchè si è sparato, come mai aveva una pistola, che cosa temeva dopo il consiglio di amministrazione di venerdì, a chi ha confidato prima di morire il peso che aveva dentro? Con cautela affiorano domande alle quali dovrà rispondere la Procura, che ha aperto un'inchiesta su una morte che ricorda, un pò troppo da vicino, quella di altri protagonisti dell'economia e della finanza nazionale tra il 92 e il 93. Fin da ora si può dire che dietro il suicidio di Cal c'è la voragine dei debiti accumulati dal San Raffaele, un miliardo di euro, secondo le banche creditrici, impegnate da mesi in una difficile operazione di salvataggio, per evitare la bancarotta dell'ospedale e della Fondazione assediati dalle aziende creditrici. Proprio qualche giorno fa il consiglio di amministrazione aveva approvato il piano presentato dal Vaticano, attraverso lo Ior e una charity internazionale, che escludeva di fatto un suo ruolo nella nuova gestione. Mario Cal si portava addosso il peso di una situazione che per il San Raffaele era diventata insostenibile: ma fino all'ultimo aveva sperato di restare in gioco, anche con il nuovo corso. I nuovi finanziatori dell'ospedale avevano invece chiesto mano libera nella gestione, e per il risanamento del San Raffaele era stato chiamato l'ex liquidatore di Parmalat, Enrico Bondi, come advisor gradito ai maggiori referenti dell'operazione, dalle banche a Gianni Letta, dal Vaticano alla Procura. Per Mario Cal si profilava un ruolo marginale, all'ombra di un don Verzè ridimensionato, senza più deleghe operative. Da plenipotenziario al corrente di tutti i segreti dei bilanci sotto inchiesta del San Raffaele a uomo senza più accesso a nessuna contabilità. E' stato questo il motivo del suicidio? Lo avrà rivelato nella lettera alla moglie? Il giallo c'è tutto, e con una pistola sventatatamente rimossa da un inserviente e le voci che si ricorrono al San Raffaele, resta la difficoltà di un salvataggio sul quale da oggi pesano anche un morto e l'inchiesta della Procura.

 

 

 

 

2011-07-19

I conti della Fondazione

Quegli strani affari all'estero dietro il buco

Dopo il suicidio di Mario Cal, braccio destro di don Verzè

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Suicida il braccio destro di don Verzè (18 luglio 2011)

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San Raffaele, finita l'era di don Verzè. I poteri al Vaticano Gerevini, Ravizza (16 luglio 2011)

Profiti, l'ex ufficiale della Finanza nell'ex impero di don Verzé G.G.Vecchi (17 luglio 2011)

San Raffaele, finisce l'era di don Verzè (15 luglio 2011)

La Santa Sede salva il San Raffaele (6 luglio 2011)

San Raffaele, "faro" della Procura (30 giugno 2011)

L'ospedale San Raffaele e il discusso arcangelo Gabriele sulla cima della cupola

L'ospedale San Raffaele e il discusso arcangelo Gabriele sulla cima della cupola

MILANO - "Su invito del presidente relaziona sull'argomento il vicepresidente dott. Mario Cal...". Si alza l'uomo dei conti. È il manager del San Raffaele che ha le chiavi della cassaforte. Dentro ci sono più debiti che soldi. Ma anche molti segreti. Quel giorno e quel consiglio di amministrazione hanno cambiato la vita dell'ex ciclista che è stato braccio destro, amico e "voce" di don Luigi Verzé. Forse è lì che la luce ha cominciato a spegnersi. Il colpo di pistola è l'ultima scintilla prima del buio.

Alle 10 di mattina del 23 marzo 2011, nell'Aula consiliare dell'Istituto scientifico San Raffaele al settimo piano di via Olgettina 60 a Milano, Mario Cal doveva relazionare il consiglio di amministrazione della Fondazione Monte Tabor sul piano di ristrutturazione dei debiti. La Fondazione governa il gruppo. È il momento in cui la crisi dell'ospedale diventa pubblica. È il giorno in cui Mario Cal, 72 anni, esce dall'ombra di don Verzé, 91 anni, amico da 35 anni. Cal è vicepresidente con ampi poteri, il bilancio è in rosso profondo. All'inizio i messaggi sono rassicuranti: "Mancanza di liquidità passeggera". La realtà è ben più drammatica. Non è ristrutturazione ma salvataggio. Quasi un miliardo di debiti su 660 milioni di ricavi. I fornitori premono, i decreti ingiuntivi si susseguono.

Cal è l'interfaccia con banche e fornitori. Aveva elaborato un piano di rientro a inizio 2011: bocciato dalle banche. Gli argini erano già rotti. Di colpo il San Raffaele si trova nella tempesta. Sembra che i debiti siano emersi improvvisamente. Ma non è così. Don Verzé con le sue relazioni ad altissimo livello (Silvio Berlusconi su tutti) e con quella grande abilità nel mescolare scienza e sanità, no profit e business, biotecnologie e jet personali, ha tenuto a distanza banche creditrici e fornitori.

Mario Cal

Mario Cal

Cal intanto dava una veste contabile minimamente dignitosa agli slanci spesso visionari dell'onnipotente prete-manager. Come la cupola di 60 metri d'altezza sovrastata da una statua di 8 metri dell'angelo San Raffaele. Megalomania allo stato puro che però richiede liquidità. Ed evidentemente c'era. O si trovava. Curare le persone che cos'ha da spartire con gli hotel in Sardegna? O le piantagioni di manghi e meloni in Brasile? E quanti milioni sono stati buttati nella società neozelandese proprietaria del jet su cui viaggiava don Verzé? Era Cal a gestire i "capricci". Quando il coperchio è stato appena un po' sollevato, la "spazzatura" estera è piovuta sui bilanci.

Adesso ci sono gli uomini della Santa Sede. Strana operazione: si sono insediati prima ancora di aver tirato fuori un euro, senza aver fatto una valutazione accurata del gruppo e per questo assumendosi rischi elevati. Perché? Per convenienza dell'affare? Per bloccare il concorrente Giuseppe Rotelli? Per salvare l'Opera? Per evitare lo scandalo di un fallimento e l'irruzione dei pm? Entro fine mese, secondo alcune valutazioni, finiranno i soldi. Il concordato preventivo sembra l'unica strada.

Ma che fine farà la "consorteria" dei Sigilli? Sono i fedelissimi di don Verzé riuniti nell'Associazione Monte Tabor, la super holding semisegreta dove si contano i "soci dedicati" (quelli con più poteri) e i "soci ordinari". Qui, nell'ombra, per anni hanno governato uno dei più grandi e protetti imperi della sanità.

La cassaforte adesso ha perso il suo custode. E forse non è un caso che ieri mattina, subito dopo il suicidio, nell'ufficio di Cal si siano presentati, a caccia di carte contabili, Luigi Orsi e Laura Pedio, i due pm che si occupano dell'inchiesta conoscitiva sulla situazione debitoria del gruppo. Tra quelle carte dovrebbe esserci un documento datato 29 giugno 2011: c'è scritto che don Verzé e Mario Cal avranno per tre anni tutti i poteri sulle attività estere e su altre società. Un colpo di coda. Poi il colpo di pistola.

Mario Gerevini

19 luglio 2011 14:49

 

 

il progetto: una newco volta a rilevare il gruppo, aprendo anche ad altri investitori

San Raffaele, "faro" della Procura

Il gruppo San Donato offre 250 milioni

Il cda dell'azienda capitanata da Don Verzè, indebitata per oltre 900 milioni: "Interesse dalla Santa Sede"

MILANO - La procura di Milano ha acceso un "faro" sulla situazione finanziaria della Fondazione San Raffaele-Monte Tabor. In particolare, il pm di Milano Luigi Orsi, sulla base della legge fallimentare, ha avviato un protocollo civile per monitorare le condizioni finanziarie dell'ospedale di don Luigi Verzè. Non si tratta di un procedimento penale: la legge fallimentare assegna ai pubblici ministeri un potere di vigilanza tutte le volte che emergono, anche da notizie di stampa, dettagli su situazioni finanziarie di criticità, che possono portare a diverse strade, come la ristrutturazione del debito, il concordato preventivo o il fallimento. Alla procura è arrivata nei giorni scorsi la segnalazione da parte del Tribunale civile della presenza di numerosi decreti ingiuntivi da parte di creditori del San Raffaele. Mercoledì, inoltre, è stato sentito dal pm, proprio sulla base del protocollo aperto, Mario Cal, consigliere delegato della Fondazione San Raffaele. È attesa infine in Procura anche nuova documentazione sullo stato finanziario del San Raffaele.

LE TRATTATIVE - Dopo la riunione del cda il San Raffaele, con una nota, ha fatto sapere di essersi "riservato di riunirsi a metà luglio per esaminare lo stato delle trattative ed assumere le delibere definitive". In particolare, Don Verzè ha informato i consiglieri del "vivo interesse manifestato dalla Santa Sede" a supportare la Fondazione nel piano di salvataggio e il consiglio "ha raccomandato di approfondire e di perseguire questo percorso". Inoltre il patron del gruppo ospedaliero San Donato, Giuseppe Rotelli, avrebbe offerto 250 milioni "cash" per salvare il San Raffaele. Rotelli, attraverso la finanziaria di famiglia Velca, avrebbe proposto di costituire una newco volta a rilevare il gruppo San Raffaele e sarebbe disposto ad aprire questa nuova società anche ad altri investitori interessati, al punto di scendere lui stesso sotto il 51 per cento. Il San Raffaele nel proprio comunicato non ha fatto riferimenti espliciti a questa proposta, ma alcune fonti hanno fatto sapere che verrà considerata. Al tempo stesso è stato spiegato che per conto della Santa Sede non si è fatto avanti il Bambin Gesù, come indicato da alcune indiscrezioni di stampa. Più facile invece che a scendere in campo sia lo Ior.

I DEBITI - Il gruppo San Raffaele, come noto, ha debiti per oltre 900 milioni di euro, un fatturato di 600 milioni e perdite dichiarate per circa 60 milioni. Per questo motivo il cda era chiamato a esaminare tutte le proposte per salvare la società che altrimenti rischierebbe il fallimento. Secondo quanto si apprende, allo stato attuale di offerte sul tavolo ce ne sarebbe una sola.

Redazione online

30 giugno 2011(ultima modifica:

01 luglio 2011 11:35)

 

 

UN MINUTO PER MILANO

Di GIANGIACOMO SCHIAVI

18/07/2011

Un suicidio che riporta a Tangentopoli

Scritto da: Giangiacomo Schiavi alle 13:46 del 18/07/2011

Un colpo di pistola riporta Milano a un cupo periodo di suicidi, veleni e sospetti, a una stagione lontana che qualcuno in questi giorni rievoca, perchè le analogie con gli anni di Tangentopoli diventano tante. Mario Cal, braccio destro di don Luigi Verze, fondatore e dominus del San Raffaele, si spara nel suo ufficio lasciando una lettera alla moglie e alla segretaria. La prima è in mano ai magistrati, la seconda contiene un ringraziamento ed un saluto, con le scuse per il tragico gesto.

Perchè si è sparato, come mai aveva una pistola, che cosa temeva dopo il consiglio di amministrazione di venerdì, a chi ha confidato prima di morire il peso che aveva dentro? Con cautela affiorano domande alle quali dovrà rispondere la Procura, che ha aperto un'inchiesta su una morte che ricorda, un pò troppo da vicino, quella di altri protagonisti dell'economia e della finanza nazionale tra il 92 e il 93. Fin da ora si può dire che dietro il suicidio di Cal c'è la voragine dei debiti accumulati dal San Raffaele, un miliardo di euro, secondo le banche creditrici, impegnate da mesi in una difficile operazione di salvataggio, per evitare la bancarotta dell'ospedale e della Fondazione assediati dalle aziende creditrici. Proprio qualche giorno fa il consiglio di amministrazione aveva approvato il piano presentato dal Vaticano, attraverso lo Ior e una charity internazionale, che escludeva di fatto un suo ruolo nella nuova gestione. Mario Cal si portava addosso il peso di una situazione che per il San Raffaele era diventata insostenibile: ma fino all'ultimo aveva sperato di restare in gioco, anche con il nuovo corso. I nuovi finanziatori dell'ospedale avevano invece chiesto mano libera nella gestione, e per il risanamento del San Raffaele era stato chiamato l'ex liquidatore di Parmalat, Enrico Bondi, come advisor gradito ai maggiori referenti dell'operazione, dalle banche a Gianni Letta, dal Vaticano alla Procura. Per Mario Cal si profilava un ruolo marginale, all'ombra di un don Verzè ridimensionato, senza più deleghe operative. Da plenipotenziario al corrente di tutti i segreti dei bilanci sotto inchiesta del San Raffaele a uomo senza più accesso a nessuna contabilità. E' stato questo il motivo del suicidio? Lo avrà rivelato nella lettera alla moglie? Il giallo c'è tutto, e con una pistola sventatatamente rimossa da un inserviente e le voci che si ricorrono al San Raffaele, resta la difficoltà di un salvataggio sul quale da oggi pesano anche un morto e l'inchiesta della Procura.

 

 

 

 

 

 

2011-07-18

L'azienda ospedaliera fallita

Si spara il braccio destro di don Verzè

Mario Cal era stato ascoltato dai magistrati

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Mario Cal e don Luigi Verzè (foto Newpress)

Mario Cal e don Luigi Verzè (foto Newpress)

MILANO - Il vice di don Verzè all'ospedale San Raffaele di Milano, Mario Cal, si è sparato nel suo studio nello stesso ospedale ed è morto dopo il ricovero d'urgenza nel reparto di rianimazione. La notizia si è appresa in tribunale, dove l'avvocato Rosario Minniti ha partecipato a una riunione nell'ufficio del procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati insieme al capo del pool reati finanziari Francesco Greco e al pm Luigi Orsi.

TESTIMONE - Cal era stato ascoltato negli scorsi giorni dalla Procura della Repubblica, come testimone, per vedere di definire i contorni e le dimensioni del maxi buco dell'istituto di don Verzè, prima che il Vaticano aggregasse alcuni soggetti economici intorno a un piano di salvataggio. Cal ha lasciato una lettera di cui si ignora il contenuto. Secondo quanto si apprende, la Procura di Milano non aveva in corso alcun tipo di iniziativa giudiziaria nei suoi confronti.

Luigi Ferrarella

18 luglio 2011 14:51

 

[Esplora il significato del termine: l’ex viceprePRESIDENTE SUICIDA LASCIA due lettere, una alla moglie una alla segretaria "Era molto preoccupato per il S. Raffaele" E spunta il "giallo" della pistola L’avvocato di Cal: "Sapeva che non c’erano i mezzi per far fronte ai debiti". Spostata l’arma del suicidio NOTIZIE CORRELATE Si spara il braccio destro di Don Verzé di Luigi Ferrarella (18 luglio 2011) Mario Cal (Imagoeconomica) Mario Cal (Imagoeconomica) MILANO - Non conosce i motivi del suicidio. Ma conosceva bene lo stato d’animo di Mario Cal l’ex vicepresidente della Fondazione San Saffaele che si è ucciso con un colpo di pistola oggi a Milano. "Cal era molto preoccupato, non tanto per l’inchiesta, quanto per la situazione del San Raffaele" ha detto il suo avvocato, Rosario Minniti, che segue la vicenda del noto ospedale milanese e che questa mattina si trovava in Procura a Milano. "Era preoccupato per la situazione del San Raffaele perchè non c’era più la liquidità per pagare i fornitori" ha aggiunto Minniti. Cal era stato sentito tempo fa solo come persona informata sui fatti dal pm Luigi Orsi nell’ambito di un procedimento conoscitivo sui conti in rosso dell’istituto di ricovero e cura a carattere scientifico milanese. Il gruppo ospedaliero, indebitato per circa 900 milioni di euro, è alle prese con un nuovo piano industriale, una ristrutturazione finanziaria, e una contemporanea riorganizzazione aziendale con una probabile apertura a nuovi soci., in particolare il Vaticano, che si è offerto di ripianare i debiti. Lo scorso 7 luglio sono entrati nel nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, il docente dell’università Bocconi Maurizio Pini, il preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università Vita-Salute San Raffaele Massimo Clementi, l’ex ministro Giovanni Maria Flick, l’imprenditore Vittorio Malacalza e il presidente dell’ospedale Bambin Gesù di Roma Giuseppe Profiti, diventato una settimana dopo vice-presidente, "delegato con tutti i poteri". PREOCCUPATO - Secondo Minniti a preoccupare Cal non era quindi tanto la situazione debitoria, quanto il fatto che i crediti contratti dal nosocomio, di cui era vicepresidente della Fondazione, non rientrassero. Di fatto, spiega il legale "non c’erano i mezzi per far fronte al pagamento dei debiti". Il legale si è detto "molto dispiaciuto per la perdita di un caro cliente e un amico a cui sono stato vicino nei momenti di difficoltà, ma questa volta non mi è stato possibile". LA DINAMICA DEL SUICIDIO - Cal si era presentato nel suo ex ufficio intorno alle 10.30 per recuperare alcuni effetti personali, ha salutato la segretaria e si e’ chiuso dentro per alcuni minuti per raccogliere i suoi effetti personali dato che era dimissionario dalla settimana scorsa. Alcuni minuti dopo è risuonato il colpo di pistola. La segretaria, ancora in stato di choc, ha sentito un’esplosione provenire dall’interno della stanza, ha aperto la porta e ha trovato l’uomo steso a terra in una pozza di sangue. Cal si e’ sparato con una pistola a tamburo "Smith and Wesson" regolarmente detenuta che portava sempre con se per paura di aggressioni. LE LETTERE - Mario Cal ha lasciato due lettere prima di spararsi due colpi di pistola e togliersi la vita. Una delle due missive è indirizzata alla moglie, l’altra, stando alla prime informazioni, alla segretaria. Per adesso è ignoto il contenuto dell’estremo lascito del vicedirettore del San Raffaele, anche perchè la Polizia Scientifica sta procedendo all’analisi delle impronte digitali sulle buste. La moglie di Cal, da poco giunta al San Raffaele è in stato di shock e, ha riferito l’avvocato dell’uomo, Rosario Minniti, "non ha avuto nei giorni scorsi sentore nè avvisaglie, anche perchè era un uomo forte". Neppure le più strette collaboratrici di Cal avevano avuto la percezione di quanto stava per accadere. IL "GIALLO" DELLA PISTOLA - Nell’inchiesta aperta come di prassi dalla procura, spunta anche "il giallo" della pistola. L’arma con cui l’ex vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, si è ucciso stamani, è stata infatti spostata e infilata in un sacchetto da una persona che deve essere ancora identificata, probabilmente una delle prime ad entrare nella stanza dove l’ex braccio destro di Don Verzè si è ucciso. Per questo il pm di turno Maurizio Ascione ha disposto degli accertamenti per arrivare ad identificare chi, probabilmente in buonafede, ha spostato l’arma senza rendersi conto di aver inquinato la scena del suicidio. PIANO DI SALVATAGGIO - Sulla morte del braccio destro di Don Verzè è intervenuto anche Giovanni La Croce , l’attestatore del piano di salvataggio del gruppo ospedaliero per il quale la scomparsa di Cal, "è un evento tragico che rende ancor più improcrastinabile il deposito della domanda di concordato preventivo in tribunale". Redazione online 18 luglio 2011 14:21] l'ex viceprePRESIDENTE SUICIDA LASCIA due lettere, una alla moglie una alla segretaria

"Era molto preoccupato per il S. Raffaele" E spunta il "giallo" della pistola

L'avvocato di Cal: "Sapeva che non c'erano i mezzi per far fronte ai debiti". Spostata l'arma del suicidio

NOTIZIE CORRELATE

Si spara il braccio destro di Don Verzé di Luigi Ferrarella (18 luglio 2011)

Mario Cal (Imagoeconomica)

Mario Cal (Imagoeconomica)

MILANO - Non conosce i motivi del suicidio. Ma conosceva bene lo stato d'animo di Mario Cal l'ex vicepresidente della Fondazione San Saffaele che si è ucciso con un colpo di pistola oggi a Milano. "Cal era molto preoccupato, non tanto per l'inchiesta, quanto per la situazione del San Raffaele" ha detto il suo avvocato, Rosario Minniti, che segue la vicenda del noto ospedale milanese e che questa mattina si trovava in Procura a Milano. "Era preoccupato per la situazione del San Raffaele perchè non c'era più la liquidità per pagare i fornitori" ha aggiunto Minniti. Cal era stato sentito tempo fa solo come persona informata sui fatti dal pm Luigi Orsi nell'ambito di un procedimento conoscitivo sui conti in rosso dell'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico milanese. Il gruppo ospedaliero, indebitato per circa 900 milioni di euro, è alle prese con un nuovo piano industriale, una ristrutturazione finanziaria, e una contemporanea riorganizzazione aziendale con una probabile apertura a nuovi soci., in particolare il Vaticano, che si è offerto di ripianare i debiti. Lo scorso 7 luglio sono entrati nel nuovo consiglio di amministrazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, il docente dell'università Bocconi Maurizio Pini, il preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università Vita-Salute San Raffaele Massimo Clementi, l'ex ministro Giovanni Maria Flick, l'imprenditore Vittorio Malacalza e il presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma Giuseppe Profiti, diventato una settimana dopo vice-presidente, "delegato con tutti i poteri".

PREOCCUPATO - Secondo Minniti a preoccupare Cal non era quindi tanto la situazione debitoria, quanto il fatto che i crediti contratti dal nosocomio, di cui era vicepresidente della Fondazione, non rientrassero. Di fatto, spiega il legale "non c'erano i mezzi per far fronte al pagamento dei debiti". Il legale si è detto "molto dispiaciuto per la perdita di un caro cliente e un amico a cui sono stato vicino nei momenti di difficoltà, ma questa volta non mi è stato possibile".

LA DINAMICA DEL SUICIDIO - Cal si era presentato nel suo ex ufficio intorno alle 10.30 per recuperare alcuni effetti personali, ha salutato la segretaria e si e’ chiuso dentro per alcuni minuti per raccogliere i suoi effetti personali dato che era dimissionario dalla settimana scorsa. Alcuni minuti dopo è risuonato il colpo di pistola. La segretaria, ancora in stato di choc, ha sentito un’esplosione provenire dall’interno della stanza, ha aperto la porta e ha trovato l’uomo steso a terra in una pozza di sangue. Cal si e’ sparato con una pistola a tamburo "Smith and Wesson" regolarmente detenuta che portava sempre con se per paura di aggressioni.

LE LETTERE - Mario Cal ha lasciato due lettere prima di spararsi due colpi di pistola e togliersi la vita. Una delle due missive è indirizzata alla moglie, l'altra, stando alla prime informazioni, alla segretaria. Per adesso è ignoto il contenuto dell'estremo lascito del vicedirettore del San Raffaele, anche perchè la Polizia Scientifica sta procedendo all'analisi delle impronte digitali sulle buste. La moglie di Cal, da poco giunta al San Raffaele è in stato di shock e, ha riferito l'avvocato dell'uomo, Rosario Minniti, "non ha avuto nei giorni scorsi sentore nè avvisaglie, anche perchè era un uomo forte". Neppure le più strette collaboratrici di Cal avevano avuto la percezione di quanto stava per accadere.

IL "GIALLO" DELLA PISTOLA - Nell'inchiesta aperta come di prassi dalla procura, spunta anche "il giallo" della pistola. L'arma con cui l'ex vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, si è ucciso stamani, è stata infatti spostata e infilata in un sacchetto da una persona che deve essere ancora identificata, probabilmente una delle prime ad entrare nella stanza dove l'ex braccio destro di Don Verzè si è ucciso. Per questo il pm di turno Maurizio Ascione ha disposto degli accertamenti per arrivare ad identificare chi, probabilmente in buonafede, ha spostato l'arma senza rendersi conto di aver inquinato la scena del suicidio.

PIANO DI SALVATAGGIO - Sulla morte del braccio destro di Don Verzè è intervenuto anche Giovanni La Croce , l'attestatore del piano di salvataggio del gruppo ospedaliero per il quale la scomparsa di Cal, "è un evento tragico che rende ancor più improcrastinabile il deposito della domanda di concordato preventivo in tribunale".

Redazione online

18 luglio 2011 14:21

 

 

 

 

nato a lorenzaga di motta di livenza era sposato ma non aveva figli

L'ospedale, la briscola e il ciclismo

Chi era Mario Cal, 71 anni, il braccio destro di Don Verzè, morto suicida

Mario Cal (Ansa)

Mario Cal (Ansa)

MILANO - Settantuno anni, trevigiano, sposato senza figli, Mario Cal, morto suicida oggi a Milano, era stato per oltre 30 anni il braccio destro di Don Verzè. Di cui era amico praticamente da sempre. Memorabili le partite a briscola tra i due secondo quanto racconta chi li conosceva. Numero due della Fondazione dell'Ospedale, Cal ne era stato fino ad una settimana fa il gestore economico e finanziario. Poi aveva dovuto lasciare la carica nell'ambito del piano di risanamento voluto dal Vaticano, che si è offerto di ripianare gli oltre 900 milioni di euro di debiti dell'ospedale e ha portato a subentrare nella gestione operativa del nosocomio il presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, Giuseppe Profiti, attuale vicepresidente, "delegato con tutti i poteri".

CHI ERA - Mario Cal, era nato 71 anni fa in provincia di Treviso, a Lorenzaga di Motta di Livenza, dove tuttora vivono due fratelli. A Milano lascia invece la moglie. Appassionato di ciclismo Cal è stato per un periodo anche general manager della Malvor Bottecchia, squadra con cui nel 1989 portò Flavio Giupponi al secondo posto nel Giro d'Italia vinto dal francese Laurent Fignon. Successivamente gestì anche un impianto sportivo, l'Accademia del Tennis di Milano, insieme ad alcune altre piccole iniziative imprenditoriali. Introdusse al San Raffaele, primo caso in Italia, programmi computerizzati per la gestione delle pratiche ospedaliere. Ospedale per il quale fu anche arrestato nel novembre del 1994 per una presunta corruzione nei confronti di ispettori dell'ufficio imposte. Accusa da cui fu assolto dieci anni dopo per intervenuta prescrizione. Secondo il suo avvocato non riusciva a darsi pace della attuale mancanza di liquidità dovuta alla pesante situazione debitoria. Preoccupazione che potrebbe essere stata all'origine del tragico gesto con cui ha posto fine alla sua esistenza.

Redazione online

18 luglio 2011 14:50

 

 

 

2011-07-15

[Esplora il significato del termine: Via libera al nuovo cda San Raffaele, finisce l’era di don Verzè La prima riunione del board targato Vaticano conferisce tutti i poteri a Giuseppe Profiti. Enrico Bondi nuovo a.d.? Giuseppe Profiti (Ansa) Giuseppe Profiti (Ansa) MILANO - Si è concluso il cda della Fondazione Monte Tabor che guida il San Raffaele, la prima riunione del board targato Vaticano. Il cda ha dato piene deleghe al vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. Il nuovo Consiglio, composto dal preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell’università Vita Salute San Raffaele Massimo Clementi, dal giurista Giovanni Maria Flick, del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, dall’imprenditore Vittorio Malacalza, dal professore di accounting della Bocconi Maurizio Pini e da Giuseppe Profiti, "con l’espressa volontà del Presidente Luigi Maria Verzé, ha deliberato il conferimento al Consiglio stesso di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione". "Il Presidente ha delegato al vicepresidente Giuseppe Profiti e al Consiglio tutti i poteri, rinunciando all’esercizio degli stessi", prosegue la nota. IL NUOVO CDA - Il nuovo consiglio "ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un Piano di Risanamento nell’interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal Fondatore Don Verzè" precisa il comunicato. Il Consiglio "è fiducioso - conclude la nota - di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l’attività di risanamento al fine di salvaguardare le risorse umane impegnate nell’Opera e gli interessi di tutti gli interlocutori coinvolti nell’attuale crisi ed è altresì convinto che il San Raffaele continuerà ad esercitare il ruolo internazionalmente riconosciutogli nelle attività di clinica e di ricerca". INDISCREZIONI - Sulle indiscrezione che vorrebbero Enrico Bondi nuovo amministratore delegato, Profiti ha riferito "di non avere il picere di conoscere di persona il dottor Bondi e quindi di non poter confermare". Redazione online 15 luglio 2011 16:23] Via libera al nuovo cda

San Raffaele, finisce l'era di don Verzè

La prima riunione del board targato Vaticano conferisce tutti i poteri a Giuseppe Profiti. Enrico Bondi nuovo a.d.?

Giuseppe Profiti (Ansa)

Giuseppe Profiti (Ansa)

MILANO - Si è concluso il cda della Fondazione Monte Tabor che guida il San Raffaele, la prima riunione del board targato Vaticano. Il cda ha dato piene deleghe al vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. Il nuovo Consiglio, composto dal preside della facoltà di Medicina e chirurgia dell'università Vita Salute San Raffaele Massimo Clementi, dal giurista Giovanni Maria Flick, del presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, dall'imprenditore Vittorio Malacalza, dal professore di accounting della Bocconi Maurizio Pini e da Giuseppe Profiti, "con l'espressa volontà del Presidente Luigi Maria Verzé, ha deliberato il conferimento al Consiglio stesso di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione". "Il Presidente ha delegato al vicepresidente Giuseppe Profiti e al Consiglio tutti i poteri, rinunciando all'esercizio degli stessi", prosegue la nota.

IL NUOVO CDA - Il nuovo consiglio "ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un Piano di Risanamento nell'interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal Fondatore Don Verzè" precisa il comunicato. Il Consiglio "è fiducioso - conclude la nota - di avere il tempo e di essere in grado di portare avanti con serenità l'attività di risanamento al fine di salvaguardare le risorse umane impegnate nell'Opera e gli interessi di tutti gli interlocutori coinvolti nell'attuale crisi ed è altresì convinto che il San Raffaele continuerà ad esercitare il ruolo internazionalmente riconosciutogli nelle attività di clinica e di ricerca".

INDISCREZIONI - Sulle indiscrezione che vorrebbero Enrico Bondi nuovo amministratore delegato, Profiti ha riferito "di non avere il picere di conoscere di persona il dottor Bondi e quindi di non poter confermare".

Redazione online

15 luglio 2011 16:23

 

 

 

2011-04-06

La lista con le possibili dismissioni conta al momento una decina di voci

Hotel, aerei, fazendas e ospedali

Il piano vendite del San Raffaele

L'obiettivo: incassare subito 120 milioni per far fronte ai 900 di debiti

La lista con le possibili dismissioni conta al momento una decina di voci

Hotel, aerei, fazendas e ospedali

Il piano vendite del San Raffaele

L'obiettivo: incassare subito 120 milioni per far fronte ai 900 di debiti

Don Luigi Verzè (Newpress)

Don Luigi Verzè (Newpress)

MILANO - L'elenco delle vendite è pronto: per salvare dai debiti l'ospedale San Raffaele l'obiettivo è incassare subito almeno 120 milioni di euro. Così l'impero del sacerdote manager don Luigi Verzè, che fa capo alla fondazione Monte Tabor, è destinato a perdere alberghi, aziende agricole, proprietà terriere e, con ogni probabilità, persino due ospedali fuori Milano. È la fine di un'epoca: quella che, in 42 anni di sfide, ha visto il prete imprenditore, amico del premier Silvio Berlusconi, creare una galassia con jet, hotel e coltivazioni di mango e meloni in Brasile.

Il piano di dismissioni per fronteggiare il dilagante debito di oltre 900 milioni (di cui 400 nei confronti dei fornitori) procede a passo di carica. Non c'è ancora nulla di ufficiale. Ma, al momento, la lista con le probabili vendite di proprietà conta dieci voci. Scorrerle è come ripercorrere a ritroso l'espansione di un'attività che via via ha affiancato alla sanità i business più disparati. Tra gli affari periferici di don Verzè è finito l'hotel Don Diego, un quattro stelle di fronte all'isola di Tavolara (Olbia). Nella società che gestisce l'albergo sono entrati l'attore Renato Pozzetto, Mario Cal (da sempre braccio destro del fondatore del San Raffaele) e Roberto Cusin (ex titolare della Gemeaz Cusin, ristorazione collettiva). Gli ultimi consuntivi sono in rosso, ma l'immobile è valutato in bilancio 14,5 milioni. È destinata a finire in vendita anche un'altra proprietà in condominio con Cusin (33%): quella delle fazendas di Pernambuco. Piantagioni di mango e meloni che hanno un valore stimato in 15 milioni di euro, ma le società sono, ancora una volta, in perdita. Altro (ex) socio, stesso discorso. Don Verzè condivideva con il comico Pozzetto pure una mini compagnia aerea, l'Airviaggi, sempre candidata ad essere dismessa. Non sono ipotizzabili, però, grosse soddisfazioni contabili: all'Airviaggi fa capo sia l'elisoccorso del San Raffaele (in pareggio), sia la società neozelandese Assion Aircraft & Yachting Chartering, che ha il leasing del jet privato dell'ospedale. Nel bilancio, solo nel 2009, figurano perdite per 10 milioni. Risultato: i due soci di minoranza, Pozzetto (30%) e Peppino Marascio (10%) sono usciti dal capitale l'anno scorso. E l'autore de La vita l'è bela per il suo 30% s'è dovuto accontentare di 3.000 euro. Gli è andata persino bene perché è stata la Fondazione a farsi carico della perdita milionaria neozelandese. Ore contate, poi, per la Blu Energy che controlla l'impianto di cogenerazione a metano per fornire le utilities energetiche al San Raffaele: secondo gli ultimi dati disponibili è esposta per 113 milioni, di cui 80 con banche e 23 con fornitori.

Il piano di salvataggio prevede l'alienazione delle attività non strettamente collegate all'assistenza sanitaria, alla ricerca scientifica e all'università. Ma il risanamento dei conti renderà necessario, verosimilmente, mettere in vendita anche i miniappartamenti di Cologno Monzese (alle porte di Milano), nati con lo scopo di dare una casa agli infermieri e il nuovo hotel Rafael, a ridosso dell'ospedale, destinato principalmente ai familiari dei malati. E non finisce qui. Il pesante indebitamento va tamponato al più presto. Vanno tranquillizzati soprattutto i creditori, alcuni dei quali tentati da una riscossione coattiva dei soldi tramite decreti ingiuntivi. È il pericolo numero uno. Non è possibile, dunque, scongiurare l'ipotesi dell'alienazione di due ospedali, anche se chi è vicino a don Verzè non vuole neppure sentirne parlare. Il primo è a Olbia, una struttura non ancora ultimata da 200 posti letto per un investimento di oltre 150 milioni. L'altro è il Monte Tabor Hospital São Rafael a Salvador de Bahia con 300 letti. Il San Raffaele è proprietario dello stabile, ma non gestisce direttamente l'attività.

Il centro sanitario Quo Vadis, destinato a sorgere tra le colline del Veneto per sviluppare la medicina preventiva e personalizzata, resterà un sogno. Ma i 500 mila metri quadrati di appezzamenti agricoli sui quali doveva sorgere entro il 2012 valgono almeno 20 milioni di euro. Cambieranno proprietario, c'è da scommettere, i terreni per la produzione di vino Monte Tabor a Illasi (paese natale del sacerdote). Ma nella fondazione Monte Tabor, al vertice del gruppo, chi ha gestito in questi anni soldi, meriti e (oggi) debiti? L'organigramma è coperto da un alone di riservatezza. Si sa che don Luigi Verzè (91 anni) è il presidente del Cda, così come Mario Cal (71 anni) è il vicepresidente. Il banchiere Carlo Salvatori è la new entry del 2009, con le deleghe sul piano di risanamento (previsti l'arrivo di nuovi soci e la trasformazione della fondazione San Raffaele in Spa). Gli altri esponenti del vertice? Ancora una volta compare Roberto Cusin (70 anni) e ci sono Laura Ziller (66), responsabile dell'ospedale brasiliano São Rafael, e Gianna Zoppei (60), sovrintendente sanitario del polo ospedaliero. Infine, Ennio Doris (70), il gran capo di Banca Mediolanum, uomo di finanza, oggi costretto a un profilo bassissimo per la piega che ha preso la crisi del San Raffaele.Simona Ravizza

Mario Gerevini

06 aprile 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

San Raffaele, scandalo in corsia: ecco i verbali

Una truffa da 3,5 milioni di euro. L'indagine nata dallo scandalo Longostrevi

Il gip: "Un gruppo di novelli carbonari che chiedeva rimborsi spropositati"

di Walter Galbiati Emilio Randacio

"Serie sterminata di truffe", "inquietante scenario", "rimborsi spropositati". Dieci anni dopo il suo primo arresto, la gestione del reparto di "Medicina del sonno" dell’ospedale San Raffaele, da parte del suo primario, Luigi Ferini Strambi, sembra non essere cambiata.

Anzi. Perché se la vicenda del ’98, nata da una costola dello scandalo sul professore Luigi Poggi Longostrevi, si è conclusa "senza alcuna assoluzione nel merito", ma per prescrizione, quella scoperta oggi, sembra avere connotati ancora più inquietanti.

Il gip Luigi Varanelli lo sottolinea, promuovendo in toto il lavoro della procura. Basato su perizie riscontrate che dimostrano come l’ospedale San Raffaele abbia truffato lo Stato ottenendo tra il 2004 e il 2006, rimborsi per 3 milioni e 464 mila euro contro prestazioni in realtà effettuate per solo 575 mila.

L’ennesimo scandalo, in corsia quello scoppiato ieri, che punta però il mirino in uno dei reparti più all’avanguardia nel settore del sonno, che "nell’attività diagnostica valuta 6 mila pazienti all’anno".

Le verifiche partite nell’ottobre scorso hanno alzato il livello d’� attenzione della clinica Villa Turro diretta da Ferini Strambi, tanto che in incontri riservati, il primario e il suo staff pianificano la strategia da adottare con gli investigatori, preoccupandosi "di inquinare e vanificare le indagini in corso".

Perché quei summit, secondo la ricostruzione dei pm, altro non erano che "incontri per concordare le versioni e l'effettivo allineamento dei componenti dell'équipe per rendere dichiarazioni omogenee".

Siamo al 17 ottobre scorso, Ferini Strambi e i suoi medici si incontrano, e la "prospettiva di dover parlare del reparto dove lavorano li mette in ansia" e "appare prioritario concordare una versione unitaria da fornire agli inquirenti".

 

Il gruppo ha qualche timore, teme "di essere intercettato e studia strategie per neutralizzare le loro comunicazioni". "Da novelli " carbonari" - scrive il gip Varanelli nella sua ordinanza - (definizione che suonerebbe ironica se non ci ponesse di fronte alla sconcertante scoperta che dei medici, alcuni dei quali da poco affacciati alla vita professionale, dimostrano una tale propensione all’elusione delle leggi fino ad accettare la possibilità di porsi come favoreggiatori di un delitto), con un linguaggio che ritengono criptico, appena ricevuto l’invito di presentarsi davanti alla polizia giudiziaria si attivano infatti freneticamente, l’indagato Ferini Strambi in testa, per organizzare una riunione dove decidere la versione dei fatti a cui attenersi per evitare pericolose discordanze".

Tra le tante telefonate intercettate, una del 18 ottobre in cui viene citato anche il nome del presidente emerito della Repubblica, Francesco Cossiga, estraneo all’inchiesta, ma tra i tanti clienti illustri del professore Ferini Strambi.

(05 giugno 2008)

 

 

 

Ricoveri facili, una truffa da 3,5 milioni

In carcere il responsabile del centro di medicina del sonno, ai domiciliari il direttore sanitario. Sotto inchiesta la Fondazione di don Verzé

di Walter Galbiati Emilio Randacio

Bastava una semplice visita ambulatoriale, eppure prescrivevano in media tre giorni di degenza. Un trattamento speciale, anomalo rispetto alla prassi di molte altre strutture lombarde, che ha permesso alla Casa di Cura Ville Turro del San Raffaele di Milano di gonfiare i ricavi della divisione che si occupa delle malattie del sonno di 2,89 milioni di euro in tre anni.

Per quelle prestazioni, tra il 2004 e il 2006, l’ospedale avrebbe dovuto incassare poco più di 570 mila euro, invece ha ottenuto rimborsi per oltre 3,4 milioni. Il tutto a danno dell’Azienda sanitaria locale della città di Milano, che ha pagato il conto con i soldi della regione Lombardia.

L’inchiesta dei pm Grazia Pradella e Tiziana Sicilano era partita oltre un anno fa, ma ieri, nel timore che i presunti autori della truffa continuassero a operare, e nello stesso tempo nascondessero le prove, il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha arrestato su ordinanza del giudice per le indagini preliminari Luigi Varanelli, il responsabile del centro di medicina del sonno del San Raffaele, Luigi Ferini Strambi, finito in carcere, e il direttore sanitario Pasquale Mazzitelli, ai domiciliari.

Alla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, presieduta dal suo fondatore Don Luigi Maria Verzè, sono stati invece sequestrati contanti per 2,89 milioni, e viene contestato di non avere vigilato su suoi dipendenti in base alle responsabilità previste dalla legge 231. Don Verzè è indagato per omessa vigilanza.

Certo un esame come il "polisonnogramma", ovvero la misurazione di alcuni parametri del paziente come il respiro del naso e della bocca o i movimenti del torace e dell’addome durante il sonno, lasciano presagire la necessità del ricovero per osservare il malato di notte.

Ma di norma, come hanno sostenuto i periti della procura, avviene che l’apparecchio, "il polisonnigrafo", un misuratore che si applica al braccio, viene consegnato al paziente con le relative indicazioni per spegnerlo e accenderlo.

 

E, il giorno dopo, viene riportato in ospedale per scaricare i dati. Secondo la ricostruzione dei pm, lo schema tipo della truffa prevedeva il ricovero alla domenica pomeriggio, durante la quale il paziente veniva sottoposto solo a un semplice elettrocardiogramma.

La prima notte era considerata di adattamento all’ambiente, anche se poi l’esame vero e proprio avveniva in tutt’altra stanza. Il secondo giorno era dedicato esclusivamente agli esami del sangue e nel corso della notte si procedeva al "polisonnogramma".

Il terzo e ultimo giorno si concludeva con una visita di uno specialista di otorinolaringoiatria o di uno psicologo.

"Ci accusano — spiegano dal San Raffaele — di avere effettuato ricoveri con una durata di degenza superiore al necessario per ricavarne un ingiusto rimborso. Ma le linee guida nazionali ed internazionali confermino la correttezza del nostro operato. Peccato anche che, per casi analoghi, i migliori Centri del sonno Italiani effettuino ricoveri con degenze superiori alla nostra". La punta massima del San Raffaele per un polisonnogramma è stata di 17 giorni.

(05 giugno 2008)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it/

2011-08-06

 

 

 

 

2011-08-04

IL CASO

San Raffaele, indagato

il direttore finanziario

Mario Valsecchi gestiva appalti e consulenze per conto di Don Verzé. La procura vuole

capire se dietro il buco da un miliardo c´è soltanto la malagestione o un giro di tangenti

di WALTER GALBIATI

San Raffaele, indagato il direttore finanziario Il San Raffaele

Mentre Enrico Bondi nella sua nuova veste di "ristrutturatore" dell´Ospedale San Raffaele sfilava in pompa magna dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, in altre aule della procura veniva sentito come indagato Mario Valsecchi, il responsabile dell´area amministrativa e finanziaria della Fondazione che controlla la struttura sanitaria e ormai sull´orlo del crac sotto il peso di debiti per un miliardo di euro. La procura lo ha indagato per falso in bilancio e false scritture contabili.

Fino ad ora non si era saputo di nessuna iscrizione e lo stesso Valsecchi era stato sentito più volte solo come persona informata sui fatti. Da ieri le cose non stanno più così, perché la vicenda sembra essersi complicata dopo che una gola profonda ha iniziato a parlare di strane operazioni societarie con fornitori conniventi. Valsecchi da tempo occupava una posizione di notevole prestigio all´interno del San Raffaele e da tempo si stava battendo perché le operazioni finanziarie dell´ospedale venissero ricondotte a una gestione più oculata.

Il deus ex machina di tutto è sempre stato don Luigi Verzè, padre padrone e fondatore dell´ospedale, mentre Mario Cal, morto suicida a metà luglio, ne era il braccio esecutivo. Valsecchi era una sorta di direttore finanziario. Le deleghe che il consiglio della Fondazione gli aveva assegnato erano comunque ampie: "Negoziare e procedere all´apertura e alla chiusura di conti correnti bancari con banche italiane ed

estere o l´amministrazione delle poste e telecomunicazioni determinando importo e condizioni delle eventuali operazioni di fido e modalità di utilizzo dei conti correnti". A lui spettavano gli ordini di pagamento, affidare appalti e consulenze, siglare accordi superiori ai 500mila euro. Ora la procura vuole sapere da lui come si sia potuto arrivare a un buco da quasi un miliardo di euro. E soprattutto sapere se parte dei fondi dell´ospedale siano stati indirizzati a politici o semplicemente dissipati.

L´ultimo interrogatorio è stato condotto dal sostituto procuratore Laura Pedio che con il collega Luigi Orsi indaga sulla vicenda, proprio mentre i vertici della procura, il capo Bruti Liberati e l´aggiunto Francesco Greco, ricevevano una delegazione di avvocati (Francesco Gianni e il professor Alberto Alessandri) guidata da Enrico Bondi. La riunione ha avuto come fine quello di fare il punto sulla situazione dell´ospedale in seguito alla nomina del nuovo consiglio di amministrazione, che ha portato all´ingresso degli uomini del Vaticano, candidatosi a salvatore delle sorti del San Raffaele. Bondi ha il compito di gestire le dismissioni e la ristrutturazione a fianco dell´esperto di sanità, Renato Botti.

I nuovi amministratori hanno chiesto ulteriore tempo alla procura per poter portare a termine un esame approfondito sulla situazione finanziaria. I pm, infatti, erano già pronti a chiederne il fallimento, in quanto i vari tentativi di salvataggio si erano dimostrati inefficaci. Prima era stato proposto un piano delle banche, poi quello delle grandi famiglie milanesi sfociato in una offerta maggioritaria del solo gruppo Rotelli svanito anch´esso di fronte alla discesa in campo del Vaticano.

Eppure di fronte a tante offerte di salvataggio, nessuno finora ha mai messo sul tavolo i soldi necessari per assicurare il pagamento completo dei fornitori esposti per oltre 480 milioni di debiti. Motivo per il quale si stanno cercando ora delle soluzioni alternative, come il concordato fallimentare. Il termine è fissato per il 15 settembre, al termine della pausa feriale, data in cui scade l´ultimatum fissato dalla Procura e dal presidente della Sezione Fallimentare, Filippo Lamanna, per presentare un piano di salvataggio altrimenti verrà chiesto il fallimento.

(04 agosto 2011)

 

 

2011-07-21

IL CASO

San Raffaele, ultimatum della Procura

"Segnali certi o fallimento a settembre"

Giovanni Maria Flick, neoconsigliere di amministrazione della casa di cura fondata

da don Luigi Verzè, aveva chiesto altri tre mesi per presentare un concordato preventivo

San Raffaele, ultimatum della Procura "Segnali certi o fallimento a settembre" Giovanni Maria Flick nei corridoi del tribunale

 

In assenza di "segnali concreti" in grado di segnare un'inversione di tendenza sulla situazione economico finanziaria, la Procura di Milano chiederà il fallimento per il San Raffaele al massimo a metà settembre.

Le casse vuote del San Raffaele Cal progettò il suicidio Suicida il braccio destro di don Verzè Un buco da 900 milioni Il cupolone

Secondo quanto riferiscono qualificate fonti finanziarie, è un vero e proprio ultimatum quello lanciato dai magistrati milanesi a Giovanni Maria Flick, neoconsigliere di amministrazione della casa di cura fondata da don Luigi Verzè. La richiesta avanzata dall'ex presidente della Corte costituzionale di concedere al board altri tre mesi per presentare un concordato preventivo è dunque caduta (almeno parzialmente) nel vuoto.

(21 luglio 2011)

 

 

 

 

2011-07-20

IL CASO

Le casse vuote del San Raffaele

il fallimento non è più un tabù

La Procura di Milano è pronta ad avviare la procedura. Flick: "Dateci più tempo"

Per arrivare a fine agosto c'è bisogno di immettere nelle casse 30 milioni di euro

di ETTORE LIVINI

Le casse vuote del San Raffaele il fallimento non è più un tabù

Maledetta fu l'uva senza semi brasiliana. Hai voglia a curare malati, gestire i laboratori di ricerca medica tra i più avanzati d'Italia. A volte, don Luigi Verzè lo sa benissimo, il diavolo sta nei dettagli. E bastano un paio di misteriosi e originali investimenti all'estero (assieme alla zavorra di un miliardo di debiti) per mettere in ginocchio anche una realtà-modello come il San Raffaele.

Cal progetto il suicidio Suicida il braccio destro di don Verzè Un buco da 900 milioni Il cupolone

Il bilancio 2010 della Fondazione Monte Tabor parla chiaro: il core business della salute tira ancora, anche se meno di una volta, e ha garantito lo scorso anno 8 milioni di utile operativo. La vera palla al piede - oltre agli oneri finanziari - sono le oscure diversificazioni del sacerdote veronese oltre frontiera: in primis la voragine del Pernambuco, migliaia di ettari di vigne e mangheti nel cuore del Brasile, controllati (chissà perché) dalla Fondazione e costati in poco più di dodici mesi all'impero del manager di Dio almeno 10 milioni di perdite. Più dei soldi messi in cassaforte grazie al lavoro dei suoi 700 medici, peraltro già bruciati da altri 10,9 milioni persi dalla Assion Aircraft & Yachting, la controllata neozelandese proprietaria del Challenger Ci 604, il jet privato di don Verzè.

Il buco nero sudamericano è spuntato un po' a sorpresa a maggio dello scorso anno. Quando il sacerdote veronese ha riunito i suoi fedelissimi in via Olgettina per annunciare una variazione nell'organigramma del gruppo: la nascita della Vds Holding, società di diritto italiano destinata a inglobare i cinque grandi latifondi del Pernambuco controllati assieme alla famiglia veneziana dei Garziera. Una mossa necessaria per ottenere un finanziamento da 2,3 milioni dal ministero dello Sviluppo economico del governo Berlusconi (all'epoca di Claudio Scajola). Il San Raffaele ha ereditato così dalla sera alla mattina il 10% dell'uva senza semi da export brasiliana, 74 mila reais di mango e qualche tonnellata di concimi organici. Assieme, però, a più di 5 milioni di perdite nel 2010, altri 2,3 milioni a inizio 2011 (dati Deloitte) da sommare a una svalutazione da 1,1 milioni e a 3,5 milioni di crediti a rischio.

Peccato. Perché anche in Brasile, come in Italia, don Verzè è stato un misto di genio e sregolatezza. Se in Pernambuco si è aperta la voragine dell'uva senza semi, infatti, il patrimonio della sua Fondazione è stato invece puntellato nel 2010 dall'ospedale San Raffaele di Bahia, rivalutato per 57 milioni grazie a una perizia che l'ha valutato ben 94 milioni.

Su questo balletto un po' opaco di cifre (tra cui la spada di Damocle del maxi-indebitamento) ha aperto un dossier la Procura di Milano che tra l'altro, dopo l'apertura del fascicolo per il tragico suicidio di Mario Cal, può ora anche chiedere il fallimento del gruppo. I cavalieri bianchi disposti al salvataggio, del resto, sembrano per il momento un po' zoppi. Le banche sono pronte a garantire 150 milioni di liquidità ma in cambio di una procedura di concordato preventivo.

Il nuovo cda espressione della Santa sede sembra restio a seguire questa strada. Resta però il problema di trovare i mezzi freschi necessari per garantire l'operatività. Servono 20-30 milioni per arrivare a fine agosto e quasi 400, dicono gli advisor, per mettere in sicurezza l'intera galassia e tranquillizzare i creditori che hanno già fatto partire diversi decreti ingiuntivi. Giovanni Maria Flick, membro del cda designato dal Vaticano sarà oggi o domani in Procura a chiedere più tempo ai pm per consentire al nuovo vertice (in cui entrerà probabilmente Enrico Bondi) di mettere a punto un piano definitivo di salvataggio.

(20 luglio 2011)

 

 

 

NOI & VOI

DI GUGLIELMO PEPE

19

lug

2011

Non buttiamo il "bambino" San Raffaele

Di fronte ad un suicidio, forse bisognerebbe avere un certo rispetto. Senza rinunciare ovviamente al giudizio sull’operato della persona che sceglie di compiere questo atto estremo. Invece leggo parole cariche di odio contro don Verzè e company, che lasciano poco spazio al ragionamento.

Nel mio ultimo blog dedicato al testamento biologico ho ricevuto diversi post violentissimi contro il Vaticano, la chiesa, i preti, colpevoli – stando agli scriventi – delle peggiori nefandezze. Ho sempre pensato che nel nostro Paese ci sia un profondo anticlericalismo, in parte alimentato dalla Chiesa stessa (responsabile storicamente e nel presente di molte cose: ma non si può dire che il Vaticano "è un covo di pedofili"), in parte stimolato da un "estremismo ateo". Ma essere radicali, atei, non credenti, non significa dover seminare per forza odio. Non sono un credente, però rispetto chi ha fede in dio, nella madonna, nei santi, così come rispetto i preti che dicono messa, pregano, confessano e sono uomini che però dimostrano di avere fede e fiducia anche negli esseri umani (non c’è bisogno di fare i nomi di don Gallo, don Ciotti o sì?). Mi sembra, al contrario, che si tenda a generalizzare, a "demonizzare" (va bene, termine improprio in questo caso, però efficace), il Vaticano e tutti quelli che ne fanno parte.

La vicenda di don Verzé è emblematica da questo punto di vista. Che lui sia stato un prete più attento agli affari che alle preghiere è fuori discussione, che abbia avuto manie di grandezza è altrettanto vero, che abbia detto grandi sciocchezze è indiscutibile (tipo "Berlusconi mandato dalla divina provvidenza"). Così come è dura realtà il "buco" spaventoso, da lui generato, di quasi mille milioni di euro (come è stato possibile? la Procura ci dirà qualcosa? il suicidio del braccio destro di don Verzè è la conseguenza di imperdonabili errori amministrativi?).

Però il San Raffaele (3mila e settecento dipendenti e 57mila ricoveri annui) è universalmente riconosciuto come un polo sanitario di alta qualità, di prestigio. Di eccellenza, si usa dire. E un centro di ricerca di valore mondiale, che produce studi di peso internazionale realizzati da ricercatori di valore. Certo, si potrebbe obiettare, spendendo e spandendo milioni di euro a destra e manca tutti sono bravi, capaci. Non è così: abbiamo (purtroppo) numerosi esempi, soprattutto nel Centro-Sud, di spese sanitarie enormi che non hanno creato ricchezza aggiunta dalla ricerca, offrendo peraltro una qualità medico-assistenziale medio/bassa. E in queste stesse zone adesso viene applicato il nefando ticket di 10 euro che servirà a coprire (in piccola parte) i buchi di bilancio passati.

Perciò per usare una frase fatta, non buttiamo il bambino San Raffaele con l’"acqua sporca". Perché salvare questo polo sanitario e di ricerca va a salvaguardia della salute dei cittadini (non solo lombardi). Pertanto forse è meglio chiedersi, come fa la senatrice Fiorenza Bassoli, capogruppo Pd in commissione Sanità, "quale sarà il destino del San Raffaele di Milano dopo la tempesta che ha investito i più alti vertici della struttura ospedaliera più grande della Lombardia?". E vediamo se il ministro Fazio andrà in Parlamento "per chiarire gli oscuri contorni della vicenda".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-07-19

IL CASO

San Raffaele, parla il vigilante

"Ho visto Cal molto abbattuto"

Il pm ha sentito l'uomo che è intervenuto dopo che Mario Cal, il braccio destro di don Verzè,

si era esploso un colpo di pistola. "Ho allontanato l'arma perché temevo fosse ancora carica"

San Raffaele, parla il vigilante "Ho visto Cal molto abbattuto" Mario Cal

 

Nelle ultime due settimane aveva notato che Mario Cal era più "spento, taciturno e abbattuto". Lo ha dichiarato il responsabile del servizio di sicurezza e vigilanza del San Raffaele, sentito dal pm Maurizio Ascione, che si sta occupando del suicidio dell'ex braccio destro di don Luigi Verzè, che si è tolto la vita sparandosi un colpo alla tempia. L'uomo è stato convocato dal pm per chiarire i motivi per cui ha spostato la pistola usata da Cal e l'ha infilata in un sacchetto. Il vigilante ha spiegato che subito dopo aver sentito lo sparo, le persone e le segretarie che erano entrate nel suo ufficio "erano terrorizzate e nulla facevano per rianimarlo".

Suicida il braccio destro di don Verzè Un buco da 900 milioni Il cupolone

A questo punto il vigilante ha "dato un calcio alla pistola" per allontanarla da Cal, che era ancora vivo, e quindi consentire ai medici di soccorrerlo e di praticargli il massaggio cardiaco. Inoltre l'uomo ha spostato la pistola anche perché temeva ci fosse un altro colpo in canna e l'ha infilata in un sacchetto di plastica, per metterla al riparo ed evitare che venisse toccata da altri. Intanto, da quanto si è saputo, non è ancora stata trovata l'ogiva che ha ucciso Cal.

L'uomo, che ha fatto anche da autista a Cal, ha raccontato poi che negli ultimi quindi giorni oltre a vederlo più abbattuto del solito aveva notato una cosa insolita: parcheggiava sotto le piante e non più al solito posto di fronte alla portineria e raggiungeva il suo ufficio usando i sotterranei dell'ospedale. Ha poi spiegato che con l'ex braccio destro di don Verzè "c'era un consolidato rapporto di stima. Io dovevo tantissimo a quell'uomo". Davanti agli "attacchi dei quotidiani" che indicavano Cal come responsabile del crollo del San Raffaele, l'uomo ha raccontato che lui rispondeva che "non poteva farci nulla" e che davanti a ciò non aveva un atteggiamento "dimesso o da perdente, ma fiducioso nel rilancio" della struttura.

(19 luglio 2011)

 

 

IL CASO

Milano, suicida il vice di don Verzè

un colpo di pistola nel San Raffaele

Il braccio destro del fondatore si è tolto la vita nel suo ufficio all'interno dell'ospedale

L'avvocato: "Era preoccupato perché non c'era più la liquidità per pagare i fornitori"

di SANDRO DE RICCARDIS

Milano, suicida il vice di don Verzè un colpo di pistola nel San Raffaele Mario Cal (a destra) con don Luigi Verzè

Ha salutato i collaboratori e si è chiuso la porta alle spalle, ha dato un ultimo sguardo al giardino pensile al di là delle vetrate, ai piedi dell'arcangelo Raffaele costato due anni fa 2,5 milioni di euro, forse si è accorto del tuffo nelle acque della fontana di un ragazzo appena laureatosi in medicina. Poi Mario Cal, 71 anni, consigliere delegato della fondazione Monte Tabor, per oltre trent'anni alter ego di don Luigi Verzè, presidente e dominus del San Raffaele, si è ucciso con un colpo alla testa esploso dalla sua Smith & Wesson calibro 38, regolarmente detenuta e che portava sempre con sé.

Il grande regista delle finanze

I dipendenti del sesto piano, appena sotto l'ufficio del fondatore, vengono scossi dallo sparo, accorrono nella sala e vedono l'uomo a terra in una pozza di sangue. Cal viene portato in pronto soccorso alle 10.21, muore mezz'ora dopo nonostante i ripetuti tentativi di rianimazione. Sulla scrivania due lettere, scritte poco prima di uccidersi. Una è per la moglie Tina, l'altra per la segretaria: le ringrazia e dà l'addio. Nel testo anche un riferimento alle difficoltà dell'ospedale, sommerso da quasi un miliardo di euro di debiti. "Tutto quello che ho fatto - scrive - è stato per il bene del San Raffaele". Cal era ritornato per l'ultima volta nel suo ufficio. "Era preoccupato per i debiti dell'ospedale, che non aveva i mezzi per pagare i creditori - ha spiegato il suo avvocato Rosario Minniti - Si era confidato: "Non sono mai stato così addolorato nella mia vita come in questi giorni", mi aveva detto".

Don Verzè si tira fuori, il Vaticano nel San Raffaele

Lo scorso 29 giugno Mario Cal era stato sentito come persona informata sui fatti dal sostituto procuratore Luigi Orsi che intende far luce sulla situazione finanziaria del San Raffaele e - in particolare - ricostruire come si sono formati i debiti e come sono stati spesi i circa 440 milioni (su 600 di fatturato) che la Regione Lombardia versava ogni anno. Mario Cal era l'uomo della gestione economica e finanziaria, il manager che don Verzè avrebbe voluto alla guida della clinica anche dopo la sua uscita di scena.

Subito dopo la tragedia, gli uomini della guardia di finanza, coordinati dai pm Luigi Orsi e Laura Pedio, hanno acquisito la documentazione ancora presente nell'ufficio di Cal, che aveva già liberato le stanze nei giorni scorsi, dopo il cambio del cda di mercoledì scorso. L'arrivo alla vicepresidenza di Giuseppe Profiti, anche al vertice del Bambin Gesù di Roma, con l'azzeramento dei poteri di don Verzè, rimasto presidente onorario, avevano sancito anche la sua definitiva uscita di scena. E ieri il nuovo Cda della Monte Tabor ha espresso "sgomento e dolore per un gesto grave e imprevedibile".

Gli investigatori hanno messo in sicurezza computer e documenti nell'abitazione di Cal, considerati fondamentali per l'inchiesta a cui la procura intende dare un'accelerata già dalle prossime ore. Spetta invece al pm Maurizio Ascione ricostruire la dinamica della tragedia. Un fascicolo per istigazione al suicidio è stato aperto a carico di ignoti per poter eseguire l'autopsia, ogni altro accertamento tecnico (l'ogiva del proiettile non è stata trovata), e sequestrare la pistola, ritrovata in una busta di plastica, spostata probabilmente in buona fede da chi è intervenuto per prestare i primi soccorsi.

(19 luglio 2011)

 

 

 

 

 

 

 

2011-07-18

IL CASO

Milano, suicida il vice di don Verzè

un colpo di pistola nel San Raffaele

Il braccio destro del fondatore si è tolto la vita nel suo ufficio all'interno dell'ospedale

L'avvocato: "Era preoccupato perché non c'era più la liquidità per pagare i fornitori"

Milano, suicida il vice di don Verzè un colpo di pistola nel San Raffaele Mario Cal (a destra) con don Luigi Verzè

 

A Milano si è tolto la vita Mario Cal, 71 anni, numero due di don Luigi Verzè al San Raffaele. Nei giorni scorsi era stato ascoltato come testimone, in Procura, per la vicenda del maxi buco che ha coinvolto la struttura sanitaria milanese. La convocazione di Cal in Procura aveva segnato l’apertura di un nuovo e delicato fronte per il San Raffaele. Cal si è esploso un colpo di pistola alla testa, intorno alle 10.30, nel suo ufficio al San Raffaele, dove è stato immediatamente ricoverato in condizioni disperateè deceduto poco dopo. Cal aveva il porto d'armi e portava sempre con sé la pistola.

Il grande regista delle finanze

Il bollettino. "Mario Cal dopo ripetute manovre rianimatorie è deceduto alle 10.57 al pronto soccorso del San Raffaele, dove era stato portato alle 10.21", ha fatto sapere il primario Michele Carlucci. "Il vicepresidente è stato immediatamente soccorso e rianimato. Le sue condizioni sono apparse subito critiche e dopo un periodo di stabilizzazione dei parametri vitali, purtroppo, l'evoluzione non è stata favorevole".

La pistola spostata. L'arma adoperata da Cal per suicidarsi è stata spostata "indebitamente da un non meglio precisato addetto nell'ospedale". Lo riferiscono qualificate fonti della Procura di Milano, precisando che è intenzione di Maurizio Cascione, pm di turno che ha aperto un fascicolo sul caso, effettuare accertamenti per "capire chi l'abbia autorizzato a spostare l'arma". L'ipotesi più probabile è che si tratti di un'ingenuità da parte di una persona non esperta di rilievi e di procedure della polizia scientifica. L'uomo, tuttavia, verrà convocato al più presto in Procura per fornire la sua versione dei fatti.

Le lettere d'addio. Il pm Luigi Orsi, che l'aveva sentito nell'ambito dell'inchiesta sui conti dell'ospedale, si è recato immediatamente sul posto: con lui è atteso anche il procuratore Edmondo Bruti Liberati. Cal ha lasciato due lettere: una alla moglie e una alla segretaria. Per ora, tuttavia, non è noto il contenuto delle due lettere, perché la polizia scientifica sta prendendo le impronte digitali. "Era preoccupato per la situazione del San Raffaele perché non c'era più la liquidità per pagare i fornitori", ha ricordato il suo avvvocato e amico Rosario Minniti. "Per me è un grande dolore perché Mario Cal era un amico che ho sorretto nei momenti difficili, ma questa volta non ce l'ho fatta".

L'uscita di scena. Originario di Treviso, Cal aveva per anni affiancato il fondatore dell'ospedale milanese. Storico braccio destro di don Verzè e vicepresidente della Fondazione San Raffaele, solo venerdì scorso era stata sancita la sua uscita di scena con l'elezione di un nuovo cda per la fondazione e la nomina a vicepresidente di Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù di Roma, cui sono passate le deleghe operative per la gestione del gruppo ospedaliero.

"Un grande mediatore". La carriera lavorativa di Cal a Milano inizia nel ciclismo, alla Bianchi Colnago, come manager sportivo. Successivamente gestisce anche un impianto sportivo, l'Accademia del tennis di Milano, insieme con alcune altre piccole iniziative imprenditoriali. E' in questo periodo che conosce don Verzè e ne diventa il contraltare. Chi lo ha frequentato lo descrive come "un grande mediatore, anche a livello dei consigli di amministrazione; riusciva a portare a casa il massimo dalle situazioni complesse, a volte addirittura l'insperato". Ma era anche visto come "una persona gioviale, di ottima compagnia - dicono di lui - Abitava in una zona centralissima di Milano e fino a poco tempo fa si concedeva una pausa pranzo di un'ora e mezzo in un'osteria dietro la Rai, a mangiare qualcosa e fare partita a briscola con vecchi amici di sempre, per poi tornare al lavoro fino alle 20".

Don Verzè si tira fuori, il Vaticano nel San Raffaele

I nuovi vertici. Un netto cambiamento al vertice della fondazione era stato richiesto dalle banche creditrici del San Raffaele, gravato da poco meno di un miliardo di debiti. Al timone sono passati gli uomini indicati dalla Santa Sede (insieme con Profiti ci sono Giovanni Maria Flick, Ettore Gotti Tedeschi e Vittorio Malacalza), Maurizio Pini, docente dell'università Bocconi, e Massimo Clementi, preside dell'ateneo Vita-Salute.

La riunione del cda. La riunione del nuovo consiglio d'amministrazione del San Raffaele targato Vaticano è confermato per venerdì prossimo. Lo riferiscono fonti qualificate, precisando che l'appuntamento è ancor più indispensabile con la tragica scomparsa di Cal. In agenda c'è anche l'ipotesi di affidare un mandato a Enrico Bondi come superconsulente esterno del gruppo ospedaliero. Quanto al piano di salvataggio, viene spiegato che la domanda di concordato preventivo difficilmente verrà depositata dopodomani in tribunale, come previsto in precedenza, considerato che il nuovo cda non ha ancora esaminato le carte. E' presumibile che al board, ora guidato dal nuovo vicepresidente Profiti, possa servire qualche settimana.

(18 luglio 2011)

 

 

STATO E SPETTACOLO

Di FILIPPO CECCARELLI

18

lug

2011

La terribile profezia della pistola

Don Verzè e Mario Cal

Don Verzè e Mario Cal

Arbitrari e complicati sono i rapporti che collegano profezia e cronaca, ma a volte suonano irresistibili.

Così vale forse la pena di segnalare ciò che raccontò don Luigi Verzè a un giornalista di Wired nel febbraio del 2009. Il lungo servizio, intitolato "La fine della morte", è disponibile sul sito della rivista all’indirizzo: http://mag.wired.it/rivista/storie/la-fi…

Ma la parte dell’intervista che oggi più colpisce e anzi un po’ mette anche i brividi arriva verso la fine, quando il fondatore del San Raffaele racconta di come, mal visto dai suoi superiori nella chiesa milanese allora retta da monsignor Montini, il futuro Paolo VI, per ddar vita alla sua creatura non solo dovette aggirarli, ma riuscì anche a superare alcune difficoltà essendo stato denunciato al Sacro Ministero. E dunque: "Sono dovuto andare a Roma, ho subito un’ora di interrogatorio davanti a una commissione di monsignori. Hanno sentito le mie ragioni, poi uno di loro mi ha detto: ‘Lei non deve avere paura del Cardinal Montini. Lei deve avere paura solo di una cosa, di fallire! Nel caso le do un consiglio. Il giorno prima del fallimento si compri una pistola e si spari".

In nome del complesso e quindi imperscrutabile sistema di relazioni che governa le coincidenze non sembra il caso di aggiungere altro.

Scritto lunedì, 18 luglio 2011 alle 19:58 nella categoria Senza categoria. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.

 

 

 

DA L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/san-raffaele-ombre-dal-1994/2156548?ref=HREA-1

San Raffaele, ombre dal 1994

di Gianluca Di Feo

Mario Cal, il numero due di don Verzè morto suicida, 17 anni fa fu arrestato per una storia di mazzette e indagato da Di Pietro. L'inchiesta dell'allora pm puntava al cuore delle finanze della clinica, ma poi Tonino lasciò la magistratura

(18 luglio 2011)

Mario Cal e don Verzè Mario Cal e don VerzèAll'epoca quell'arresto suonò come l'ultimo segnale d'allarme lanciato al governo. La retata del San Raffaele, scattata mentre il premier Silvio Berlusconi inaugurava il Parco Scientifico di don Verzè, venne interpretata come una sfida diretta della procura di Milano al governo. E dodici giorni dopo arrivò l'avviso di garanzia per il presidente del Consiglio.

In quel tormentato novembre 1994 la vicenda giudiziaria di Mario Cal passò in secondo piano: una storia minima, da soli trenta milioni di lire, che però aveva aperto uno spiraglio nella gestione dell'impero delle cliniche.

Ora il suo suicidio, che segue l'interrogatorio come teste negli uffici dei pm milanesi, pare riportare alla stagione della grande crisi istituzionale. Fu chiamato "il terrore", rievocando la fase più sanguinaria della rivoluzione francese. Un parlamento di inquisiti preoccupati più della loro difesa che della situazione del Paese, una tempesta economica profonda che nel settembre 1992 aveva incenerito il valore della lira, il peso del debito pubblico che schiacciava le casse dello Stato, la disoccupazione e l'impoverimento generalizzato, le stragi di mafia con misteriose complicità che avevano persino spento i telefoni di Palazzo Chigi nella notte del triplice attentato e i suicidi eccellenti di personaggi come Raul Gardini.

In quel novembre 1994 Mario Cal finì in manette per una mazzetta da trenta milioni di lire pagata agli ispettori dell'Ufficio imposte. All'epoca, l'inchiesta sulle tangenti fiscali aveva decimato gli organici delle Fiamme Gialle milanesi, con decine di arresti, e azzerato la sede dell'Ufficio Imposte, dove fu necessario mandare rimpiazzi da altre città per sostituire gli inquisiti.

Secondo l'accusa, la bustarella del San Raffaele venne versata nell'estate 1993, quando Mani Pulite già dilagava: la decisione di consegnare la tangente sarebbe stata presa da Vincenzo Marescotti, allora direttore amministrativo della Fondazione San Raffaele Monte Tabor, dopo l'autorizzazione di Mario Cal, già all'epoca numero uno della holding di don Verzè. Tutta la ricostruzione nasceva dalle dichiarazioni del commercialista Alfio Torrisi, finito agli arresti in ospedale per un altro episodio di corruzione, che aveva materialmente consegnato le banconote.

 

L'indagine condotta personalmente da Antonio Di Pietro puntava però al cuore delle finanze del San Raffaele, che incassava dalla Regione Lombardia quasi 400 miliardi di lire l'anno per l'assistenza convenzionata. In quel periodo, la Fondazione stava conducendo una grande fase di espansione internazionale: Algeria, Polonia, Cile, Filippine, India ed era addirittura consulente dell'Autorità palestinese di Arafat per la creazione del servizio sanitario nei Territori.

Le relazioni di don Verzè abbracciavano l'intero governo nazionale e regionale, dal vecchio pentapartito alle nuove leve di Forza Italia creata dal suo antico amico Berlusconi. Che bisogno c'era di consegnare una mazzetta agli ispettori del Fisco?

Cal e Mariscotti furono scarcerati subito dopo l'interrogatorio davanti al gip Andrea Padalino, nel quale ammisero la tangente "per rendere più veloce la verifica" e fecero una panoramica del loro ruolo nella galassia mondiale del San Raffaele.

Episodio chiuso, senza influenzare le carriere dei due.

Ma nel faldone investigativo raccolto dai pm c'erano elementi che avevano colpito molto Antonio Di Pietro. Una radiografia dei rapporti tra la Fondazione milanese di don Verzè e le sue controllate estere, su cui si era focalizzato l'interrogatorio di Cal e Mariscotti, con il trasferimento di fondi dalla Lombardia al Brasile: c'era il sospetto che i quattrini ottenuti dall'ente pubblico venissero spostati in altri continenti per creare fondi neri.

Un sospetto mai concretizzato in provvedimenti giudiziari. Di Pietro si dimise dalla magistratura tre settimane dopo l'arresto dei due top manager, il resto del pool si concentrò sul trasformare in processi le prove raccolte contro oltre duemila imputati nei primi due anni di Mani Pulite. Ma qualcosa nei conti del San Raffaele già allora non quadrava.

E oggi la situazione dei bilanci è diventata così grave da avere spinto - stando alle dichiarazioni del suo avvocato e amico Rosario Minniti - Mario Cal al suicidio.

 

 

IL CASO

Il San Raffaele fra sperperi e debiti

900 milioni di buco, 50 per la cupola

L'ospedale di don Verzè è un campione della sanità lombarda, ma anche degli sprechi pagati

con i rimborsi della Regione di Formigoni. I fornitori attendono i pagamenti da un anno e mezzo

di WALTER GALBIATI

Il San Raffaele fra sperperi e debiti 900 milioni di buco, 50 per la cupola Don Luigi Verzè

L'arcangelo Gabriele posato due anni fa sul cupolone del San Raffaele dovrà guarire un malato del tutto particolare: il bilancio dell'ospedale. Sono scritte lì le cifre delle manie di grandezza di don Luigi Verzè e del San Raffaele. Campione della sanità lombarda, ma anche degli sperperi, pagati con i rimborsi per le prestazioni sanitarie che la Regione guidata da Roberto Formigoni versa con puntualità quasi svizzera nelle casse della Fondazione.

La cupola del San Raffaele

Per costruire quell’arcangelo in vetroresina e acciaio inox, alto 8,3 metri, capace di resistere al vento e allo smog della tangenziale Est che passa lì sotto ci sono voluti 2,5 milioni di euro. E altri 50 milioni sono stati spesi per tirar su l’edificio sul quale è appoggiato: il cupolone in vetro che ospita l’università di don Verzè e i laboratori del dipartimento di medicina molecolare. Non è un caso che sul gigantesco atrio penda una struttura di legno e acciaio che raffigura proprio l’elica del dna. Un’opera mastodontica, coronata ai piani alti da un giardino pensile, paradiso in terra dentro il quale don Verzé ha collocato il suo ufficio.

Per risanare quel bilancio ora servirà un miracolo, ma soprattutto la pazienza dei fornitori che aspettano da oltre 500 giorni di essere pagati. Il peso dei debiti nel 2009 era di 763 milioni, lievitati a oltre 900 nel corso dell’ultimo esercizio con il consolidamento del mutuo da 150 milioni aperto per costruire il terzo e il quarto lotto della struttura milanese e l’ospedale di Olbia in Sardegna. È solo alla luce dei numeri di bilancio, tenuti gelosamente in cassaforte e mai comunicati al pubblico, che appare la sproporzione tra le spese per quel cupolone e i soldi pubblici che la Fondazione ogni anno incassa. Perché tutto si può dire, fuorché la Regione non paghi. Don Verzè, tra degenze convenzionate, prestazioni ambulatoriali e rimborsi per farmaci incassa qualcosa come 430 milioni. E li incassa subito perché i crediti verso le Asl iscritti a bilancio nel 2009 superano di poco i 100 milioni, nulla a confronto di quanto la Fondazione deve invece ai fornitori, ben 440 milioni. Dove sono finiti quei 340 milioni di differenza che avrebbero dovuto essere già nelle tasche dei fornitori?

Certo i margini del San Raffaele non sono da capogiro visto che la differenza tra i costi e ricavi è di soli 5 milioni di euro l’anno. Tant’è che anche nel 2010 la perdita dovrebbe essere analoga a quella dell’anno precedente, chiuso in rosso per 17,4 milioni. Ma gli investimenti sono stati quanto meno sproporzionati. Il più appariscente è proprio il cupolone con il suo angelo, anche se non sono da meno le avventure nell’edilizia alberghiera (l’Hotel Rafael costruito a ridosso dell’ospedale e l’Hotel Don Diego in Sardegna) e in quella residenziale.

Qui la Fondazione ha operato con una società, la EdilRaf, su cui gravano 50 milioni di debiti, utilizzati per costruire un complesso di case a Cologno monzese, ora in lista per essere vendute in blocco. Il socio di don Verzè nella EdilRaf è stato dal 2006 al 2008 la Diodoro Costruzioni Srl, una società di Pierino Zammarchi oggi liquidata, ma che tra il 2001 e il 2008 è stata uno dei principali interlocutori per l’edilizia di don Verzé. La Diodoro ha costruito la residenza alberghiera del San Raffaele, ha partecipato ai lavori della struttura di Olbia, a quelli dell’ospedale in Brasile e negli otto anni della sua vita ha incassato (non solo dal San Raffaele) fatture per 271 milioni. Fino al 2006 ha avuto tra i suoi soci anche un politico locale, Emilio Santomauro, prima di An e poi dell’Udc, due volte consigliere comunale a Milano nel 19972006, ex presidente della Commissione Urbanistica di Palazzo Marino e già vicepresidente della società del Comune (Sogemi) che gestisce l’Ortomercato.

La Diodoro è stata liquidata nel 2008, quando sono arrivati i guai con la giustizia, poi risolti per i soci con una assoluzione. La Direzione distrettuale antimafia di Milano aveva ipotizzato che il clan di camorra di Vincenzo Guida (condannato all’epoca per associazione mafiosa e indagato per due omicidi), avesse intestato terreni e immobili alla Diodoro per evitare di perderli con i sequestri. Nel registro degli indagati erano finiti Santomauro, Zammarchi, l’amministratore Massimiliano Guida e Vincenzo Guida, considerato il capoclan. Tutti sono stati assolti. Per la società, invece, i proprietari hanno optato per la liquidazione, lavoro condotto dallo stesso Zammarchi, ma che ha suscitato un forte disappunto del collegio sindacale che nella relazione all’ultimo bilancio si lamentava proprio della cessione alla Fondazione San Raffaele del 49% della EdilRaf in pancia alla Diodoro avvenuto per soli 8,4 milioni, quando due anni prima la quota era stata acquista dalla Fondazione per 19 milioni.

L’altra grande diversificazione di don Verzè sarebbe dovuta avvenire con un’altra joint venture, nell’energia. Il socio prescelto era Giuseppe Grossi, re delle bonifiche milanesi, vicino a Cl, ex consigliere della Fondazione San Raffaele e anche lui finito di recente nelle mire della procura milanese: per le accuse di associazione a delinquere, frode fiscale e appropriazione indebita, Grossi ha patteggiato una pena di tre anni e mezzo e ha risarcito il Fisco. Con don Verzè ha costituito la Blu Energy, ora destinata alla vendita: in tre anni di vita la società ha accumulato 116 milioni di debiti, soldi ricevuti per lo più dalle banche (79,8 milioni) e utilizzati per costruire l’impianto di produzione di energia di Vimodrone. La missione della Blu energy era fornire elettricità al San Raffaele. Ma all’ospedale ha fatto solo lievitare i costi di approvvigionamento da 11 a 41 milioni.

(10 aprile 2011)

 

 

 

 

2011-07-15

IL CASO

San Raffaele, tutte le deleghe

passano da don Verzè a Profiti

Il fondatore passa tutto nelle mani del consiglio di amministrazione e del vicepresidente

Che precisa: "Presenteremo al più presto un piano di ristrutturazione fattibile e sostenibile"

 

Il consiglio di amministrazione del San Raffaele di Milano ha stabilito che tutte le deleghe passeranno dal presidente, don Luigi Verzè, al vicepresidente Giuseppe Profiti e al consiglio di amministrazione. Il cda sarà così composto da Luigi Maria Verzè, presidente, che mantiene la funzione di guida spirituale dell'opera; dal vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente del Bambino Gesù, e da Vittorio Malacalza, Giovanni Maria Flick, Ettori Gotti Tedeschi, Maurizio Pini e Massimo Clementi.

"Il nuovo cda ha ritenuto indispensabile fare piena chiarezza sulle reali grandezza contabili del gruppo San Raffaele, ritenendo che un piano di risanamento debba poter poggiare su un quadro di dati attentibili proprio a garanzia dei creditori", ha commentato Profiti. "In considerazione di questo si metterà subito all'opera per verificare gli effettivi dati, in modo da poter presentare nel più breve tempo possibile un piano di ristrutturazione concretamente fattibile e sostenibile".

(15 luglio 2011)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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http://www.unita.it/

2011-08-06

 

 

 

 

2011-07-21

San Raffaele, ultimatum Pm:

Piano subito o fallimento

San Raffaele

La procura di Milano ha concesso tempo fino al 15 settembre al Cda della Fondazione Monte Tabor che gestisce il San Raffaele per presentare un piano di salvataggio per il gruppo. A quanto si apprende, il consigliere Giovanni Maria Flick nel corso del colloquio di oggi con il presidente della seconda sezione fallimentare di Milano Filippo Lamanna e col pm Luigi Orsi, che ha gettato un faro sui debiti dell'ospedale di Don Luigi Verzè, ha ottenuto tre mesi di tempo. I magistrati milanesi avrebbero posto come limite invalicabile la metà di settembre: se entro quella data a situazione non sarà migliorata, secondo fonti giudiziarie, verrà presentata istanza di fallimento il San Raffaele.

Da oggi al 15 settembre, termine ultimo fissato dalla Procura di Milano perchè il neo eletto Cda del San Raffaele presenti il suo piano di salavataggio, i vertici dell'ospedale si sarebbero impegnati a fornire ai magistrati milanesi relazioni puntuali sullo stato dell'arte e tenerli informati passo passo sulla gestione del gruppo. Domani, ad esempio, la relazione della riunione del board della Fondazione Monte Tabor, convocato in mattinata, approderà sul tavolo del Pm Luigi Orsi, che ha acceso un faro sui debiti per quasi un miliardo di euro dell'azienda ospedaliera. E proprio sui debiti dell'ospedale ci sarebbero molti dubbi.

La situazione contabile del San Raffaele, secondo gli investigatori, è molto opaca e i debiti, in questo mese e mezzo, potrebbero addirittura lievitare. Per poter presentare un concordato preventivo è inoltre necessario avere un quadro esatto sulla situazione dei conti dell'ospedale, che al momento non c'è ancora. Da quanto si apprende, i magistrati milanesi non sarebbero del tutto convinti che l'istituto di don Verzè abbia la liquidità sufficiente a sopravvivere per tre mesi, termine chiesto dal consigliere Giovanni Maria Flick per poter presentare il piano di salvataggio.

I nuovi consiglieri eletti venerdì scorso, inoltre, sarebbero giuridicamente precari perchè, secondo quanto prevede attualmente lo statuto della Fondazione Monte Tabor, potrebbero infatti essere revocati in ogni momento.

21 luglio 2011

 

 

2011-07-19

Trame, sospetti e debiti:

il mistero del San Raffaele

di Rinaldo Gianola | tutti gli articoli dell'autore

mario cal

All’improvviso Milano è scossa dalla notizia di un morto eccellente. Mario Cal, manager potente e uomo di fiducia di don Verzè, si toglie la vita in ufficio, all’ospedale San Raffaele, mentre sgombra gli scatoloni con le sue carte. Si uccide con un colpo di pistola. Una tragedia che fa scattare automaticamente il ricordo di altre morti, altri suicidi, altri spari.

La morte di Cal riporta inevitabilmente indietro la memoria agli anni di Tangentopoli, a quel torrido luglio del ‘93 quando nello spazio di tre giorni si suicidarono Gabriele Cagliari e Raul Gardini. Altri tempi, altre inchieste, si può obiettare. Certo oggi le cose sono diverse, ma la morte violenta, dolorosa di Cal, sorprende perché segue di pochi giorni il ribaltone che ha spazzato via il fondatore del San Raffaele, don Verzè e i suoi amministratori di fiducia, e sollecita nuove domande, propone altri dubbi, sullo stato reale delle finanze dell’ospedale, sulle responsabilità del "buco" di circa un miliardo di euro, sulle commistioni politiche e affaristiche. Perché Cal, un uomo di esperienza, solido, capace di grandi scelte, si è tolto la vita? Si è sentito esautorato indebitamente dal suo lavoro? Ha temuto il fallimento di un progetto al quale aveva dedicato la vita?

Il San Raffaele è un centro ospedaliero di grande livello, ha un polo universitario e di ricerca di livello internazionale. Qui insegnano Cacciari, Severino, Reale e Tagliapetra. La laicità non è una colpa. La ricerca non ha limiti, anche sulle cellule staminali, territorio eticamente sensibile, dove i ricercatori del San Raffaele avrebbero fatto un grande lavoro, alimentando probabilmente timori anche in Vaticano. Dalla ricerca è nata MolMed, una società quotata in Borsa di cui è primo singolo azionista la Fininvest di Silvio Berlusconi, grande amico del prete-imprenditore. Il San Raffaele è un luogo di cura, di solidarietà umana, e anche di potere. I legami con la Regione Lombardia con i ricchi finanziamenti tipici del modello Formigoni della sanità pubblico-privata, la stretta amicizia con il presidente del Consiglio, la vicinanza di banche e investitori privati.

Ma qualcosa di questo disegno apparentemente perfetto, alla fine, si è rotto. La conferma più evidente è nei fatti, quelli noti e quelli meno noti, che hanno caratterizzato gli ultimi mesi, quando più stringente si è fatta l’emergenza finanziaria del San Raffaele.

Tocca alla magistratura chiarire perché Cal si è tolto la vita e spiegare possibili incongruenze come la pistola spostata e infilata in un sacchetto. Anche nel suicidio di Raul Gardini, nella sua abitazione di piazza Belgioioso, si indagò a lungo sul mistero della pistola trovata lontana dal cadavere... La procura ha già acceso un faro sui conti del San Raffaele, ma a questo punto, dopo la tragedia di ieri, la questione diventa più seria e più delicata. "C’è un buco profondo da illuminare" è il commento raccolto ieri in Procura, come se la vera natura e le dimensioni dello scompenso finanziario che ha portato la creatura di don Verzè sull’orlo del fallimento fossero ancora avvolte nel mistero.

L’ultima ricognizione sull’esposizione del San Raffaele indica un indebitamento di 600 milioni verso i fornitori e altri 400 milioni nei confronti delle banche. Più altri cento milioni di investimenti di dubbio ritorno. Ma il buco potrebbe essere molto più ampio e preoccupante. Come si è arrivati a questa enormità è un problema che dovranno valutare i magistrati, verificando se esistono anche responsabilità penali.

Sono noti gli investimenti di don Verzè nelle strutture ospedaliere,nella ricerca, nell’Università. Discutibili e di faticosa valorizzazione sono forse altre operazioni come un albergo in Sardegna, l’ aereo privato, un polo residenziale e probabilmente anche quel cupolone trasparente costato 50 milioni di euro, che acceca gli automobilisti sulla tangenziale, appare eccessivo per chi dovrebbe praticare uno stile di vita rigoroso. Ma la cosa più interessante su cui lavorare è come mai le difficoltà di don Verzè, della sua fondazione e del san Raffaele, che erano note da tempo sono esplose all’improvviso. E, soprattutto, come mai la cordata di banche e imprenditori privati disponibile al salvataggio è stata poi superata ed eliminata dall’intervento dello Ior, la banca del Vaticano? In questo caso nemmeno l’aiuto di Silvio Berlusconi hanno evitato a don Verzè l’obbligata uscita di scena. Il premier ha incontrato il fondatore del San Raffaele, gli ha garantito un suo intervento come mediatore con le banche e con alcuni investitori, ma alla fine non è stato ascoltato. La cordata guidata da Giuseppe Rotelli, imprenditore della sanità e primo azionista del Corriere della Sera, con la famiglia Moratti e Berlusconi, è stata invitata a spostarsi dalla sera alla mattina, senza nemmeno un grazie.

La nuova frontiera del San Raffaele è quella di far parte di un grande polo ospedaliero del Vaticano, guidato da Giuseppe Profiti, abile manager passato dal Galliera di Genova (con incidente giudiziario) al Bambin Gesù e ora arrivato a Milano con il nuovo consiglio di amministrazione. Un team di altissimo livello guidato dal presidente dello Ior Ettori Gotti Tedeschi, dal costituzionalista Giovanni Maria Flick e dall’industriale genovese Vittorio Malacalza, che ha già dato una mano alla Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Una svolta epocale per il San Raffaele che non piacerà a don Verzè. E non è piaciuta a Mario Cal.

19 luglio 2011

 

 

 

Trame, sospetti e debiti: il mistero del San Raffaele

di Rinaldo Gianola | tutti gli articoli dell'autore

mario cal

All’improvviso Milano è scossa dalla notizia di un morto eccellente. Mario Cal, manager potente e uomo di fiducia di don Verzè, si toglie la vita in ufficio, all’ospedale San Raffaele, mentre sgombra gli scatoloni con le sue carte. Si uccide con un colpo di pistola. Una tragedia che fa scattare automaticamente il ricordo di altre morti, altri suicidi, altri spari.

La morte di Cal riporta inevitabilmente indietro la memoria agli anni di Tangentopoli, a quel torrido luglio del ‘93 quando nello spazio di tre giorni si suicidarono Gabriele Cagliari e Raul Gardini. Altri tempi, altre inchieste, si può obiettare.

Certo oggi le cose sono diverse, ma la morte violenta, dolorosa di Cal, sorprende perchè segue di pochi giorni il ribaltone che ha spazzato via il fondatore del San Raffaele, don Verzè e i suoi amministratori di fiducia, e sollecita nuove domande, propone altri dubbi, sullo stato reale delle finanze dell’ospedale, sulle responsabilità del "buco" di circa un miliardo di euro, sulle commistioni politiche e affaristiche.

Perchè Cal, un uomo di esperienza, solido, capace di grandi scelte, si è tolto la vita?

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19 luglio 2011

 

 

Suicida il vice di don Verzè. V.A.C.: "Ho spostato io la pistola"

Mario Cal

Racconta di avere sentito il colpo esploso con l'arma da fuoco, di essersi gettato sul corpo di Mario Cal, "quell'uomo a cui tenevo più che a mio padre, che mi aveva assunto al San Raffaele", e di avere spostato la pistola con un calcio "per rianimarlo".

A parlare è V.A.C., addetto alla Vigilanza, sentito come persona informata sui fatti ieri dal pm Maurizio Ascione nell'ambito dell'indagine sul suicidio dello 'storicò braccio destro di Don Verzè. L'uomo spiega di avere messo l'arma in un sacchetto "per evitare che partissero altri colpi".

La sua è una testimonianza preziosa anche per ricostruire lo stato d'animo di Cal negli ultimi tempi. V.A.C., che in passato ha anche fatto da autista a Cal, ha raccontato al pm di avere parlato con l'ex vicepresidente del San Raffaele una decina di giorni fa e di avere capito che lui avrebbe preferito un intervento di Giuseppe Rotelli per ripianare i debiti, mentre Don Verzè privilegiava l'ipotesi dello Ior.

Cal, stando a questa testimonianza, era particolarmente preoccupato per le inadempienze coi fornitori. "Negli ultimi 15-20 giorni l'ho trovato più spento, taciturno e abbattuto", ricorda V.A.C., che sottolinea come Cal avesse addirittura cambiato abitudini nel parcheggiare l'auto, preferendo passare dal parcheggio sotterraneo per non farsi vedere. Ad amareggiarlo erano "gli attacchi della stampa che lo vedevano come vero responsabile del dissesto". "Io cercavo di scuoterlo - afferma V.A.C. - ma lui mi diceva che contro certi attacchi non si può fare nulla. Tuttavia non mi appariva dimesso, ma fiducioso di risollevare le sorti della struttura".

Sulla pistola con cui l'ex vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, si è ucciso ieri è nato un giallo: l'arma è stata spostata e infilata in un sacchetto. Per questo il pm di turno Maurizio Ascione ha disposto degli accertamenti per arrivare ad identificare chi, probabilmente in buonafede, ha spostato l'arma senza rendersi conto di aver inquinato la scena del suicidio.

Si era chiuso da pochi minuti nel suo ufficio alla Fondazione San Raffaele, Mario Cal, ex braccio destro di Don Verzè, quando ha impugnato una calibro 38 regolarmente detenuta e si è sparato un colpo alla testa.

Ad avvisare i soccorritori è stata la sua segretaria che, dopo aver sentito l'esplosione, è entrata nella stanza trovando l'uomo disteso a terra in una pozza di sangue. Immediato l'intervento del personale sanitario che ha portato Mario Cal al pronto soccorso ancora in vita.

Cal si era presentato questa mattina nel suo ufficio intorno alle 10.30. Salutata la segretaria si era chiuso dentro per raccogliere i suoi effetti personali dato che era dimissionario dalla settimana scorsa. Alcuni minuti dopo è risuonato il colpo di pistola.

L'ex vicepresidente del San Raffaele nei giorni scorsi era stato ascoltato dalla procura di Milano in relazione al buco da quasi un miliardo di euro nei conti del gruppo ospedaliero.

"Cal ha visto infrangersi il suo sogno. Ha passato la vita a costruire ospedali e nelle ultime settimane ha visto il suo lavoro andare in fumo!". Così l'avvocato Rosario Minniti risponde alle domande dei cronisti sulle motivazioni che potrebbero aver spinto Mario Cal, braccio destro di Don Verzè alla guida del San Raffaele, a togliersi la vita.

"La difficoltà del momento era per lui un pensiero costante - ha aggiunto Minniti - ci sono stati investimenti per costruire ospedali e portare sanità dove non c'era. Non c'è stata mala gestione ma piuttosto un'ottica di gestione non imprenditoriale".

Il suo legale racconta delle preoccupazioni degli ultimi giorni. "Aveva parlato di voglia di superare il momento - ha proseguito l'avvocato - la Procura non c'entra nulla, lui è stato ascoltato per un'inchiesta amministrativa e non penale".

Sulla situazione finanziaria dell'ospedale fondato da don Verzè, Minniti ha ricordato: "il patrimonio del San Raffaele vale 3 volte i suoi debiti". L'ex braccio destro di Don Verzè alla guida del San Raffaele, prima di togliersi la vita ha lasciato due lettere, una alla moglie e una alla segretaria.

Non ci sarebbe alcun riferimento al buco di bilancio del San Raffaele nelle due lettere scritte a mano e fatte trovare sulla sua scrivania da Mario Cal, il vice di don Verzè alla guida dell'ospedale milanese. Le due lettere sono state scritte a mano. La prima lunga circa 4 righe e la seconda lunga una decina sono state indirizzate alla moglie e alle segretarie che erano alla dipendenza del manager.

All'interno delle missive ci sono parole di scuse per il gesto compiuto dal manager.

La moglie di Mario Cal è giunta al San Raffaele "disperata". A riferirlo è il legale di Cal Rosario Minniti che ha detto inoltre: "Non si spiega questo gesto, non ha avuto sentore né alcuna avvisaglia perché è un uomo forte" riferendosi allo stato emotivo della donna.

"Per me è un grande dolore" ha riferito l'avvocato Rosario Minniti. Il pm di Milano Luigi orsi si sta recando sul posto.

Secondo quanto si apprende l'uomo era preoccupato per la generale situazione del San Raffaele. "Cal era molto preoccupato, non tanto per l'inchiesta, quanto per la situazione del San Raffaele", ha confermato il suo avvocato che segue la vicenda del noto ospedale milanese e questa mattina si trovava in Procura a Milano.

Secondo Minniti a preoccupare Cal non era tanto la situazione debitoria, quanto il fatto che i crediti contratti dal nosocomio, di cui era vicepresidente della Fondazione, non rientrassero. Di fatto, spiega il legale "non c'erano i mezzi per far fronte al pagamento dei debiti".

Il legale si è detto "molto dispiaciuto per la perdita di un caro cliente e un amico a cui sono stato vicino nei momenti di difficoltà, ma questa volta non mi è stato possibile".

Settantuno anni, originario di Treviso, Mario Cal aveva per anni affiancato il fondatore dell'ospedale milanese. Storico braccio destro di don Verzè e vicepresidente della Fondazione San Raffaele, solo venerdì scorso era stata sancita la sua uscita di scena con l'elezione di un nuovo cda per la fondazione e la nomina a vicepresidente di Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù di Roma, cui sono passate le deleghe operative per la gestione del gruppo ospedaliero.

Un netto cambiamento al vertice della fondazione era stato richiesto dalle banche creditrici del San Raffaele, gravato da poco meno di un miliardo di debiti. Al timone sono passati gli uomini indicati dalla Santa Sede (con Profiti anche Giovanni Maria Flick, Ettore Gotti Tedeschi e Vittorio Malacalza) insieme a Maurizio Pini, docente dell'università Bocconi, e Massimo Clementi, preside dell'ateneo Vita-Salute.

Dal San Raffaele hanno fatto sapere che l'informazione a Don Verzè su quanto accaduto a Cal viene data "piano, con le dovute cautele". A breve è previsto anche un comunicato del nuovo consiglio di amministrazione.

La tragica scomparsa del vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, "è un evento tragico che rende ancor più improcrastinabile il deposito della domanda di concordato preventivo in Tribunale". Lo ha detto l'attestatore del piano di salvataggio del gruppo ospedaliero, Giovanni La Croce.

19 luglio 2011

 

 

S. Raffaele Spa, 900 mln di debiti

don verze

L'ospedale San Raffaele diventa una società per azioni e dà mandato al consigliere Carlo Salvatori per elaborare un nuovo piano industriale e finanziario nell'ambito del quale aprirà il capitale a nuovi soci. È la decisione adottata dal consiglio di amministrazione della Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, che ha deliberato all'unanimità di "elaborare un programma di ristrutturazione societaria, organizzativa e finanziaria". In particolare, si legge in una nota, i punti cardine sono stati individuati nella focalizzazione sul core business, mediante la societarizzazione delle attività ospedaliere, sanitarie e di ricerca, anche al fine di consentire l'ingresso di nuovo capitale, nel raggiungimento di più elevati standard di efficienza organizzativa e nella progressiva dismissione delle attività non direttamente funzionali agli scopi della Fondazione. Il consiglio della Fondazione ha così deciso di affidare a Salvatori il coordinamento dell'elaborazione del piano industriale e finanziario, nel cui ambito verranno individuate nel dettaglio le modalità di riorganizzazione societaria e di apertura del capitale a nuovi soci. La Fondazione manterrà comunque il controllo a maggioranza assoluta delle attività oggetto di societarizzazione, anche al fine di "assicurare il proseguimento dei principi ispiratori che il suo fondatore Don Verzè, medico e amico del presidente del Consiglio Berlusconi, ha da sempre promosso e messo in atto", si legge nella nota. L'insieme delle azioni che saranno definite nel piano dovrà permettere il riequilibrio della situazione finanziaria e patrimoniale della Fondazione. Recenti indiscrezioni parlavano di difficoltà finanziarie. Ma maggiori informazioni sui conti verranno rese note più avanti, non appena sarà finalizzato e deliberato il piano. Si ritiene comunque che possa avvenire nel corso del mese prossimo. Salvatori si avvarrà di una serie di advisor, ovvero Bain per gli aspetti industriali, Borghesi Colombo & Associati per gli aspetti finanziari e dello studio Bonelli Erede Pappalardo per gli aspetti legali.

Il gruppo San Raffaele ha circa 900 milioni di debiti verso banche e fornitori e ha la necessità di ritrovare in tempi brevi un equilibrio finanziario. Da qui la scelta di Don Verzè di voltare pagina. Lo si apprende da fonti finanziarie secondo le quali del piano di intervento è già pronta l'impalcatura. L'idea è di costituire una società per azioni, controllata al 100% dalla Fondazione, e di mettere il 49% della Spa sul mercato, aprendola a capitali esterni. Le attività che non hanno nulla a che fare con il business sanitario, della ricerca e dell'università - dalle aziende agricole agli alberghi - saranno destinate alla vendita.

23 marzo 2011

 

 

 

 

 

 

2011-07-18

Buco al San Raffaele, si uccide vice di don Verzè

Nel suo uffico spostata la pistola, è giallo

Mario Cal

La pistola con cui l'ex vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, si è ucciso stamani, è stata spostata e infilata in un sacchetto da una persona che deve essere ancora identificata, probabilmente una delle prime ad entrare nella stanza dove l'ex braccio destro di Don Verzè si è ucciso.

Per questo il pm di turno Maurizio Ascione ha disposto degli accertamenti per arrivare ad identificare chi, probabilmente in buonafede, ha spostato l'arma senza rendersi conto di aver inquinato la scena del suicidio.

Si era chiuso da pochi minuti nel suo ufficio alla Fondazione San Raffaele, Mario Cal, ex braccio destro di Don Verzè, quando ha impugnato una calibro 38 regolarmente detenuta e si è sparato un colpo alla testa.

Ad avvisare i soccorritori è stata la sua segretaria che, dopo aver sentito l'esplosione, è entrata nella stanza trovando l'uomo disteso a terra in una pozza di sangue. Immediato l'intervento del personale sanitario che ha portato Mario Cal al pronto soccorso ancora in vita.

Cal si era presentato questa mattina nel suo ufficio intorno alle 10.30. Salutata la segretaria si era chiuso dentro per raccogliere i suoi effetti personali dato che era dimissionario dalla settimana scorsa. Alcuni minuti dopo è risuonato il colpo di pistola.

L'ex vicepresidente del San Raffaele nei giorni scorsi era stato ascoltato dalla procura di Milano in relazione al buco da quasi un miliardo di euro nei conti del gruppo ospedaliero.

"Cal ha visto infrangersi il suo sogno. Ha passato la vita a costruire ospedali e nelle ultime settimane ha visto il suo lavoro andare in fumo!". Così l'avvocato Rosario Minniti risponde alle domande dei cronisti sulle motivazioni che potrebbero aver spinto Mario Cal, braccio destro di Don Verzè alla guida del San Raffaele, a togliersi la vita.

"La difficoltà del momento era per lui un pensiero costante - ha aggiunto Minniti - ci sono stati investimenti per costruire ospedali e portare sanità dove non c'era. Non c'è stata mala gestione ma piuttosto un'ottica di gestione non imprenditoriale".

Il suo legale racconta delle preoccupazioni degli ultimi giorni. "Aveva parlato di voglia di superare il momento - ha proseguito l'avvocato - la Procura non c'entra nulla, lui è stato ascoltato per un'inchiesta amministrativa e non penale".

Sulla situazione finanziaria dell'ospedale fondato da don Verzè, Minniti ha ricordato: "il patrimonio del San Raffaele vale 3 volte i suoi debiti". L'ex braccio destro di Don Verzè alla guida del San Raffaele, prima di togliersi la vita ha lasciato due lettere, una alla moglie e una alla segretaria.

Non ci sarebbe alcun riferimento al buco di bilancio del San Raffaele nelle due lettere scritte a mano e fatte trovare sulla sua scrivania da Mario Cal, il vice di don Verzè alla guida dell'ospedale milanese. Le due lettere sono state scritte a mano. La prima lunga circa 4 righe e la seconda lunga una decina sono state indirizzate alla moglie e alle segretarie che erano alla dipendenza del manager.

All'interno delle missive ci sono parole di scuse per il gesto compiuto dal manager.

La moglie di Mario Cal è giunta al San Raffaele "disperata". A riferirlo è il legale di Cal Rosario Minniti che ha detto inoltre: "Non si spiega questo gesto, non ha avuto sentore né alcuna avvisaglia perché è un uomo forte" riferendosi allo stato emotivo della donna.

"Per me è un grande dolore" ha riferito l'avvocato Rosario Minniti. Il pm di Milano Luigi orsi si sta recando sul posto.

Secondo quanto si apprende l'uomo era preoccupato per la generale situazione del San Raffaele. "Cal era molto preoccupato, non tanto per l'inchiesta, quanto per la situazione del San Raffaele", ha confermato il suo avvocato che segue la vicenda del noto ospedale milanese e questa mattina si trovava in Procura a Milano.

Secondo Minniti a preoccupare Cal non era tanto la situazione debitoria, quanto il fatto che i crediti contratti dal nosocomio, di cui era vicepresidente della Fondazione, non rientrassero. Di fatto, spiega il legale "non c'erano i mezzi per far fronte al pagamento dei debiti".

Il legale si è detto "molto dispiaciuto per la perdita di un caro cliente e un amico a cui sono stato vicino nei momenti di difficoltà, ma questa volta non mi è stato possibile".

Settantuno anni, originario di Treviso, Mario Cal aveva per anni affiancato il fondatore dell'ospedale milanese. Storico braccio destro di don Verzè e vicepresidente della Fondazione San Raffaele, solo venerdì scorso era stata sancita la sua uscita di scena con l'elezione di un nuovo cda per la fondazione e la nomina a vicepresidente di Giuseppe Profiti, presidente del Bambin Gesù di Roma, cui sono passate le deleghe operative per la gestione del gruppo ospedaliero.

Un netto cambiamento al vertice della fondazione era stato richiesto dalle banche creditrici del San Raffaele, gravato da poco meno di un miliardo di debiti. Al timone sono passati gli uomini indicati dalla Santa Sede (con Profiti anche Giovanni Maria Flick, Ettore Gotti Tedeschi e Vittorio Malacalza) insieme a Maurizio Pini, docente dell'università Bocconi, e Massimo Clementi, preside dell'ateneo Vita-Salute.

Dal San Raffaele hanno fatto sapere che l'informazione a Don Verzè su quanto accaduto a Cal viene data "piano, con le dovute cautele". A breve è previsto anche un comunicato del nuovo consiglio di amministrazione.

La tragica scomparsa del vice presidente del San Raffaele, Mario Cal, "è un evento tragico che rende ancor più improcrastinabile il deposito della domanda di concordato preventivo in Tribunale". Lo ha detto l'attestatore del piano di salvataggio del gruppo ospedaliero, Giovanni La Croce.

18 luglio 2011

 

 

 

 

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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2011-08-06

 

 

 

 

2011-07-19

Suicida il vice di Don Verzè

articoli di Stefano Elli e Carlo FestaCronologia articolo

19 luglio 2011

di Stefano Elli

Un colpo di pistola e due lettere. La prima alla moglie, la seconda alla propria assistente. Si è chiusa in questo modo la vita di Mario Cal, 71 anni, vicepresidente della Fondazione Monte Tabor San Raffaele, da 34 anni uomo di fiducia di don Luigi Verzè, sposato, senza figli. Un suicidio su cui la procura della Repubblica ha aperto un'inchiesta, circostanza automatica in casi simili: fascicolo contro ignoti con l'ipotesi di istigazione al suicidio.

Otto giorni orsono Cal era stato sentito come persona informata sui fatti dal pm Luigi Orsi. Ma Cal non era indagato, anche perché, allo stato, non c'è alcuna inchiesta sulla Fondazione e sui suoi amministratori. Oggetto delle domande del Pm, a capo del dipartimento reati fallimentari della procura, presumibilmente, la situazione di sbilancio patrimoniale della Fondazione: una situazione gravissima, con 900 milioni circa di debiti di cui 550 con fornitori e con 450 milioni di scaduto. Un quadro fosco, come si vede, che tuttavia non sembrava avere intaccato la solidità emotiva del manager, descritto da chi lo conosceva bene come uomo deciso e determinato.

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Cal questa mattina, poco dopo le dieci, si è presentato in quello che da due giorni oramai non era già più il suo ufficio all'Ospedale San Raffaele, ha salutato la sua segretaria dicendole che avrebbe raccolto alcuni effetti personali raccolti davanti all'ingresso, si è chiuso la porta alle spalle, ha preso la Smith & Wesson regolarmente denunciata che portava sempre con sé e ha premuto il grilletto. Non è morto subito. La segretaria dopo avere sentito il colpo si è precipitata all'interno dove Cal era riverso sul pavimento. Quasi immediati sono giunti i soccorsi e qui, evidentemente nella concitazione, la pistola è stata spostata dalla sua posizione e infilata in un sacchetto. Mossa piuttosto incauta, che in casi del genere non dovrebbe mai essere fatta. Un gesto su cui la procura intende fare completa chiarezza.

Trasportato al pronto soccorso dell'Ospedale, i medici hanno tentato di stabilizzarlo e di rianimarlo per una ventina di minuti senza successo. Il decesso è stato dichiarato da Michele Paoletti, primario del Pronto soccorso, alle 10,57. Sul posto sono stati chiamati, oltre al magistrato di turno, Maurizio Ascione e agli agenti del commissariato Lambrate, anche i pm Orsi e Laura Pedio. Il primo ha provveduto a disporre l'acquisizione dei documenti economici e finanziari conservati nell'ufficio di Cal e alla copiatura dei dati contenuti nel computer del manager. La seconda si è recata presso l'abitazione di Cal per prendere visione dell'eventuale documentazione presente e acquisirla.

Le ragioni del gesto pare che non siano spiegate in nessuna delle due lettere (subito sequestrate per essere inviate alla Polizia scientifica per l'esame delle impronte digitali e per una perizia calligrafica). Ma potrebbero essere collegate alla depressione sopraggiunta in seguito alla sostituzione di Cal al vertice della Fondazione con l'arrivo di Giuseppe Profiti, una sostituzione annunciata almeno dai conti e che, in un primo momento, non sembrava avere provocato nell'uomo reazioni tali da fare pensare a un gesto simile. Il legale di Cal e della Fondazione Rosario Minniti ha riferito di non spiegarsi il gesto, né di avere mai avuto sentore né alcuna avvisaglia di possibili gesti estremi. Minniti nega recisamente anche l'ipotesi di un collegamento tra l'audizione in procura avvenuta una settimana prima e il suicidio.

"La Procura non c'entra - ha detto Minniti -. Lui è stato ascoltato in tribunale per vicende di tipo amministrativo e non penale". Piuttosto una situazione più generale di prostrazione legata alle difficoltà del San Raffaele. Minniti, riferendosi alla grave situazione dell'ospedale, ha anche affermato che per Cal questo rappresentava "il crollo di un sogno". E il legale ha specificato che venerdì lo aveva visto "tranquillo". Per quanto attiene poi alla delicata situazione finanziaria della Fondazione, ha spiegato ancora Minniti, "non c'è stata mala gestione ma piuttosto un'ottica non imprenditoriale".

Cal era di fatto l'alter ego di Don Luigi Verzè. Lo aveva conosciuto quasi 35 anni fa, ma solo da un decennio aveva ottenuto la delega totale per la gestione di tutto quanto attiene alla gestione dell'ospedale. Nel 1994 era stato travolto da Tangentopoli. Sino a passare un giorno e una notte a San Vittore. A indagare su di lui e sul direttore amministrativo del San Raffaele Vincenzo Marescotti era stato Antonio Di Pietro in persona, che però interpellato da "Il Sole 24 Ore" afferma di "ricordare poco e non certamente nei dettagli e in modo approfondito le ragioni dell'inchiesta".

In serata, dopo la dichiarazione del Cda della Fondazione Monte Tabor che parla di"gesto grave e imprevedibile che accresce la consapevolezza sulla gravità dell'attuale situazione in cui si trova la fondazione" è giunto il messaggio di cordoglio del presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni che si è detto "attonito e profondamente addolorato per la notizia".

 

 

Le banche in pressing per avviare il concordato

di Carlo FestaCronologia articolo

19 luglio 2011

Una situazione in rapido deterioramento. La parola d'ordine è una sola: per salvare l'ospedale San Raffaele di Milano non sono ipotizzabili ulteriori ritardi. La notizia del suicidio di Mario Cal, il braccio destro di Don Luigi Verzè, è arrivata come un fulmine a ciel sereno.

Sotto osservazione i numeri del gruppo, per il quale i consulenti tecnici e legali chiedono il concordato in continuità come unica strada per evitare il fallimento e per congelare le ingiunzioni di pagamento dei fornitori, nel frattempo arrivate a superare quota 60 milioni.

Numeri impietosi: circa 900 milioni di euro complessivi di indebitamento, dei quali 600 verso i fornitori, svalutazioni per quasi 55 milioni come evidenziato dalla relazione di Deloitte e la necessità di avere al più presto quei mezzi freschi per 200-250 milioni promessi dallo Ior, la banca del Vaticano, in modo da coprire le perdite di bilancio (nel 2010 quelle dichiarate ammontavano a 60 milioni di euro).

Proprio ieri, con la notizia del suicidio di Mario Cal a catalizzare le discussioni, si sono tenuti una serie di incontri. Il commercialista Giovanni La Croce ha inviato al nuovo consiglio della Fondazione Monte Tabor la relazione di fattibilità del concordato. Nel frattempo, ieri, le banche finanziatrici (in prima fila Intesa Sanpaolo e UniCredit) e i legali (Marco Arato dello studio Bonelli Erede Pappalardo e il banchiere Arnaldo Borghesi) si sono incontrati allo studio dell'avvocato Gregorio Gitti per definire gli ultimi dettagli del concordato e del piano di salvataggio successivo.

L'obiettivo sarebbe uno solo: cioè arrivare al deposito in Tribunale a Milano per questa settimana. Anche perché il tempo stringe: il Pm di Milano Luigi Orsi, che aveva proprio sentito il manager Mario Cal come persona informata dei fatti nelle scorse settimane, potrebbe formalizzare l'inchiesta per la quale, per ora, era stato aperto soltanto un fascicolo informale. Ma è difficile che il concordato possa essere accettato già ora dal nuovo consiglio del Monte Tabor, al quale è stata passata venerdì scorso la patata bollente del salvataggio. I nuovi consiglieri e soprattutto il neo-eletto vicepresidente Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, l'uomo che il Vaticano ha scelto per salvare Don Verzè dal fallimento, avrebbero infatti convinto il prete-manager a farsi da parte a condizione che non venga scelta per il San Raffaele la strada del concordato.

Per cercare opzioni alternative alcuni consiglieri del nuovo Cda starebbero provando a contattare professionisti molti noti nel mondo della finanza. Sarebbe stato chiesto l'aiuto dell'avvocato Francesco Gianni, uno dei legali italiani più noti, ma anche di Enrico Bondi come super-consulente. L'obiettivo potrebbe essere quello di ricreare sul San Raffaele la coppia che ha risanato Parmalat. Ma su entrambi i nomi c'è grande riserbo, soprattutto su quello del manager, che non avrebbe dato ancora il suo assenso. Per il 22 luglio è convocato il consiglio di amministrazione, dopo l'insediamento dei rappresentanti del Vaticano e nella riunione potrebbe essere definito il coinvolgimento di Enrico Bondi. Infine, come direttore generale potrebbe arrivare un manager già in passato al San Raffaele, da dove se ne era andato proprio per contrasti con Mario Cal: cioè Renato Botti.

Ma su tutta la vicenda resta un grande punto interrogativo, a maggior ragione ora che il suicidio di Mario Cal sta avendo effetti dirompenti. Dell'offerta del Vaticano, di cui si è molto parlato, finora non c'è traccia concreta, scritta su un pezzo di carta. E nulla si sa anche della fantomatica charity internazionale che dovrebbe mettere sul piatto un miliardo di euro in cinque anni.

Le banche e i consulenti legali ritengono dunque la strada del concordato come l'unica praticabile, e che consentirebbe di avviare le dismissioni degli asset non strategici (l'albergo in Sardegna e Blu energy, la centrale di energia elettrica di Vimodrone) che, per ora, sono bloccate.

 

 

I Pm valutano lo stato di insolvenza

Cronologia articolo

19 luglio 2011

In questo articolo

Nessuna inchiesta aperta, a parte quella sul suicidio di Mario Cal. Ma affinché la procura della Repubblica di Milano tenga d'occhio una situazione particolarmente delicata come quella della Fondazione Monte Tabor San Raffaele, non è affatto necessaria né un'inchiesta, né un'ipotesi di reato. E' sufficiente che vi sia un'ipotesi di insolvenza. E quella sull'insolvenza della Fondazione è qualcosa di ben più concreto di un'ipotesi. Con 900 milioni di debiti 450 dei quali già scaduti, ma soprattutto con un'industria che non produce televisori ma guarigioni, e che non vede solo a rischio posti di lavoro, ma pure posti letto per pazienti anche gravissimi, il rischio di ritrovarsi con una struttura sanitaria in crisi di efficienza non è sostenibile.

L'attuale consiglio di amministrazione ha ritenuto di prendersi il tempo necessario per (ri)esaminare le carte. Procrastinando il momento di fare istanza al tribunale fallimentare e, previa omologa, poter accedere alla procedura del concordato preventivo. Il punto è che rinviando i tempi di una decisione (su cui le banche spingono con sempre maggiore insistenza, vedere articolo a fianco) si corrono dei rischi oggettivi: che qualcuno dei creditori passi alle vie di fatto, e che ai decreti ingiuntivi, si possano sommare le istanze di fallimento. A quel punto la decisione spetterebbe alla seconda sezione civile del Tribunale, presieduta da Filippo Lamanna. Ma a decidere per il "rien va plus" potrebbe essere la stessa procura della Repubblica di Milano.

Non è un caso che a interessarsi della questione siano Luigi Orsi (a capo del dipartimento reati fallimentari) e Laura Pedio, magistrato esperto in reati economici e finanziari. Tecnicamente potrebbe essere direttamente la Procura a decidere di intervenire. Con un'istanza al giudice: allo scopo di ottenere la dichiarazione d'insolvenza della Fondazione. Le tappe successive potrebbero essere la nomina di un curatore fallimentare. Un'ipotesi che sembrerebbe nient'affatto peregrina. Anche alla luce della scomparsa di Mario Cal. In estrema ipotesi poi, la procura potrebbe anche decidere di intraprendere un'indagine conoscitiva per reati non fallimentari (come il falso in bilancio). In ogni caso l'atmosfera a palazzo di giustizia di Milano è quella di operosa attesa e di studio.

Incontri ufficiosi si susseguono in queste ultime concitate ore come quello avvenuto ieri tra il procuratore aggiunto Francesco Greco, Luigi Orsi, e Giovanni La Croce, il professionista incaricato di asseverare piano di ristrutturazione del debito di Luigi Zunino e della Risanamento (ex 182 bis) e incaricato anche di omologare il percorso verso il concordato preventivo. E la sensazione è che o si seguirà quella strada, oppure la procura si troverà costretta a intervenire. (St.E.)

 

 

I Pm valutano lo stato di insolvenza

Cronologia articolo

19 luglio 2011

"Il San Raffaele continua a funzionare come sempre". Paolo Klun, direttore della comunicazione della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor, ci tiene a eliminare dubbi che l'attuale situazione finanziaria del gruppo che gestice l'ospedale milanese abbia influito negativamente sulla gestione sanitaria. "Tra l'altro – ricorda Klun – venerdì scorso c'è stato l'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione. La scomparsa di Mario Cal incide senz'altro emotivamente sugli affetti e le amicizie dei raffaeliani, ma non incide operativamente, proprio perché il nuovo Cda, di cui Cal non faceva parte, si è già insediato".

Certo, la situazione tra le corsie e i dipendenti del centro di cura sta risentendo delle vicende recenti e, soprattutto, del suicidio del braccio destro di Don Verzè: "C'è aria di sconcerto e tristezza – specifica Klun – una notizia del genere ha colto tutti di sorpresa. Comunque, già dalla scorsa settimana è stata messa in programma una nuova riunione del consiglio di amministrazione della Fondazione, che si terrà venerdì di questa settimana".

E le vicende che riguardano la precaria situazione finanziaria come vengono vissute dai circa 3.700 dipendenti – tra medici, paramedici e personale amministrativo – della struttura? Klun non nega una certa apprensione tra le corsie, ma è fiducioso: "Certo, ci sentiamo preoccupati. Ma abbiamo sempre comunque riposto fiducia nell'attività di Don Verzè e, ora, anche del nuovo consiglio di amministrazione. Inoltre, teniamo presente che per ora non è cambiato praticamente nulla: tutti i manager della Fondazione sono ancora al loro posto".

 

 

l Vaticano accellera sul maxi-polo

di Carlo MarroniCronologia articolo

19 luglio 2011

Il San Raffaele è un tassello dell'ampia partita che la Santa Sede sta giocando sullo scacchiere italiano. Una partita diretta dal Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone. È stato lui a lanciare l'idea che sotto il capello della Curia romana possa nascere un grande polo sanitario di livello nazionale senza eguali. E così, pochi mesi fa, in Curia si è iniziato ad analizzare l'ipotesi di intervenire in un possibile salvataggio del San Raffaele, il maxi polo fondato da don Verzè.

Approfondimenti che si sono intensificati dallo scorso aprile quando sono emerse con grande evidenza le difficoltà di rientro, anche parziale, del debito monstre. Il suidicio di Mario Cal – membro dei Sigilli, il gruppo di persone che alla causa del San Raffaele hanno consacrato la vita – getta un'ombra scura su tutta la vicenda. Ma il progetto per ora va avanti. Che in sostanza è quello di dare una unicità di proprietà e di guida ad un gruppo sanitario comprendente l'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e il San Raffaele. A cui, nel desiderio vaticano, si dovrebbero unire anche la Casa del Sollievo della Sofferenza, la struttura creata da padre Pio a San Giovanni Rotondo già da qualche tempo governata da persone vicine al cardinale, e il Policlinico Gemelli. Designato da Bertone a guidare il progetto sul campo è Giuseppe Profiti, nominato alla presidenza del Bambino Gesù nel 2008, anno in cui finì agli arresti per concorso in turbativa d'asta nella sanità lugure, per la quale è stato condanato a sei mesi (c'è pendente il ricorso in Cassazione).

Da venerdì scorso Profiti ha assunto pieni poteri al San Raffaele nel cui cda sono entrati altri tre esponenti di emanazione vaticana, tutti vicini al segretario di Stato: l'ex ministro Giovanni Maria Flick, l'imprenditore genovese Vittorio Malacalza e il presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi. E proprio dalla banca vaticana dovrebbero arrivare i mezzi freschi per il salvataggio del polo ospedaliero milanese: per ora si studiano conti e bilanci ed entro tre mesi ci dovrebbe essere la ricapitalizzazione, stimata in 200 milioni. Di certo lo Ior – che non effettua prestiti ma gestisce e quindi investe il denaro del vaticano, delle congregazioni religiose e dei singoli depositanti – ha i mezzi sufficienti, ma ogni intervento deve rispondere a criteri che ne garantiscano la sicurezza. Insomma, non può fare venture capital, specie con i depositi degli ordini religiosi. In parallelo Bertone ha avviato anche l'operazione-Toniolo, l'istituto milanese checontrolla l'Università Cattolica, e quindi il Gemelli. Il segretario di Stato ha sollecitato un cambio alla guida dell'istituto segnalando il nome di Flick, che avrebbe dovuto assumere la presidenza al posto del cardinale Dionigi Tettamanzi. Il Papa in maggio ha bloccato tutto in attesa dell'arrivo del successore, poi nominato nella persona del cardinale Angelo Scola. Quella sul Toniolo-Gemelli appare quindi una partita più difficile per la Santa Sede, ma qualche novità protrebbe riservarla il lavoro affidato al cardinale Attilio Nicora, che dovrà revisionare gli statuti.

Tra l'altro anche Nicora è in qualche modo un tassello di questa complessa partita. Infatti il porporato due settimane fa ha lasciato la potente poltrona di presidente dell'Apsa, il dicastero vaticano nel quale è racchiusa buona parte del patrimonio apostolico, per dedicarsi a tempo pieno alla presidenza dell'Autorità di informazione finanziaria. Nicora – che risulta non essere d'accordo sull'operazione San Raffaele – era l'ultimo porporato rimasto al suo posto dopo l'elezione di Benedetto XVI, e l'avvicendamento segna comunque un cambio degli assetti di potere nelle sacre stanze. Al suo posto è andato il suo vice, Domenico Calcagno, considerato molto vicino a Bertone.

Ma l'attivismo bertoniano è anche fuori delle mura, nel mare aperto della politica: è Mario Toso, segretario Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e salesiano come Bertone, il delegato a tirare le fila dell'iniziativa per una nuova formazione di ispirazione cattolica, fatta di convegni publici e cene più o meno segrete.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2011-07-18

San Raffaele: si è tolto la vita Mario Cal, il vice di Don Verzè

Cronologia articolo18 luglio 2011

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Argomenti: Struttura delle società | Luigi Verzè | Mario Cal | Luigi Orsi | Intesa Sanpaolo | Giovanni Maria Flick | Vittorio Malacalza | Chiesa Apostolica Romana | Lombardia

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Un colpo di pistola. Mario Cal, il vice di Do

n Luigi Verzè al San Raffaele, si è sparato alla nuca attorno alle 10.30 nel suo ufficio. Era stato ascoltato nei giorni scorsi come testimone dalla Procura di Milano in relazione al maxi buco dell'azienda ospedaliera. La notizia anticipata dal Corriere.it è stata confermata da fonti giudiziarie.

Cal è morto poco dopo al pronto soccorso dell'ospedale come confermato da fonti interne al gruppo ospedaliero. Il pm Luigi Orsi, che l'aveva sentito come persona informata sui fatti nell'ambito di un'inchiesta conoscitiva sui conti dell'ospedale, si sta recando sul posto.

L'ex vice presidente del San Raffaele prima di togliersi la vita ha lasciato uno scritto nel suo ufficio. Lo ha confermato il suo avvocato e amico Rosario Minniti spiegando che per ora non si conosce il contenuto della lettera. Il vicepresidente del San Raffaele Mario Cal si è sparato intorno alle 10.30 all'interno della struttura ospedaliera, dove è stato immediatamente ricoverato in condizioni disperate. Cal è deceduto poco dopo.

È di pochi giorni fa la notizia del cambiamento del Cda della Fondazione Monte Tabor che gestisce l'azienda ospedaliera. Al San Raffaele finisce l'era di don Verzè. Il nuovo Cda della Fondazione Monte Tabor, che gestisce economicamente la struttura di via Olgettina alle porte del capoluogo lombardo, dovrebbe rappresentare un momento di svolta per le sorti dell'ospedale. Così potrebbe leggersi la mossa del 92enne fondatore Don Luigi Verzè che sembra aver fatto un passo indietro, lasciando tutto (la gestione, le deleghe operative ma anche la patata bollente del salvataggio) nelle mani del rinnovato consiglio di amministrazione e del vicepresidente, Giuseppe Profiti, presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma. In pratica, si fa avanti il Vaticano.

Don Verzè resterà alla presidenza, mentre come consiglieri vengono confermati i nomi circolati in questi giorni: cioè il preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università Vita-Salute San Raffaele Massimo Clementi, l'ex-ministro e giurista Giovanni Maria Flick, il presidente dello Ior Ettore Gotti Tedeschi, l'imprenditore Vittorio Malacalza e il docente dell'università Bocconi Maurizio Pini. Non è passata, invece, la linea di Don Verzè, che puntava all'ingresso di almeno due dei suoi fedelissimi nel consiglio di amministrazione. Come direttore generale, secondo le indiscrezioni, dovrebbe invece fare il suo ritorno Renato Botti, che aveva lasciato il San Raffaele per contrasti con Mario Cal, braccio destro di Don Verzè in procinto di abbandonare l'ospedale.

Il nuovo Cda dovrebbe essere il primo passo per la fase due del salvataggio, cioè l'ingresso in campo della Santa Sede, grazie all'iniezione di duecento milioni di euro da parte dello Ior, cioè la banca vaticana.

È, dunque, una vera svolta per l'ospedale milanese in forte difficoltà? A dir la verità le sorti del San Raffaele non sembrano ancora in sicurezza. E i punti interrogativi sono presto detti.

Il primo riguarda il tema del concordato in continuità, procedura concorsuale che era stata ormai decisa e approvata in accordo con le banche (tra i maggiori finanziatori Intesa Sanpaolo e UniCredit), gli advisor finanziari (il banchiere Arnaldo Borghesi), quelli legali (Marco Arato dello studio Bonelli Erede Pappalardo) e i consulenti tecnici (lo studio La Croce di Milano). Il concordato in continuità sembrava l'unico modo, con il via libera del Tribunale di Milano, di congelare il pressing dei fornitori, che possono vantare già uno scaduto di una sessantina di milioni di euro. Proprio il commercialista Giovanni La Croce ha predisposto una relazione sulla fattibilità del concordato che verrà presentata lunedì alla Fondazione Monte Tabor.

Cosa faranno ora i nuovi consiglieri? La domanda sorge spontanea leggendo il comunicato diffuso dal Cda: "Il nuovo consiglio ha infatti necessità di poter operare una ricognizione degli effettivi dati aziendali e contabili della Fondazione e la valutazione di un piano di risanamento nell'interesse del grande progetto San Raffaele voluto dal fondatore Don Verzé".

Poche parole difficili da interpretare ma che sembrano prendere tempo sul concordato, strada che non era mai piaciuta a Don Verzè e che settimana prossima avrebbe dovuto essere depositato in Tribunale a Milano.

Altro punto interrogativo riguarda le prossime mosse della Procura di Milano, che ha già acceso un faro sui conti dell'ospedale anche su pressione delle ingiunzioni di pagamento dei fornitori creditori per oltre 500 milioni. Prendere tempo in questo momento, accantonando la procedura di concordato, potrebbe risultare estremamente rischioso e preludio a un'istanza di fallimento.

C'è, infine, il punto interrogativo più grande. Dei soldi dello Ior (200 milioni) e della charity internazionale (un miliardo di dollari in cinque anni) finora si è solo parlato ma non si è vista un'offerta scritta. Arriverà? L'altro giorno Roberto Formigoni, il presidente della Regione Lombardia (il maggior finanziatore pubblico dell'ospedale con 430 milioni concessi per le degenze convenzionate) ha espresso un sentito ringraziamento a Don Verzè per quanto fatto e ha mandato un saluto di benvenuto ai nuovi amministratori. Ma forse in questa fase, come commentava ieri un addetto ai lavori, non resta che mettersi nelle mani della Provvidenza

 

 

Mario Cal, una carriera ultra-ventennale a fianco dell'amico Don Verzè

di Carlo FestaCronologia articolo

18 luglio 2011

Non avrebbe sopportato il peso delle preoccupazioni per il possibile crack dell'ospedale San Raffaele di Milano. Mario Cal, 72 anni, braccio destro di Don Luigi Verzè ed ex-vicepresidente della Fondazione Monte Tabor, ha lasciato una lettera prima di suicidarsi, prima di premere il grilletto della sua calibro 38 e di spararsi senza esitazioni alla testa.

In quella lettera, probabilmente, ha messo nero su bianco le ragioni del suo gesto estremo. Ma, sentendo persone vicine alla vicenda, già si possono intuire le motivazioni: il suo legale Minniti racconta che Cal era "molto preoccupato per la situazione economica del San Raffaele, perchè non c'era più la liquidità per pagare i fornitori". Quasi un miliardo di debito: un macigno sul futuro dell'ospedale. Di questi circa 600 milioni di esposizione verso i fornitori e altri 400 verso le banche, in particolare UniCredit e Intesa Sanpaolo: con un piano di risanamento che prevede un aumento di capitale da 200-250 milioni di euro, ma anche con una relazione impietosa di Deloitte, che ha rilevato svalutazioni record per 60 milioni di euro.

Sulla situazione del San Raffaele ha aperto un fascicolo il Pm della Procura di Milano Luigi Orsi: alle porte c'è infatti lo spettro del fallimento a causa soprattutto delle ingiunzioni di pagamento (per 60 milioni) dei fornitori che hanno visto i loro crediti scaduti. Proprio Cal era stato sentito due volte in Procura negli ultimi mesi. Ma il manager non era indagato.

Cal era dimissionario dall'ospedale dopo una carriera ultra-ventennale. Dopo un lungo braccio di ferro aveva dovuto lasciare le redini del San Raffaele: proprio lui che era tra i collaboratori più vicini a Don Verzè e che aveva superato indenne altre vicende problematiche. Venerdì scorso nel corso della riunione che ha definito il nuovo Cda (con le deleghe operative al nuovo vicepresidente Giuseppe Profiti, attuale presidente dell'ospedale Bambin Gesù di Roma), i nuovi consiglieri avevano anche discusso di ingressi e incarichi. Uno di questi sarebbe stato quello di Renato Botti, che dal San Raffaele se ne era andato tempo fa proprio per dissidi con lo stesso Cal. L'altro, ancora tutto da definire, potrebbe essere quello di Enrico Bondi, l'ex-manager di Parmalat, come consulente.

Lo scorso anno Don Verzè, il medico fondatore della struttura, aveva deciso di impegnarsi meno nella gestione in corrispondenza del compleanno per i 90 anni. In quell'occasione aveva deciso di lasciare il futuro dell'ospedale proprio a Mario Cal: "Un amico fraterno" come lo amava definire il prete-manager vicino a Silvio Berlusconi.

Come detto Cal aveva sempre superato indenne altre vicende problematiche. Non solo dissidi interni con altri manager dell'ospedale, ma soprattutto alcune vicende giudiziarie. Nel 2009 era uscito scagionato dall' accusa di abusivismo edilizio mossa alla Fondazione San Raffaele dalla Procura che contestava le modalità di realizzazione di un eliporto. Nel 2007 Cal era finito nell'inchiesta della Procura della Repubblica di Milano su presunti falsi ricoveri ospedalieri. La Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici della casa di cura San Raffaele-Turro. Quattro persone erano finite sul registro degli indagati con l'accusa di truffa ai danni del servizio sanitario nazionale e di falso in atti pubblici. Tra loro proprio il legale rappresentante della Fondazione Centro San Raffaele, Mario Cal.

Ma soprattutto nel 1994 Cal era finito nell'inchiesta Mani Pulite condotta da Antonio Di Pietro. Il manager era finito per alcuni giorni in carcere assieme all'altro dirigente della Fondazione Monte Tabor, il direttore amministrativo Vincenzo Mariscotti. Cal e Mariscotti erano stati arrestati dalla Guardia di Finanza con l'accusa di corruzione per il pagamento di tangenti ad esponenti dell'Ufficio imposte dirette. Tante vicende difficili superate, anche se con qualche difficoltà, sempre con l'appoggio dell'amico Don Verzè mentre il San Raffaele diventava un simbolo della sanità privata e un modello per le cure all'avanguardia in Italia e in Europa: tutto superato tranne l'ultimo scoglio, quello dei debiti del San Raffaele, che si è mostrato più pesante di Mani Pulite.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPORT RAI 3

http://www.report.rai.it/dl/Report/puntata/ContentItem-19e1e4f4-b9af-4cc0-b2a1-02c35b0c8203.html?refresh_ce

Puntata del 01/12/1999

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LA SANITA' DEL LIBERO MERCATO

in onda il 01.12.99

di Bernardo Iovene, Stefania Rimini - Salute

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MILENA GABANELLI in studio

Buonasera. Oggi parliamo di sanità. Chiediamoci se vogliamo un sistema privato o un sistema pubblico. Prima di scegliere, però, ci piacerebbe sapere cosa vuol dire. E allora stasera confronteremo un sistema pubblico, come il nostro, con un sistema privato, come quello americano.

Per iniziare andiamo a conoscere il primo esempio italiano di sanità privata in un ospedale pubblico, il Policlinico S. Matteo di Pavia, dove ci porta Bernardo Iovene.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Entro il 31 dicembre, i medici in Italia possono scegliere di fare attività privata all'interno degli ospedali pubblici che dovrebbero attrezzare delle aree apposite. Il paziente che sceglierà di farsi curare con questa formula, che si chiama "intramoenia", dentro le mura, deve pagare il medico, il costo della camera singola e una percentuale del 10% sul DRG, vale a dire la tariffa stabilita per ogni prestazione sanitaria che la Regione rimborsa agli ospedali. Per fare ciò sono necessari dei requisiti che per tanti ospedali sono ancora lontani. Intanto siamo andati al S. Matteo di Pavia che ha affidato la gestione dell'attività privata ad una società francese, mettendo a disposizione un padiglione del policlinico.

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Il pomeriggio chi ha interventi da fare viene qui, non deve neanche uscire dall'ospedale. Il vantaggio è che se dovesse verificarsi qualche complicanza, soprattutto di notte, interviene il medico di guardia in attesa che arrivi l'operatore. C'è la rianimazione, il centro trasfusionale, la cardiologia, i laboratori d'analisi. Un paziente, anche se sotto forma privata, è garantito sotto tutti i punti di vista.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Il privato non dovrebbe dare più del pubblico?

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Dipende. Perché? Non è assolutamente vero, anche il pubblico si paga! La regione paga le prestazioni, tanto a noi come al privato. La differenza è che mentre il privato ci deve necessariamente guadagnare (altrimenti che imprenditore sarebbe?), il pubblico può anche non guadagnare, basterebbe che andasse in pareggio. Qui, dal punto di vista alberghiero, c'è tutto quello che il cittadino vorrebbe vedere nel pubblico. L'obiettivo del pubblico è quello di arrivare a rendere le strutture alberghiere pari a quelle private.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Solo questo è il problema?

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Solo questo, perché dal punto di vista assistenziale il pubblico è più ricco.

VAEZ-OLIVERA J. LOUIS - Dir. Generale Clinica Intramoenia - Pavia

Questa struttura è un reparto del S. Matteo a tutti gli effetti, una gestione fatta da un terzo. E' quindi un reparto pubblico, non di proprietà di un privato, pur essendo gestito da un privato.

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia (mostrando le stanze del reparto intramoenia)

Qui possono lavorare solo medici dipendenti dal S. Matteo. Nessun medico esterno può mettere piede qui dentro.

Se vengono due pazienti non pagano niente di differenza alberghiera, se viene un paziente solo paga le 275.000 lire di differenza alberghiera, se viene con un accompagnatore paga 341.000 di differenza alberghiera.

VAEZ-OLIVERA J. LOUIS - Dir. Generale Clinica Intramoenia - Pavia

Tutto è basato sul DRG e, prima del ricovero, al paziente viene dato un preventivo firmato che non potrà essere variato.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Dunque, supponiamo di fare un intervento che per le tariffe regionali, cosiddette DRG, costi 10 milioni. Il 90% lo rimborsa la regione, il paziente paga il 10% e cioè un milione. Poi c'è la camera singola che costa 341.000 lire al giorno ed infine bisogna pagare il contributo al medico che si è scelto.

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Il contributo che il paziente deve pagare varia dal 45% al 120% del DRG. Vuol dire che se l'intervento costa 10 milioni, a seconda di chi fa l'intervento il paziente dovrà pagare da 4 milioni e mezzo a 12 milioni.

Questa è un'esperienza positiva soprattutto per i medici poiché, se il medico al di fuori dell'ospedale può guadagnare anche di più, sfuggendo ad un controllo fiscale, in tale modo può dormire tranquillo: se capita qualcosa al paziente che ha operato nell'ospedale può far fronte a qualsiasi emergenza.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

E qualche caposala ha pensato bene di passare dalla parte pubblica a quella privata.

LORENA PASSADORI - Caposala Clinica Intramoenia - Pavia

Volevo lavorare di più e meglio e loro me ne hanno dato la possibilità.

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Lavorare di più e guadagnare di più!

LORENA PASSADORI - Caposala Clinica Intramoenia - Pavia

Beh ma non la buttiamo solo sui soldi!

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Ma pagano il lavoro che fate! Lei è brava e la pagano in base a quel che produce mentre in ospedale se lei è brava e un'altra lo è meno prendete la stessa cifra. Il problema del pubblico è tutto qui, se si potesse premiare i bravi e magari punire un po' i meno bravi&.

La poesia è poesia ma la gente deve fare i conti quotidiani con la realtà!

MILENA GABANELLI in studio

La gestione di questo padiglione è stata affidata ad una società francese. Ma, a proposito di soldi, cominciamo a confrontare gli stipendi dei medici italiani con gli stipendi dei medici americani.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

In un regime di libera concorrenza come quello americano gli stipendi dei medici variano enormemente da zona a zona e molto anche in relazione al prestigio del professionista.

SUSAN PISANO - Ass. "Piani Assistenziali"

Quello che posso dirle è che il salario medio di un medico negli Stati Uniti è appena sotto i 200.000 dollari.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Cioè sui 400 milioni l'anno. I medici che lavorano nei policlinici, invece, sono soggetti a stipendi variabili e ad alcuni incentivi se hanno molti pazienti. Quasi nessuno, però, ha il posto garantito a vita, dato che i contratti sono rinnovabili e durano da 1 a 3 anni.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Quanto prende un medico nell'ospedale pubblico?

GIOVANNI AZZARETTI - Dir. Sanitario policlinico S. Matteo - Pavia

Le parlo dei primari. I primari vengono assunti con contratto privato che si aggira intorno ai 140 milioni lordi l'anno. Lei capisce che se uno è bravo fa un intervento e prende quasi un semestre della retribuzione ospedaliera!

 

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Un medico di corsia, invece, guadagna in media 4 milioni al mese. Viene assunto con un contratto a tempo indeterminato che non si interrompe se non per gravi motivi disciplinari.

MILENA GABANELLI in studio

I medici americani guadagnano molto di più però nessuno, come invece succede da noi, ha il posto garantito a vita. Buono o cattivo che sia. Ma ritorniamo in America dove, per qualsiasi cosa, devi pagare, o attraverso un'assicurazione o personalmente, sia che ti rivolgi al privato che al pubblico. E allora quello che adesso Stefania Rimini prenderà in esame per noi è la forma assicurativa più diffusa, cioè quella che potremmo stipulare noi se venisse abolito il sistema pubblico.

STATI UNITI

La sanità del libero mercato

di Stefania Rimini

ANDREA CASADIO - Ricercatore universitario

Questa è la tessera dell'assicurazione sanitaria. Negli Stati Uniti per avere le cure mediche ne devi avere una. Il mio Piano assistenziale ha una franchigia di 3000 dollari, il che significa che io devo pagare i primi 6 milioni, che sono un bel po'. Poi l'assicurazione comincia a pagare, ma solo l'80% delle spese sanitarie, ed io devo pagarmi il 20% restante. Inoltre sono fortunato perché molte persone negli Stati Uniti neanche ce l'hanno!

Ho lavorato negli Stati Uniti, qui a New York, per 4 anni, come ricercatore universitario alla Columbia University, in ospedale, e questa è la mia busta paga. Lo stipendio mensile era di 1829 dollari, circa 3.600.000 lire. La trattenuta mensile per le spese mediche era di 191 dollari e 25 cents, più o meno 400.000 lire. Quindi ho deciso di tornare in Italia.

ITALIA

Questa è la busta paga di un insegnante di scuola media. Lo stipendio mensile è di 2.181.000 lire, le trattenute sono di 545.000 lire però non si riesce a capire quante di queste vanno al Servizio Sanitario Nazionale. Allora come si fa a sapere quanto ci costa la sanità?

LAURA TESTI - Pianificazione Risorse - Regione Emilia Romagna

Il sistema sanitario pubblico costa per il 2000 117.000 miliardi. Di questi, oltre 60.000 sono finanziati con l'IRAP e l'addizionale dell'IRPEF, 46.000 con l'integrazione dello stato e il resto a carico delle regioni o del sistema.

STATI UNITI

E' curioso ma proprio negli Stati Uniti, che sono il simbolo dell'assistenza sanitaria gestita dai privati, i piani assistenziali, ovvero la formula assicurativa più diffusa, riproducono in miniatura proprio i meccanismi della nostra sanità pubblica. Infatti l'americano medio riceve per prima cosa un elenco che è, per così dire, il menù dei medici generici o specialisti, degli ospedali o laboratori d'analisi che sono offerti da un Piano. La persona deve scegliersi un medico di famiglia che la seguirà in modo continuativo e che poi controllerà l'accesso a tutti gli altri servizi, perché per andare da uno specialista serve l'impegnativa del medico di famiglia e si paga il ticket proprio come da noi. Quindi mentre il ricco, con l'assicurazione tradizionale, apre le Pagine Gialle e si sceglie l'ospedale che preferisce (tanto rimborsa l'assicurazione), il borghese medio, con il Piano assistenziale, può andare solo dai servizi in lista altrimenti deve pagare tutto di tasca sua. Perché? Perché con questo sistema i funzionari del Piano assistenziale possono controllare che non si facciano spese inutili. Se ci sono due medicine che hanno gli stessi effetti sarà quella che costa meno ad essere somministrata ai pazienti del Piano assistenziale.

ITALIA

UOMO ITALIANO

La mutua? Le medicine che costano molto non le passano, quelle che costano meno della ricetta le passano.

PIERPAOLO ABATE - medico di base

Il criterio con cui assegniamo le medicine deve essere compatibile con la nostra coscienza. E' chiaro che se di una stessa molecola ci sono farmaci con costi differenti si privilegia il farmaco che costa meno.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Visto che il Piano assistenziale costa poco, l'americano medio firma ma può essere l'inizio di una serie di guai. Tanto per cominciare può finire come per la nostra RC Auto, ovvero per rimborsare i danni di un incidente non è mai troppo presto.

SIGNORA AMERICANA

Non ci dovrebbero arrivare conti, né di medici né di laboratori. Invece ce ne arrivano ogni settimana, ogni settimana finché non si decidono a pagare. Guardi qua: un conto di 700.000 lire per un'anestesia, è del 23 maggio. Ed è stato pagato dal mio Piano soltanto il 1 gennaio dell'anno dopo. Ci sono voluti sette mesi e per tutto il tempo ho ricevuto lettere di richiesta di pagamento da parte dell'ospedale, ogni settimana: paga, paga, paga. Ma io dicevo "sono assicurata, sono loro che devono pagare".

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Il piano dovrebbe pagare direttamente all'ospedale. Succede invece che bisogna telefonare, telefonare e ancora telefonare finché, finalmente, si decidono a pagare. Inoltre nelle polizze ci sono quelle "clausolette" scritte piccole piccole per cui nella pratica tutte le scuse sono buone per non pagare.

 

SIGNORA AMERICANA

Il mio medico ha richiesto un ricovero e mi ha mandata direttamente in ospedale. Non vogliono pagare perché non sono andata prima nell'ambulatorio del mio medico. E l'ospedale adesso vuole i soldi da noi: sono quasi 3 milioni!

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Quando il pagamento non viene effettuato nei tempi stabiliti, i medici e gli ospedali che hanno fornito la prestazione si rivolgono alle agenzie di recupero crediti che, invece di chiedere i soldi all'assicurazione, cominciano a tempestare l'ignaro paziente con minacciose lettere in cui gli danno del delinquente. Pensate un po' un anziano o una persona impressionabile che riceve una lettera come questa: "Ti rendi conto dei seri problemi che potresti avere se non paghi il conto delle analisi al tuo laboratorio?".

FRANCESCO SARDONI - Grafico

Sfortunatamente non rispondere a queste lettere può danneggiarti perché l'agenzia di recupero crediti può anche trascinarti in tribunale e la segnalazione potrebbe finire sul tuo attestato di solvibilità per 5 anni. Così succede che quando vai a comprare qualcosa possono rifiutarsi di vendertela perché sanno dall'attestato che sei uno che non paga e, quindi, potenzialmente molto pericoloso.

ANTONIA CEDRONE - Psicologa

Mio marito faceva l'attore ed è morto un anno fa per una sindrome rarissima di paralisi progressiva che lo rendeva dipendente interamente da me. Quando fu ricoverato, nelle prime due settimane, il mio dottore mi chiamò per dirmi che i rappresentanti dell'assicurazione lo tormentavano affinché fosse operato e dimesso prima di fare ulteriori esami perché non volevano pagare i costi del ricovero durante i week end. Così, per tutto l'ultimo anno di vita di mio marito, ho dovuto passare al telefono con l'assicurazione 3, 4 ore al giorno nel tentativo di far loro pagare i conti delle spese sanitarie e dei trattamenti, alcuni dei quali erano essenziali per la sopravvivenza di mio marito.

La gente dovrebbe sapere che i piani assistenziali sono delle assicurazioni quotate in borsa e che il loro obiettivo principale è quello di fare profitti per cui rispondono ai loro azionisti prima che ai loro pazienti.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE (sulle immagini di un quotidiano)

Lo sappiamo bene anche noi italiani che le assicurazioni sono più interessate al profitto che alla nostra salute. Questo è un quotidiano e queste sono le assicurazioni quotate in borsa. In Italia siamo tutelati dal Servizio Sanitario Nazionale ma se non ci fosse più e dovessimo assicurarci quanto costerebbe?

Io sono un lavoratore normale: se mi volessi assicurare per tutto quello che riguarda la mia salute quanto mi costerebbe?

PIERLUIGI VERDEROSA - Dir. Marketing RAS

Prima di tutto devo chiederle quanti anni ha.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

41 anni.

PIERLUIGI VERDEROSA - Dir. Marketing RAS

Benissimo. Allora con questa età, tenendo a suo carico al massimo 1 milione, spenderà circa 1.500.000 all'anno. Sarà coperto da tutte le spese per ricoveri escluse le spese dentarie.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Perché escluse le spese dentarie?

PIERLUIGI VERDEROSA - Dir. Marketing RAS

Perché in questo caso dovremmo chiederle un premio così elevato, dato che non tutti sottoscriverebbero quelle polizze, che renderebbe la cosa per lei assolutamente antieconomica.

MILENA GABANELLI in studio

In realtà l'assicurazione di una categoria molto privilegiata come quella dei giornalisti rimborsa anche le spese dentarie.

Abbiamo visto che con l'assicurazione di 1 milione e mezzo all'anno il primo milione me lo pago di tasca mia. Poi interviene l'assicurazione e rimborsa.

Ma, a proposito di rimborsi, ritorniamo in America.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Chi ci guadagna, per il momento, sono gli avvocati che hanno un bel daffare con i pazienti che si rivolgono a loro per questioni legate ai loro Piani assicurativi. Di cavilli a disposizione ce ne sono in abbondanza.

MARK SCHERZER - Avvocato

A volte le compagnie si rifiutano di rimborsare perché dicono che era una cura sperimentale o che non era necessaria. A volte, invece, si limitano a dire che la polizza non copriva quel trattamento oppure si rifiutano di pagare perché il paziente non si è fatto fare l'impegnativa dal suo medico curante.

IRWIN E.R. MALTZ - Commerciante

I Piani assicurativi pagano un tot per paziente al tuo medico di famiglia, che ti visiti o meno. Così, se chiami per un appuntamento, non te lo danno tanto presto poiché vengono pagati lo stesso. Oppure ti dicono di aspettare un paio di giorni poiché, magari, il tuo problema scompare. E' un sistema che incoraggia il medico a non mandarti dallo specialista perché se prescrivono meno visite specialistiche l'assicurazione risparmia e il tuo medico riceve degli extra.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

E' vero che più risparmiate sulle medicine e più guadagnate?

PIERPAOLO ABATE - medico di base

In un certo senso è proprio così. Siamo stati invitati a risparmiare sulla spesa farmaceutica, il ché può trovarmi anche d'accordo, però c'è stato proposto anche un compenso in funzione di questo, cosa che io personalmente non ho accettato.

MILENA GABANELLI in studio

E' di qualche giorno fa: un medico di famiglia a Bologna si dimette perché incentivato a risparmiare sui medicinali.

Se il risparmio arriva fino al 3% viene dato un premio di 4000 lire a paziente e i pazienti possono essere fino a 1500. Se il risparmio supera il 3% il medico, a fine anno, può prendere un premio pari a 15 milioni.

STATI UNITI

IRWIN E.R. MALTZ - Commerciante

Io avevo un'infezione agli occhi. Ti dovrebbero mandare dall'oculista. Noo! Il mio medico di base ha cercato di curarmi e ha peggiorato la situazione. Quando è stato costretto a mandarmi dall'oculista questo mi ha detto: dovevi venire subito qua! Ma se il mio medico non mi ci mandava! E allora uno cosa volete che faccia? Si rimane intrappolati nel mezzo!

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Il figlio del signor Maltz ha il morbo di Khron che interferisce con l'assorbimento degli alimenti e gli impedisce di crescere.

IRWIN E.R. MALTZ - Commerciante

L'ormone della crescita costa un sacco di soldi, l'equivalente di 70 milioni di lire all'anno. Per mio figlio è indispensabile assumerlo adesso altrimenti perde il ciclo della crescita. Loro però non me lo vogliono rimborsare e il bello è che io l'assicurazione la pago, un milione al mese!

ROSS MALTZ

Prendo anche questo nutrimento speciale durante la notte che attraverso il tubo passa per il naso e poi dentro il mio stomaco. Anche questo serve per guadagnare peso: ne prendo 5 lattine per notte, 35 alla settimana, e sono altri 200 dollari al mese.

IRWIN E.R. MALTZ - Commerciante

L'assicurazione mi ha detto: noi questo non lo rimborsiamo perché non sono medicine ma è cibo. E io ho detto: ma che cibo, questo è nutrimento che serve per sopravvivere!

DEAN ROSEN - Associazione delle Assicurazioni USA

A volte la gente vorrebbe che gli fossero rimborsati i generi alimentari o dei trattamenti particolari raccomandati dal medico che però non sono della migliore qualità. A volte vorrebbero che le assicurazioni rimborsassero di più rispetto a quello che hanno pagato. Ma noi non siamo mica i servizi sociali! Anche se offriamo una enorme copertura, per tantissimi servizi sanitari.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Questi pacchi di carta sono tutte le lettere che il sig. Maltz ha spedito all'assicurazione.

IRWIN E.R. MALTZ - Commerciante

Quando ho ricevuto la lettera dell'assicurazione che diceva: "va bene, ti paghiamo" è stato un successo, è come un trofeo per me. E così l'ho messa in cornice e l'ho appesa al muro.

ITALIA

ARIELLA EVANGELISTI

Aveva in effetti un problema di crescita dovuto al morbo di Khron e, in seguito ad un ricovero brevissimo di tre giorni, è stato deciso di fargli fare la cura con iniezioni, tutti i giorni, per sei giorni alla settimana. E mio figlio da due anni e mezzo fa queste iniezioni.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Ci fa vedere quali sono?

ARIELLA EVANGELISTI

Certo. Questa è una confezione da 4 iniezioni che costa 412.200. Deve farne 6 alla settimana.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Ogni puntura costa quindi 100.000 lire&

ARIELLA EVANGELISTI

Esatto. All'anno sono circa 30 milioni.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Come fa a pagare questa cifra?

ARIELLA EVANGELISTI

Non la pago. La malattia è riconosciuta dal Servizio Sanitario Nazionale, di conseguenza le ho gratuitamente tutte le volte che ne ho bisogno.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Se non ci fosse la sanità pubblica e dovessimo passare dall'assicurazione privata, i 30 milioni determinanti per la crescita di un figlio sarebbero pagati? Per una malattia che prevede dei medicinali particolarmente costosi voi coprite queste spese?

PIERLUIGI VERDEROSA - Direttore Marketing RAS

Copriamo le cure pre e post ricovero. Ricordo che il nostro è un prodotto che vive con l'evento ricovero.

 

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Quindi se io mi devo curare e devo comprare delle medicine sotto fatti miei.

PIERLUIGI VERDEROSA - Direttore Marketing RAS

Certo, in questo caso si.

MILENA GABANELLI in studio

Quindi, se noi oggi in Italia avessimo una forma assistenziale di tipo privato l'assicurazione rimborserebbe solo i giorni di ricovero necessari alla diagnosi. Ma chi ha la sfortuna di dover affrontare una malattia, come il morbo di khron, che si cura in casa dovrebbe pagare 30 milioni l'anno di tasca propria.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Molti problemi nascono quando il paziente vuole avere la cura che garantisce più probabilità di guarigione e l'assicurazione invece propone la cura che costa meno.

LEONARD RODBERG - Professore

Mia moglie Joan aveva bisogno di un trapianto del midollo osseo che è molto costoso, l'equivalente di 300 milioni di lire. L'assicurazione ci ha negato la preassicurazione poiché secondo loro era un trattamento sperimentale, mentre di questo tipo di trapianti l'università dell'Arkansas ne fa 500 all'anno. Per cui è un po' difficile dire che sia sperimentale.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

I Rodberg fecero appello e lo inviarono alla ditta di consulenza di cui l'assicurazione si serviva. C'era un consulente medico che doveva decidere del loro caso ma non era dato conoscere le sue credenziali e il suo nome.

LEONARD RODBERG - Professore

Non lo abbiamo mai scoperto. Ci dissero solo che il dottore era andato a fare un safari in Africa e che dovevamo aspettare che tornasse. Ovviamente quando tornò disse che il trapianto non si poteva autorizzare perché non serviva a niente e quindi ricevemmo una lettera dall'assicurazione che negava il pagamento.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Dopo molte battaglie Leonard Rodberg ottenne l'autorizzazione al trapianto, dieci giorni dopo la morte della moglie.

SUSAN PISANO - Associazione "Piani Assistenziali"

Noi non vogliamo dire che tutto fili sempre nel migliore dei modi ma per il futuro siamo d'accordo che la decisione d'appello per un trattamento negato venga revisionata da un organo di medici indipendente rispetto a noi e al paziente.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Pat Hearn è una nota gallerista di New York. Aveva da poco cambiato assicurazione quando ricevette una telefonata.

PAT HEARN - Gallerista

Aspettavo la risposta di alcune analisi di routine quando la mia assicurazione mi telefonò a casa e, prima che fossi informata dal mio dottore, mi dissero che avevo il cancro al fegato. Ero furiosa e chiedevo di cosa stessero parlando e loro mi dissero che avevano i risultati degli esami perché dovevano approvare il rimborso. Dissero anche che guardando i miei raggi X un consulente dell'assicurazione aveva diagnosticato che avevo un cancro e che siccome era una condizione preesistente non avrebbero pagato le cure. Erano molto aggressivi al telefono, molto sgarbati. Insistevano che non avrebbero pagato.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

L'assicurazione aveva pensato, in sostanza, che la paziente avesse cercato di fare la furba comprando la polizza senza dire che aveva un cancro.

DEAN ROSEN - Associazione delle Assicurazioni USA

Una volta c'erano clausole che bloccavano i rimborsi in caso si preesistenza di una malattia, ma esistevano per proteggersi dalla gente che aspettava di ammalarsi per farsi l'assicurazione. Adesso, comunque, per legge, non è più così.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Non è più così fino ad un certo punto. Infatti, se si ha la sfortuna di ammalarsi nel periodo di passaggio tra un'assicurazione e l'altra si è completamente scoperti sulla base del principio secondo il quale non si può assicurare contro l'incendio una casa che sta già bruciando. Infatti Pat Hearn, per coprire le spese del suo cancro, dovette fare un'asta di beneficenza. Poi però siccome la storia finì sulla stampa, l'assicurazione decise di pagare per evitare pubblicità negativa.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Poniamo che oggi mi assicuri con la vostra compagnia e che tra un mese scopra che ho un tumore. Cosa succede, mi rimborsate tutte le spese?

PIERLUIGI VERDEROSA - Direttore Marketing RAS

Se lei sapeva di averlo non le rimborseremmo nulla poiché, evidentemente, c'è una questione di buonafede. Infatti noi chiediamo sempre ai nostri clienti di compilare un questionario. In ogni caso, dando per scontata la buonafede, intercorrono sempre 180 giorni, vale a dire 6 mesi, prima che malattie che erano già in atto, ma non conosciute dal nostro cliente, possano essere rimborsate.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

In sostanza per sei mesi dalla stipula del contratto sarebbe meglio che non accadesse nulla. Perché la malattia grave, secondo l'assicurazione, potrebbe essere stata sviluppata precedentemente e pertanto tutti i costi sono a carico dell'assicurato. E non solo: per 10 mesi non coprono nulla per ciò che riguarda il parto e le eventuali conseguenze.

Esiste una polizza che copra tutto?

PIERLUIGI VERDEROSA - Direttore Marketing RAS

No, in Italia non esiste.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Mi si rompono dei denti in un incidente ma non ho bisogno di ricovero. Le cure dentarie me le ripagate?

PIERLUIGI VERDEROSA - Direttore Marketing RAS

No.

STATI UNITI

SILVANA RIGGIO - Neuropsichiatria Mount Sinai Hospital

Una volta che il paziente viene ricoverato in ospedale, l'assicurazione continua a contattare il medico. Tutto questo per poter decidere quale è il numero di giorni che sono disposti a sovvenzionare per quel ricovero.

TIMOTHY B. SULLIVAN - Psichiatra N.Y. Medical College

Per esempio: un collega psichiatra in Minnesota, che lavora in un Piano assistenziale, la prima volta che vede un paziente ha 20 minuti per fare la diagnosi, incluse l'anamnesi e la prescrizione della cura e dopo non può farlo tornare prima di un mese. Poi ha 10 minuti per la seconda visita, incluso il tempo per andarlo a prendere nella sala d'aspetto e per salutarlo. Non è certo il tempo sufficiente per dare una buona assistenza ma è quello che ti consentono i piani assistenziali che fanno i soldi limitando l'accesso a certi servizi. Personalmente passo parecchio tempo al telefono con le assicurazioni e le tormento per garantire ai miei pazienti le cure di cui hanno bisogno. Se poi proprio non ci riesco e l'assicurazione si rifiuta di pagare, preferisco vedere i miei pazienti lo stesso, gratuitamente. La cosa più crudele nel nostro sistema sanitario attuale è che i più ammalati, i più bisognosi, sono quelli che ricevono di meno. Siccome le assicurazioni cercano di evitare il più possibile di coprire le persone che sono veramente malate, il miglior paziente è quello che non ha bisogno di molte cure, quello che rende di più.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Lei come paziente com'è?

UOMO N.1

Sono paziente.

 

UOMO N.2

Francamente io dal privato non sono mai stato. Vado al pubblico e mi trovo bene.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Il paziente quanto paga?

MARINA GORGONE - Ufficio DRG Policlinico S. Matteo - Pavia

Niente. Durante il ricovero in ospedale il paziente non paga nulla per la prestazione eseguita in urgenza. Ad esempio: un intervento di appendicite non costa nulla al paziente e, se si tratta di un intervento normale, costa alla regione 3.800.000 lire.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Ma la regione dove li prende i soldi?

MARINA GORGONE - Ufficio DRG Policlinico S. Matteo - Pavia

Dalle tasche dei cittadini.

MILENA GABANELLI in studio

Noi paghiamo attraverso le nostre tasche e il nostro ticket e c'è anche chi si trova bene.

Ma torniamo negli Stati Uniti e vediamo cosa succede a tutti quegli americani che l'assicurazione non ce l'hanno. Ricordiamo che l'assicurazione non è obbligatoria e che non tutti i datori di lavoro la pagano ai dipendenti. Il costo minimo dell'assicurazione è di 6 milioni l'anno e, in più, c'è la franchigia. L'assicurazione, inoltre, rimborsa fino all'80%.

GEORGANNA DEAS - Non assicurata

Che volete fare. Si scommette sulla propria vita sperando di rimanere sani. Uno resta senza copertura per non dover scegliere se avere un'assicurazione o avere da mangiare e una casa. Sono una dei 44 milioni di americani non assicurati. Non ho l'assicurazione perché non me la posso permettere. Ora sono disoccupata ma anche se lavorassi dovrei guadagnare molto per potermela permettere.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

In America l'assicurazione non è obbligatoria allora molta gente che non ha un reddito sicuro non la stipula e quando capita una malattia anche di poco conto deve pagare tutto di tasca propria.

ALESSIA MANFREDI

Per un disturbo semplice e banale come una cistite ho speso 2 milioni. La prima visita che ho fatto dalla mia dottoressa l'ho pagata 200 dollari. Immediatamente, durante la visita, ho fatto le analisi e mi è arrivato un conto di 242 dollari e per il primo ciclo di antibiotici, che ho preso per una settimana, ho pagato 102 dollari. Si sono caricate altre spese di 33, 169, 89 e altri 89 dollari. Mille dollari per curare una cistite: sono circa 2 milioni di lire.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Quanto costa curare una cistite in Italia se si sceglie il servizio sanitario pubblico?

MARINA GORGONE - Ufficio DRG Policlinico S. Matteo - Pavia

Se, ad esempio, decidono di fare una cistoscopia, il primo esame banale che mi viene in mente, il paziente paga soltanto 70.000 lire.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Nella forma privata, invece, quanto costa?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

Indicativamente possiamo dire che una routine di esami può costare intorno alle 250-300.000 lire. Una TAC costa intorno alle 400, 450.000 lire.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Quindi, prima della cura, abbiamo già speso 750.000 lire.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Se curarsi una cistite in America costa 2 milioni non parliamo di quanto può costare un ricovero.

SCOTT WALDAN - Farmacologia - Jefferson Medical College

Passare una notte in questo ospedale può costare diverse migliaia di dollari.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Una notte in ospedale può costare qualche milione anche perché i letti sono postazioni superaccessoriate.

SCOTT WALDAN - Farmacologia - Jefferson Medical College (mostrando una stanza)

Questa è una delle stanze del nostro reparto dove studiamo gli effetti dei nuovi farmaci. Sono stanze a due letti completamente attrezzate: la televisione, il bagno, l'aria condizionata, il telefono, il misuratore di pressione, l'ossigeno, un aspiratore se il cibo dovesse andare per traverso, e il contenitore per gli aghi usati.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Nella saletta per i pazienti c'è un telefono, due frigoriferi, la macchina per il caffè, il forno a microonde e tutto l'occorrente per stare comodi. Il reparto conta solo sedici posti letto. Infatti in America si risparmia sulle spese passando in ospedale solo sei giorni, in media, all'anno e cercando di usare il più possibile il day hospital.

 

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Il S. Raffaele di Milano, per esempio, è un ospedale privato convenzionato. Oltre ai 1100 posti letto ai quali si può accedere gratis con il Sistema Sanitario Nazionale c'è anche una parte privata con 50 posti. In questo caso tutte le prestazioni sono a pagamento.

Quanto costa questa stanza?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

Questa stanza costa giornalmente 620.000 lire, comprensive di attività infermieristica, pranzi e cene per il paziente e per l'accompagnatore.

STATI UNITI

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Certo che se sei senza assicurazione pagare l'ospedale è come fare un mutuo. Ma non è che se ti senti male e hai bisogno del Pronto Soccorso non ti accettano se prima non fai vedere che sei assicurato? Facciamo una prova.

TELECAMERA NASCOSTA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Un mio amico ha una distorsione al ginocchio e si avvia zoppicando al Pronto Soccorso di un ospedale di New York. Entriamo nella hall e aspettiamo che qualcuno ci riceva. Alle 11 della sera il Pronto Soccorso è molto affollato. Di fianco a noi attende anche un signore anziano in manette, scortato da un poliziotto. Dopo un po' esce un infermiere che domanda al mio amico quale è il problema, se è allergico a qualche farmaco e altre informazioni di carattere generale. Poi il mio amico viene fatto entrare e accompagnato in una stanza. A questo punto, e solo adesso, lo raggiunge una dottoressa che gli chiede se è assicurato e quale assicurazione abbia. Il paziente tira fuori la sua tessera, la dottoressa prende i dati e poi ordina una radiografia.

Come avete visto, la tessera dell'assicurazione l'hanno chiesta solo dopo essere già stati ammessi al Pronto Soccorso. Quindi si è visto che l'assistenza, in caso di emergenza, è garantita a priori. Ma questo è un ospedale pubblico. Sarà così anche in quelli privati? Non abbiamo fatto la prova perché il conto pagato per la finta distorsione basta e avanza ma lo abbiamo chiesto ad un medico di un ospedale privato che ci ha gentilmente risposto.

WALTER U. CURRAN - Radiologia T. Jefferson University Hospital

Si è sempre così, accogliamo tutti, anche negli ospedali privati. Ma se una persona arriva in Pronto Soccorso senza che si tratti di una vera emergenza, può capitare che le venga consigliato di rivolgersi al suo medico di famiglia e questo indipendentemente dal fatto che sia in grado o meno di pagare il conto.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Noi l'assicurazione ce l'avevamo ma con una franchigia molto alta e perciò dobbiamo pagare di tasca nostra. Che cosa ci arriverà?

ANDY JAGODA - Medicina emergenza Mount Sinai Hospital

Il conto che riceverete potrebbe arrivare ad un massimo di 400, 500 dollari, l'equivalente di un milione di lire.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

In Italia si paga il Pronto Soccorso sia in un ospedale pubblico che privato?

MARINA GORGONE - Ufficio DRG Policlinico S. Matteo - Pavia

Tutte le prestazioni eseguite in regime di urgenza, fatte quindi in Pronto Soccorso, non costano nulla.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Se mi capita una distorsione al ginocchio e mi presento al pronto soccorso del S. Raffaele cosa succede?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

In questo caso non pagherà nulla.

STATI UNITI

GAYLE SARKISIAN

La mia assicurazione è una delle più care, la migliore. Perché quando c'è di mezzo la salute non si può mai sapere.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Questa signora è una dei 30 milioni di americani fortunati che possono scegliersi l'assicurazione che preferiscono, anche la più cara.

GAYLE SARKISIAN

In aprile ero andata a farmi una mammografia di routine e mi hanno trovato un nodulo. Mi hanno operato il 28 maggio, qui al Jefferson Hospital, e hanno visto che il tumore era maligno. Adesso sto facendo radiazioni dal lunedì al venerdi, per sette settimane. Il rimborso da parte dell'assicurazione dovrebbe essere pari all'80% della parcella del mio medico ma, a dire la verità, fino ad ora mi hanno rimborsato il 40-50%. Comunque va bene lo stesso. E soprattutto con il mio tipo di polizza ho potuto scegliere il dottore che preferivo. E' importante per me.

ITALIA

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

Quanto costa un'operazione privata di noduli al seno con sedute di radiazioni?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

Per quanto riguarda una forma tumorale tra le più diffuse come il nodulo al seno, un intervento può costare, mediamente, circa 24 milioni, se la persona sceglie il regime di libera professione.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

E per quel che concerne le sedute radio?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

Se ipotizziamo uno standard di 35 sedute, indicativamente un paziente pagherebbe intorno agli 11 milioni circa.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTORE

24 + 11 arriviamo a circa 35 milioni, se ipotizziamo che dopo l'intervento chirurgico sia necessaria la radioterapia.

E se il paziente avesse la convenzione?

GABRIELE BERTIPAGLIA-Resp.Comunicazione Osp. S.Raffaele - Milano

Non pagherebbe assolutamente nulla. L'intervento viene gestito dal Servizio Sanitario Nazionale e questo tipo di radioterapia, generalmente, non viene neanche sottoposto al pagamento del ticket.

MILENA GABANELLI in studio

Chi è ricco problemi non ne ha mai, in tutte le parti del mondo, e lo sappiamo bene. Quanti sono infatti quelli che potrebbero permettersi di pagare un milione al mese per un'assicurazione? Io no. E non è brutto sapere che, comunque vada, ci sarà qualcuno che ti curerà senza chiederti di pagare quello che non puoi. Questo però succede anche nella patria della sanità privata. Con un'unica differenza: devi essere un vero miserabile.

STATI UNITI

UOMO N.1

Questa è la tessera dell'assistenza pubblica. Funziona bene per chi non ha soldi come me. Non ho lavoro, in questo momento non mi va molto bene. Mi passano tutto gratuitamente: assistenza, medicine. Per me e per i miei due figli.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Siamo davanti all'ospedale pubblico di Harlem dove viene a farsi curare la maggior parte dei poveri della comunità afro americana. La cosa paradossale è che in fatto di assistenza sanitaria in America conviene essere o veramente ricchi o veramente in miseria. Sotto la soglia di povertà, che è di circa 7000 dollari l'anno (l'equivalente di 14 milioni), l'assistenza sanitaria viene fornita tutta dal governo con un programma pubblico: il Medic Aid.

UOMO N.2

Il programma pubblico Medic Aid è una cosa meravigliosa. Pagano per le mie medicine, per i ricoveri, per tutto. Sono sieropositivo. Guarda: questo è il certificato che ho l'HIV. Il governo mi passa 190 dollari ogni due settimane. Prima invece, quando lavoravo, dovevo pagare tutto io e i conti dell'ospedale arrivavano anche a diversi milioni.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

In America il programma pubblico si prende cura anche dei ciechi, dei disabili, dei diabetici gravi e delle madri sole con bambini a carico. Questo significa che lo stato spende miliardi per la salute di tutte queste persone. Quindi, per risparmiare, ha pensato di appaltare a privati la gestione dell'assistenza pubblica, e cioè ai soliti discussi Piani assistenziali. Questa decisione, ovviamente, fa molta paura ai pazienti.

MARTY SESMER

Ai miei amici, già presi in carico dalle assicurazioni, promettono la fisioterapia e poi non gliela danno oppure gliene fanno fare trenta minuti alla settimana. Non fa per me.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Gli stessi problemi si preparano anche per la popolazione anziana. In America infatti, dopo i 65 anni, tutti hanno diritto automaticamente all'assistenza pubblica con un programma che si chiama Medic Care. I soldi arrivano dalle trattenute sul reddito che la gente paga durante la propria vita lavorativa. La rete di sicurezza offerta dal governo garantisce solo il minimo vitale. Sono escluse, per esempio, tutte le medicine. Gli americani anziani sono costretti a stipulare comunque un'assicurazione privata integrativa. Se poi un anziano viene colpito da un ictus o da un cancro il governo paga fino a un certo punto, poi il paziente deve dare fondo a tutti i suoi risparmi per coprire il resto e il governo ricomincia a pagare solo quando è diventato così povero da rientrare nel programma governativo per i poveri.

ANNA E LOU FAY ASSISTITI DAL PROGRAMMA PUBBLICO

Ho ipotecato la casa, in pratica me ne sono disfatta, in modo da avere un reddito più basso per essere ammessi al programma pubblico dei poveri. Ma è terribile, terribile.

VOCE FUORI CAMPO DELL'AUTRICE

Anna Fay ha la poliomielite e il marito Lou è malato cronico di sclerosi multipla. Hanno dovuto vendere tutto e risultare poveri per godere dei benefici dell'assistenza pubblica perché l'assicurazione li aveva piantati in asso.

ANNA E LOU FAY ASSISTITI DAL PROGRAMMA PUBBLICO

Lou ha bisogno di un'infermiera 24 ore su 24. A 20, 25 dollari all'ora fate il conto di quanto mi costerebbe. Io non me lo posso permettere. Prima l'infermiere me lo passava la mia assicurazione ma ad un certo punto hanno detto che si erano sbagliati. Volevano indietro tutti i soldi e mi hanno dato 10 giorni di tempo per trovarmi un infermiere per conto mio. Ho detto: "ma come si fa, state parlando di un essere umano non di un oggetto!"

MILENA GABANELLI in studio

Do lettura di una lettera che ci è arrivata da poco da parte di un telespettatore:

"Ricordate che il sistema americano è l'unico che attualmente valorizza la ricerca, che la stragrande maggioranza dei farmaci che in tutto il mondo salvano milioni di vite umane è frutto di questa ricerca, che negli USA per fare ricerca devi essere bravo e non avere una tessera o conoscere il professore".

La lettera è firmata: Mario Stella

Sappiamo che anche questo è un fatto della realtà americana e noi ne diamo comunicazione.

Buonasera.

Leggi anche:

LA SANITA' DEL LIBERO MERCATO

 

 

 

 

 

 

 

 

FONDAZIONE SAN RAFFAELE del MONTE TABOR di MILANO

http://www.sanraffaele.org/61540.html

Il racconto del Presidente

Prefazione

Quale modo migliore per conoscere l'Opera San Raffaele, se non quella di farlo raccontare dal suo ideatore, fondatore e Presidente Don Luigi Maria Verzè? Attraverso alcuni passi, tratti dalle interviste rilasciate in questi ultimi anni, uno spaccato vero, autentico e significativo di quello che è, e rappresenta l'Opera del San Raffaele nel nostro Paese e nel Mondo.

Introduzione

"Per anni, anzi per decenni solo contro tutti - politici, burocrati, sindacalisti, moralisti all'ingrosso e al dettaglio - questo crociato della salute ha vinto battaglie disperate, e se qualcuna ne ha perduta è stato per la prepotenza e strafottenza del nemico, che ha cercato di mettergli il bastone tra le ruote. A ottant'anni è ancora un leone. E non un leone da circo: un leone d'arena. Parla di Dio come di un compagno di lotta, che non l'ha mai abbandonato e che lui non ha mai tradito e ha sempre servito."

(tratta dall'intervista di Roberto Gervaso - Il Giornale 20.05.2000)

 

Don Verzè, davvero la sfida cominciò con mille lire?

Certo. Ricordo la data: 12 ottobre 1950. Don Giovanni Calabria, un sacerdote veronese che Papa Wojtyla ha proclamato santo, mi congedò con queste parole: "A Milano nascerà una grande opera che farà parlare di sé l'Europa intera. Và, è il Signore che ti manda". Io uscì dalla stanza. Un attimo dopo mi richiamò, estrasse di tasca mille lire e mi disse: "Prendile, perché non voglio che tu domani possa dire che tuo padre ti ha mandato a Milano senza un soldo".

(tratta dall'intervista di Stefano Lorenzetto - Capital 8.1993)

" Fu il Cardinale Schuster a volermi a Milano per costruire un ospedale che lui definì "per i borghesi", che somigliasse come qualità dell'assistenza alle cliniche private ma aperto a tutti. Secondo bisogno e non secondo portafoglio."

Iniziò così e con l'aiuto della famiglia Bassetti (10 milioni) e del Conte Bonzi (che gli vendette il terreno) la storia imprenditoriale di Don Verzè e del S. Raffaele.

(Tratta dall'intervista di Dario Di Vico - Corriere della Sera 18.11.1992)

 

 

 

http://www.sanraffaele.org/Home/Ufficio_Stampa_-_HP/Ufficio_Stampa/Documenti/60079.html

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Come ho costruito l'ospedale dei potenti

"Quello che nel mio ospedale viene fatto a Fogar o a Gava, all'arcivescovo oppure al cardinale è come se lo facessimo a Gesù Cristo. Fare della buona medicina è un modo di essere cristiano". Don Luigi Verzé . 73 anni, veronese, fondatore e presidente del S. Raffaele di Milano, non ama le luci della ribalta e le interviste. Ed è un peccato perché tra tanti milanesi che si vantano di rappresentare questa città, Don Verzé è uno dei pochi ad avere delle cose da dire. Dinamismo imprenditoriale e solidarietà sono, infatti il pane quotidiano di un uomo che ha realizzato un'impresa con pochi eguali nell'Italia della malasanità. Stimato e, allo stesso tempo, temuto, don Verzé viaggia di continuo. Per capire come funzionano gli ospedali degli altri e per organizzare nuove sortite. In Brasile, in India, in Algeria, dovunque sia possibile.

D. Sulla proprietà del S. Raffaele se ne sentono tante: Craxi azionista, Berlusconi consigliere. Cosa c'è di vero?

R. Niente. L'ospedale è della Monte Tabor, una fondazione no profit. Nel consiglio ci sono dirigenti dell'ospedale e professionisti-consulenti. Craxi per noi è un paziente, abbiamo curato qui il padre di Berlusconi che è un nostro vicino di casa, visto che dietro l'ospedale sorge Milano Due. Anzi per un momento noi e Berlusconi abbiamo avuto interessi contrapposti. La realizzazione di Milano Due ci ha tolto terreno per l'espansione a Sud, ma lui è andato dritto per la sua strada. E siamo stati costretti a chiedere la modifica del piano regolatore per crescere da un'altra parte.

D. E Cencelli? L'autore del manuale per la lottizzazione è nel consiglio del S. Raffaele?

R. Lo conosco da moltissimi anni, da quando era segretario dell'onorevole Sarti. Siamo amici ma di stare nel nostro consiglio non sarebbe neanche capace. Servono persone che amino l'opera S. Raffaele e che ad essa diano la vita. Non semplici amministratori, tanto meno politici.

D. Berlusconi però ha fatto dirottare gli aerei che da Linate passavano sull'ospedale..

R. Non è così. Berlusconi ha fatto modificare la rotta non per gli ammalati, ma per i suoi appartamenti di Milano Due. E noi ce ne siamo avvantaggiati.

 

D. Qualcuno l'avrà anche aiutata....

R. Ci sono stati uomini di banca che hanno capito cosa volevano fare, hanno recepito il messaggio e hanno rischiato con noi. Alla fine degli anni '60 una mano c'è l'ha data il direttore della Bnl di Milano, Fantuzzi. Poi la Cariplo. Roberto Mazzotta è un nostro ammiratore. Non ci fa elargizioni, ha visto i risultati e ci ha dato fiducia.

D. Come le sono riconoscenti i potenti che si curano qui? Fanno lobby per lei?

R. Non ci crederà ma ad essere riconoscenti sono più i poveri che i ricchi. Le potrei raccontare episodi da far rabbrividire, ma non sarebbe bello. Una cosa però le dico: operiamo tramite convenzione con la Regione e questi signori quando vengono da noi non pagano una lira, come gli altri pazienti. Altro che riconoscenza e lobby! A nessuno di loro viene in mente di fare donazioni. Se ho ricevuto qualche milione, mi è venuto da povera gente. Con un'eccezione.

D. Quale?

R. Don Giussani. Sarà che tra i poveri ci si capisce. E' stato curato da noi e poi ha manifestato la sua riconoscenza comprando delle macchine sanitarie. Al di la dell'episodio, devo dire che mi sento molto vicino a Don Giussani perché è un autentico santo del nostro tempo.

D. Si sente vicino anche a C.L.?

R. Ne sento parlare ma non è la mia partita. Rispetto le cose che fanno e so che è un prodotto di Don Giussani e quindi mi fido.

D. Perché in un Ospedale diretto da un religioso non ci sono suore?

R. Assistere i malati non è cosa da delegare solo a persone con una particolare consacrazione. Penso invece che ciascuno di noi, infermieri, medici, amministratori, sia chiamato a consacrare la vita alla persona che soffre. Perché noi nel malato vediamo Gesù Cristo. Senza dividerci tra laici e cattolici.

D. Nel '68 però l'ospedale è stato occupato.....

R. E' stata un'esperienza positiva. Vennero da me alcuni studenti di medicina preoccupati di dover essere sottoposti a obblighi di carattere religioso. Il rosario, andare a messa...Li rassicurai, il San Raffaele chiedeva loro di studiare e diventare bravi. Per me un medico bravo è di per sé cristiano. Dico di più è già un sacerdote. Del resto nella storia della medicina, da Asclepio in poi, tante volte medico e sacerdote coincidevano in una sola persona.

D. Parlare di sanità pubblica oggi non è facile. Stiamo pagando i guasti della medicina e piè di lista....

R. Cosa penso dello stato sociale? Dobbiamo chiarire innanzitutto che idea abbiamo dell'uomo del Duemila, cosa vogliamo costruire. Se la nostra civiltà ha grandi ambizioni non può rinunciare ad avere una grande medicina. L'assistenza gratuita non l'abbiamo inventata noi, esistono nella storia molti precedenti. Lo Stato deve garantire il meglio ma ciascuno deve concorrere per quanto può. Altra cosa è la gestione: troppi ospedali sono amministrati dalla politica. E da qui che nasce lo sfascio.

D. Sono compatibili i progetti con costi e risorse disponibili?

R. Costi, sempre costi. E' dall'uomo che nasce il denaro e non viceversa. Sono le idee che fanno i soldi. Voi siete ancorati a una terminologia vecchia, troppo anglosassone e poco italiana. Io rifiuto la contrapposizione tra Dio e denaro, perché il denaro è stato creato da Dio. A noi tocca operare una gerarchia dei valori e dare a Cesare il suo, non di più.

D. I cattolici, però in politica ne han combinate più di Carlo in Francia...

R. Io sono cattolico, non "un" cattolico. Prima d'ogni altra cosa bisogna fare

delle opere dimostrative del Vangelo. Padre Lombardi, il microfono di Dio, diceva che i confini della buona fede cattolica comprendono anche i buddisti. Dal canto mio credo negli uomini come in Dio. Sono a fianco del Dalai Lama che spero di incontrare nei prossimi giorni, ma sono a fianco anche di Fidel Castro che è un mio buon amico. Non ci crederà ma Cuba è un immenso parco scientifico e le conoscenze mediche farmacologiche che è in grado di produrre vanno sfruttate per il bene della gente di tutto il mondo.

D. L'80% del bilancio dell'ospedale dipende dalla convenzione con la Regione. Con il dissesto della finanza pubblica non diventa sempre più difficile negoziarla?

R. Lo so bene. Il S. Raffaele è nato come ospedale privato con l'idea, però di fare un pubblico servizio. Non possiamo far pagare ai pazienti, però offriamo loro assistenza, pulizia e strutture di primo livello. Qualcuno dovrà pure pagarle! Siamo stati i primi a usare la Tac e appena c'è una macchina nuova che può servire a salvare una vita facciamo i salti mortali per comprarla.

D. La vostra bestia nera è stato l'ex assessore Rivolta....

R. A quel tempo la Regione faceva una politica anti-privati. Una specie di massimalismo socializzante. Rivolta ci ha fatto patire, in seguito mi ha confidato di aver sbagliato ad osteggiarci. Adesso siamo amici.

D. Come fate ad avere i medici migliori? Li strappate agli altri a peso d'oro?

R. I nostri medici vengono pagati secondo il contratto nazionale. Per tenerli permettiamo loro di ricevere i pazienti a pagamento in ospedale, teniamo il registro appuntamenti facciamo la fatturazione e soprattutto non li costringiamo a correre da un punto all'altro della città. Tutto ciò è un grande incentivo. E poi non c'è bisogno di strappare niente a nessuno, sono i migliori che vogliono venir qui. C'è l'Università, si lavora bene e ci si aggiorna.

D. L'Università è un progetto a cui tiene particolarmente?

R. Dal 1972 a S. Raffaele si tengono i corsi di medicina della Statale, ma voglio creare una università di nuova concezione. Ai medici va data una formazione globale e la medicina senza l'apporto delle scienze umane è poca cosa. Comunque di progetti ne ho diversi, anche nel campo dell'etica degli affari. Stiamo creando un'associazione amici del S. Raffaele che farà delle iniziative. E conto molto sull'entusiasmo di Leonardo Mondadori.

D. Che idea si è fatto di Tangentopoli?

R. In ogni campo si deve pensare ai bisogni della gente. Se la magistratura collabora a dare onestà sia benedetta. Sbaglia però quella giustizia che non è anche misericordia e carità cristiana. Ci vuole il rispetto per la persona. Il Vangelo non a caso dice: scagli la prima pietra chi è senza peccato.

D. Craxi è suo amico?

R. E' un bravo politico e ne ho stima. E' un uomo di volontà, un milanese di contenuto. Avrà fatto i suoi errori, ma per noi Craxi è prima di tutto un paziente.

D. E i rapporti con il Cardinale Martini come sono?

R. Ottimi. Non posso che condividere quello che fa, lo fa per amore. E' una persona corretta e rispettosa.

 

IL MONTE TABOR VALE 360 MILIARDI

"Fu il Cardinale Schuster a volermi a Milano per costruire un ospedale che lui definì "per i borghesi", che somigliasse come qualità dell'assistenza alle cliniche private ma aperto a tutti. Secondo bisogno e non secondo il portafoglio". E' cominciata così e con l'aiuto della famiglia Bassetti (10 milioni) e del Conte Bonzi la storia imprenditoriale di Don Verzé e del S. Raffaele, ospedale-centauro, metà pubblico metà privato. Assai lontano, però, per concezione e metodi dalle cliniche di lusso gestite da preti e riservate ai ricchi.

Il controllo del S. Raffaele (Refa-El in ebraico vuol dire medicina di Dio) è in mano alla Fondazione Centro San Romanello del Monte Tabor, presieduta da Don Verzè e con sede a Illasi di Verona, borgo natale del Sacerdote. Vicepresidente è un imprenditore veneto Mario Cal, mentre in consiglio ci sono tre donne dirigenti dell'ospedale, Raffaella Voltolini, Liliana Villa e Gianna Zoppei, il direttore sanitario Enrico Plan e Monsignor Tiziano Bonomi della diocesi di Verona. Tra i revisori due ex dirigenti della farmaceutica Schering, Francesco Cuomo e Bernardino Sala più Alessandro Migliavacca. Il fatturato '92 sarà di 359 miliardi, coperto all'80% dalla convenzione con la Regione Lombardia, per il 15% dalle prestazioni ambulatoriali pagate dalle Usl e al 5% dai finanziamenti per la ricerca. Nel '93 le cifre cambieranno grazie al Dibit (dipartimento biologico e tecnologico), alloggiato nel nuovo parco scientifico biomedico del S. Raffaele. Nel parco, oltre alla ricerca pubblica ci sarà posto per quella privata (Roche e Bayer per cominciare) e per un incubatore di nuove imprese. Il progetto ha obiettivi ambiziosi che possono essere sintetizzati in due numeri: 600 mila metri quadri, circa 5 mila operatori nel giro di cinque anni e un bilancio annuale di 600 miliardi. Oltre a Milano (1.200 posti letto) il S. Raffaele è presente o sta approntando strutture ospedaliere a Roma (500 posti) e Olbia, in Brasile a Bahia (500 posti), a Malta, in India, Cile, Filippine, Polonia e Algeria. Per finire, una curiosità: mentre in tutte le cliniche, in sala operatoria si usano camici verdi, al S. Raffaele è di rigore l'azzurro. Come negli States.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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